Ritorno sui banchi
La scuola è lo spaccato di quello che siamo come Italia ma è anche una grande opportunità per contribuire a far crescere il senso di comunità, la consapevolezza dell’importanza di avere un codice minimo di valori condivisi. Anche in questo senso nella scuola si semina il futuro
Siamo al conto alla rovescia. Tra pochi giorni si riparte!
Mercoledì 11 settembre migliaia di alunni, studenti, insegnanti, personale ausiliario torneranno ad animare le circa 860 scuole sparse in tutta la provincia (la data di inizio non è uguale su tutto il territorio nazionale ndr): dalle scuole dell’Infanzia a quelle Superiori. Migliaia le famiglie coinvolte per il “rito” del Primo giorno di scuola che, comunque lo si guardi, rappresenta un punto di passaggio tra un prima e un dopo, la chiusura di una stagione e l’apertura di un tempo nuovo e anche per questo porta con sé speranza e timori.
Se è vero che, come qualcuno afferma, il sistema scolastico è uno degli indicatori della qualità di un Paese, possiamo dire che in Italia “resiste” nonostante la precarietà in cui la politica da tempo (colpevolmente) lo costringe.
Da anni la Scuola deve sopportare e poi gestire riforme, mezze riforme, aggiustamenti in corsa, pseudo riforme, riforma della riforma approvate dai vari governi che si sono susseguiti, il più delle volte senza che i vari attori che frequentano gli ambienti scolastici fossero minimamente consultati e ascoltati.
Certo la scuola è un mondo difficile perché complesso, dove coabitano idee, spinte, esigenze, passioni diverse e talvolta contrapposte. Anche in questo senso è uno spaccato significativo della nostra società e, se non altro per questo, dovrebbe essere considerato con un’attenzione tutta speciale.
La precarietà in cui la scuola è costretta è, per fortuna, spesso superata o perlomeno nascosta, dalle tante eccellenze “ordinarie” delle donne e uomini che la abitano. “Ordinarie” perché tanti ragazzi e ragazzi o genitori o insegnanti o dirigenti o collaboratori scolastici considerano normale spendersi al massimo, al di là di quanto previsto e richiesto per l’ambiente che, per molta parte dell’anno, è un po’ la loro “seconda casa”. Certo, c’è anche chi non fa neanche il minimo previsto, ma per fortuna le eccellenze non sono una rarità e rappresentano la vera speranza per la Scuola e per il nostro Paese. Sì perché in quelle aule (lo scriviamo perché il suo significato è più forte della retorica che rischia una frase simile) si costruisce il futuro dell’Italia, il nostro futuro. Basterebbe questa consapevolezza. che non è né di destra né di sinistra, per capire che qualsiasi esecutivo dovrebbe davvero mettere la scuola tra le prime tre priorità (le altre due dovrebbero essere la denatalità e l’ambiente) sulle quali investire con decisione, in modo stabile, condiviso e lungimirante.
La scuola, dicevamo, è lo spaccato di quello che siamo come Italia. Lo è nello sperimentare una dimensione multiculturale con la presenza sempre maggiore di bambini, ragazzi, giovani di seconde e terze generazioni di immigrati, nati in Italia, cresciuti in Italia con genitori immigrati e che per questo ancora non possono (vergognosamente) avere la cittadinanza italiana.
La scuola è, ancora, lo spaccato di un Paese che non riesce ad uscire dalla glaciazione demografica e così calano il numero delle classi, si cominciano a chiudere le scuole.
È, infine, lo spaccato di una nazione che ha bisogno estremo di sentirsi più comunità, di percepirsi di più come un “noi” e non solo, quando va bene, come un insieme di eccellenze. In questa prospettiva la scuola è una grande opportunità per contribuire a far crescere il senso di comunità, la consapevolezza dell’importanza di avere un codice minimo di valori condivisi. Anche in questo senso nella scuola si semina il futuro.
Per tutti questi motivi e molti altri ancora, che ciascuno di noi si porta nel cuore magari come ricordo dei tempi in cui ciascuno ha abitato un’aula, un cortile,una scuola, esprimiamo la nostra simpatia a tutti gli abitanti del microcosmo scolastico. Noi ci impegneremo a fare concretamente il tifo per la “nostra” scuola, perché se migliora lei, migliora il Paese.
Buon anno scolastico!
(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)