Crisi di governo
Governare richiede la pazienza del tessitore e la responsabilità dell’educatore. Non si può trattare per la formazione del governo con un occhio sui social e un orecchio sulle piazze
Parliamo di politica. Cerchiamo di essere schietti e franchi. Azzardo alcune valutazioni nel bel mezzo del secondo giro di consultazioni del presidente della Repubblica per cercare di venire a capo di una crisi di governo apertasi con la presa di distanza da parte della Lega di Matteo Salvini dall’esecutivo giallo-verde.
Un’uscita improvvisa e improvvida per il leader leghista che in pochi giorni, stando ai recentissimi sondaggi, si sarebbe bruciato il 5 per cento dei consensi tra gli italiani, in gran parte contrari alle elezioni anticipate. Perché bisognerebbe tornare alle urne in breve tempo? Magari ci torneremo nel pieno del prossimo autunno. Nel momento in cui mi accingo a queste note, ancora nessuno può saperlo. Ma il motivo del ritorno al voto, diciamoci la verità, pochi lo conoscono sul serio.
La nostra, che ci piaccia o no, è una repubblica parlamentare. Per eleggere i nostri (troppi) rappresentanti nelle due Camere siamo stati chiamati il 4 marzo dello scorso anno. Non, quindi, tre anni fa e nemmeno cinque anni fa. Solo da poco più di dodici mesi gli elettori si sono espressi su chi li deve rappresentare. Qui sta il punto. Teniamolo presente, con le legislature che durano un quinquennio. Poi, se un sondaggio dice che un partito è salito e l’altro è sceso, non è che si possono chiedere subito nuove elezioni, come è passato per la mente al “capitano” e ai suoi, che ormai avvertivano tutto il Paese ai loro piedi. Non può essere così.
In seguito, e nonostante tutto, non si riesce a trovare un accordo in Parlamento per formare una coalizione di maggioranza? Non si trovano intese tra Pd e M5s? E non si vede soluzione nemmeno con una riedizione di un esecutivo giallo-verde, come pare chiedere ora un pentito Salvini per scongiurare le urne che non lo vedrebbero più così trionfante? Allora si torni alle urne, ma come ultimissima ratio.
Intendiamoci, non ci schieriamo né per una soluzione né per l’altra. Ci poniamo dalla parte della gente, delle necessità di questa Italia troppo in balia degli umori dettati dalla pancia e di chi li ascolta troppo. Governare richiede la pazienza del tessitore e la responsabilità dell’educatore. Non si può trattare per la formazione del governo con un occhio sui social e un orecchio sulle piazze. Si devono avere a cuore le sorti di tutti i cittadini, consapevoli che non è più sufficiente guardarsi all’interno, ma che si è inseriti in un sistema globale nel quale e col quale occorre confrontarsi ogni giorno.
Allora, lo ripetiamo ancora una volta, l’ennesima: basta pensare solo a sé o alla propria parte. Ne va del destino dell’Italia e delle nuove generazioni.
(*) direttore “Corriere Cesenate” (Cesena-Sarsina)