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Asili nido. Una famiglia media spende quasi 400 euro al mese. Ma solo 1 bimbo su 4 trova posto in quelli pubblici

Solo il 24% dei piccoli sotto i 3 anni trova posto nei nidi comunali. Forti differenze tra nord e sud. Per sostenere la natalità e contrastare povertà educativa e disuguaglianze, occorre ridurre la spesa a carico delle famiglie e incrementare i posti disponibili nei Comuni. Nasce su queste premesse l’impegno del nuovo governo annunciato ieri dal premier Conte

“Questo Governo, quale prima misura di intervento a favore delle famiglie con redditi bassi e medi, si adopererà, con le Regioni, per azzerare totalmente le rette per la frequenza di asili-nido e micro-nidi a partire dall’anno scolastico 2020-2021 e per ampliare, contestualmente, l’offerta dei posti disponibili, soprattutto nel Mezzogiorno. E’ una delle varie misure che introdurremo anche al fine di sostenere la natalità e contrastare così il declino demografico”. Lo ha detto ieri il premier Giuseppe Conte nel suo discorso programmatico in Aula alla Camera per ottenere la fiducia. “Rafforzare l’offerta e la qualità di un’educazione fin dal nido è un investimento strategico per il futuro della nostra società perché combatte le diseguaglianze sociali, che purtroppo si manifestano sin nei primissimi anni di vita, e favorisce una più completa integrazione delle donne nella nostra comunità di vita sociale e lavorativa”, ha sottolineato.

 

Un nodo davvero urgente e cruciale quello degli asili nido. Senza entrare nello specifico, il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, accoglie positivamente l’annuncio del premier ma precisa: “L’asilo nido gratuito funziona se è parte di un progetto più ampio che metta al centro una riforma fiscale per le famiglie come l’#assegnoXfiglio”. Il Codacons, da parte sua, commentando le parole di Conte informa che in Italia

una famiglia media di tre persone con Isee inferiore ai 20mila euro spende quasi 400 euro al mese per mandare il proprio figlio all’asilo.

Alla retta di circa 300 euro vanno infatti aggiunti mediamente 80 euro di servizio mensa. Ma permangono fortissime differenze territoriali: la regione più economica è la Calabria (160 euro al mese); quella più costosa è il Trentino Alto Adige (470 euro circa). Fra i capoluoghi di provincia Catanzaro è la più economica (100 euro), Lecco la più costosa (515 euro).

D’altra parte non c’è alternativa perché, spiega ancora l’associazione a difesa dei consumatori,

solo un bambino su quattro riesce ad accedere agli asili nido pubblici.

Nell’anno scolastico 2016/17 l’Istat ha infatti censito sul territorio nazionale 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia – di cui 11.017 asili nido – per un totale di circa 354mila posti, pubblici in poco più della metà dei casi. Posti che però coprono solo il 24% dei bimbi sotto i 3 anni, dato ben lontano dall’obiettivo minimo del 33% fissato dall’Ue per sostenere la conciliazione tra vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Una copertura sul territorio anch’essa a macchia di leopardo:

solo il 7,6% dei piccoli trova posto negli asili pubblici della Campania, contro il 44,7% in Valle D’Aosta.

Sulla scorta di questi dati, il presidente di Codacons Carlo Rienzi auspica che finalmente “si metta mano al settore degli asili riducendo la spesa a carico delle famiglie e incrementando i posti disponibili nei Comuni”.

Sulla stessa linea Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva che ha diffuso il Dossier “Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense” con i dati per singola Regione e capoluogo di provincia. La copertura media nazionale dei nidi sulla fascia di età 0-2 anni, si legge nel rapporto, è del 21,7%. Al Centro primato positivo con una copertura del 30,2%, seguito dal Nord Est (28,1%), Nord Ovest (24,2%), fanalino di coda Sud e isole all’11,2%. Per questo, Gaudioso aggiunge l’auspicio che “si avviino le procedure per la costruzione dei poli dell’infanzia 0-6 anni, previsti dal 2017 in tutte le Regioni, che allo stato attuale risultano al palo nella gran parte del Paese” e venga riconosciuta centralità anche al servizio mensa “per il quale ad oggi le famiglie italiane pagano in media 82 euro al mese, con tariffe molto diversificate a seconda dei territori”.

 

Intanto, lo scorso 7 settembre Save the children Italia ha lanciato un allarme e un appello attraverso il report “Il miglior inizio. Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita”. Solo 1 bambino su 10 – denuncia il rapporto – può accedere a un asilo nido pubblico, ma in alcune regioni la copertura è pressoché assente. In particolare,

in Calabria solo il 2,6% dei bambini frequenta un nido pubblico.

Lo studio raccoglie i risultati di un’indagine condotta su 653 bambini di età compresa tra 3 anni e mezzo e 4 anni e mezzo, ai quali sono stati sottoposti i quesiti dello strumento Idela (International Development and Early Learning Assessment, sviluppato da Save the Children International nel 2014 e utilizzato in più di 40 Paesi al mondo) che opera una valutazione su quattro aree di sviluppo: fisico-motorio, linguistico, matematico e socio-emozionale. Dal rapporto emerge che i piccoli che hanno frequentato l’asilo nido hanno un grado di sviluppo maggiore rispetto a quelli che hanno frequentato servizi integrativi o sono rimasti a casa. Per questo anche Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa dell’organizzazione, giudica positivamente l’impegno annunciato dal premier. Ma non c’è tempo da perdere: le disuguaglianze e la povertà educativa che rischiano di emarginare ed escludere i bambini delle famiglia più vulnerabili vanno combattute “a partire dai primi anni di vita, attraverso solide politiche di sostegno alla prima infanzia e alla genitorialità, oggi assolutamente carenti nel nostro Paese”.