Analisi

Tornare a Lampedusa… I morti nel Mediterraneo, le migrazioni e i muri d’Europa

Il Mare Nostrum, trasformato in cimitero, dovrebbe essere un monito per la politica degli Stati europei. L’attualità delle parole di Papa Francesco, pronunciate sull’isola italiana dopo l’ennesima strage: “Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”. Serve una nuova strategia comunitaria per affrontare i flussi che giungono da Africa e Medio Oriente

Nei mesi estivi tantissime persone vivono belle vacanze al mare o nelle zone collinari e montuose dei Paesi mediterranei, visitandone il patrimonio artistico e archeologico ereditato dalle civiltà ebraica, egiziana, cretese, greca, romana, nate e sviluppate sulle sponde del Mare Nostrum. Il Mediterraneo è conosciuto e riconosciuto nel mondo intero per uno stile di vita, la sua “dieta” (enogastronomia), l’importanza del suo patrimonio: non a caso è la prima destinazione turistica mondiale. Mare e terra nello stesso tempo: la regione mediterranea stupisce par la sua bellezza naturale e storica.
Il simbolo riconosciuto di questa area del mondo è l’olivo. Il suo tronco, spesso tortuoso, sembra riassumere le sofferenze del passato, ma il suo frutto, piccolo e potente per l’olio che ne è estratto, è nutritivo, e nutre l’eredità intrinseca della civiltà mediterranea.
Al crocevia di tre continenti il mar Mediterraneo è la terra per eccellenza degli incontri, pacifici o conflittuali, tra differenti culture, religioni, identità. “Mediterraneo” è il mare dentro le terre. Mare di collegamento tra Europa, Africa e Asia, è delimitato da più di venti nazioni, con altrettante tradizioni e occasioni di meraviglia per i turisti e non solo.
Però il tempo della pace estiva è turbata troppo spesso da brutte notizie che vengono dal mare. Da tanto tempo, purtroppo, il Mediterraneo è diventato un ostacolo per migliaia di rifugiati che cercano in Europa una vita migliore, vedendo la stessa Europa come un eldorado. Le acque del mare sono un cimitero per numerosi disperati: bambini, donne, uomini. Un cimitero nel profondo del mare, dove i corpi spariscono nel nulla, senza nessuna cerimonia. Le cronache ci hanno raccontato di un mese d’agosto carico di drammi, ma anche di belle e coraggiose azione di salvataggio.

Tale cimitero è una sfida per l’Europa.

È, ad esempio, la sfida di Lampedusa, isola diventata icona dei drammi del Sud, e delle difficoltà identitarie del Nord d’Europa che mostra evidenti difficoltà nel comprendere la portata “europea” delle pressioni migratorie in un mondo globale.
Lampedusa è una piccola isola italiana, di venti chilometri quadrati, con seimila abitanti che vivono soprattutto di turismo e pesca. È il territorio più a Sud d’Italia, il più vicino all’Africa, a 177 chilometri dalle costa della Tunisia, e 355 da quelle della Libia. Porta dell’Europa, rappresenta la speranza di vita migliore per gli africani del Nord come dell’Africa Subsahariana. Si imbarcano su natanti in pessime condizioni, vittime di trafficanti senza scrupoli che sfruttano la povertà. Tanti fra loro non giungono mai in un porto: barche e gommoni si rovesciano durante il viaggio senza che nessuno sia in grado di stimare esattamente il numero dei morti annegati.
Dopo l’ennesimo dramma, nel giugno 2013, Francesco, appena eletto Papa, decise di andare sul posto, l’8 luglio: “Ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”. L’omelia che pronunciò fu di una forza eccezionale, dal punto di vista umano e politico come dal punto di vista spirituale. Era una sfida per i governi tentati di irrigidire le legislazioni nazionali, e per i cristiani stessi. Il Papa denunciava i trafficanti di esseri umani e rendeva omaggio alle piccole comunità dell’isola e delle isole vicine, come Linosa, confrontate da anni ai flussi incessanti, senza aiuti. Denunciava “la cultura del benessere” che “ci rende insensibili alle grida degli altri”, e anche “la globalizzazione dell’indifferenza” perché “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.
Tale intervento risuona ancora oggi, sei anni dopo, come un monito particolarmente rivolto ai cristiani attraverso una domanda: “Dov’è il tuo fratello?”, e un’ingiunzione: “Non dimenticare la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati; la loro carne è la carne di Cristo”.Sei anni dopo, questo discorso di Papa Francesco non è affatto invecchiato. Purtroppo conserva una estrema attualità nel momento in cui sono al potere in diversi Paesi europei partiti nazionalisti, populisti, talvolta xenofobi, e quando l’Unione europea è in difficoltà nel definire una politica di solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione, per l’accoglienza dei migranti.