Chiese locali
I cinque ambiti del cammino tracciato dal vescovo Tessarollo – la famiglia, adolescenti e giovani, preghiera personale e comunitaria e liturgica, vangelo e carità, comunione e corresponsabilità nella vita parrocchiale – sono fondamentali e certamente complessi e impegnativi. E impegnano la pastorale a tutto tondo
Domenica scorsa abbiamo affidato ai santi patroni Felice e Fortunato venerati e amati in città e in diocesi, deponendo nella loro cappella in cattedrale le tre lampade (con la scritta “Vigilanti nel servizio con le lampade accese”), simbolo dell’impegno di tutto il popolo di Dio per il nuovo anno pastorale, anzi per il triennio che il vescovo Adriano ha proposto con la sua prima “Lettera pastorale”, che riassume e rilancia l’esperienza vissuta nella sua visita a tutte le comunità del territorio diocesano. I cinque ambiti del cammino da lui tracciato – la famiglia, adolescenti e giovani, preghiera personale e comunitaria e liturgica, vangelo e carità, comunione e corresponsabilità nella vita parrocchiale – sono fondamentali e certamente complessi e impegnativi. Il discorso del vescovo parte però da un rendimento di grazie a Dio e a quanti ha potuto incontrare nel suo prolungato e articolato itinerario di questi tre anni in diocesi per il bene riscontrato, per l’accoglienza ricevuta, per il dialogo e la condivisione con tutti; anzi si dice edificato dalla fede semplice e fiduciosa di molte persone, ampliando il suo grazie ai tanti volontari impegnati in vari settori. Egli sottolinea che ha colto molti segni di speranza: si tratta di uno sguardo positivo che proviene da un’esperienza diretta. Uno sguardo anche realistico sulle difficoltà che non mancano. Ma si tratta comunque di “ravvivare” il dono della fede e la testimonianza della carità. Con grande sensibilità pastorale ribadisce più volte la necessità di riattizzare “le braci non ancora spente” e di “non spegnere lo stoppino dalla fiamma smorta”. Ambiti importanti, quelli indicati dal vescovo Adriano, che impegnano la pastorale a tutto tondo. Annunciare il “vangelo della famiglia” e sostenere i genitori nel compito educativo; cogliere nei giovani e per i giovani – che, a dire il vero, come ammette con rammarico, ha potuto incontrare solo in numero limitato – la modalità nuova con cui essi chiedono di poter vivere ed esprimere la fede; praticare la preghiera personale e quella liturgica percependo la presenza di un Dio che ascolta; vivere il cuore del Vangelo del Regno aperto a tutti, anche a quanti si sono allontanati o non si ritengono credenti, soprattutto attraverso la carità, promuovendo forme di vicinanza e di prossimità, condividendo iniziative semplici alla portata di tutti; sperimentare e approfondire la comunione ecclesiale che nasce dall’Eucaristia e si traduce in corresponsabilità tra laici e presbiteri – concetto questo lanciato dal vescovo fin dall’inizio del suo ministero clodiense, ma su cui c’è sempre ancora molto da lavorare. È la figura di Maria, “venerata in diocesi sotto vari titoli e in vari santuari” a farci da guida e da modello. Anzi, il vescovo suggerisce di fare nostro l’atteggiamento e le espressioni della “Vergine dell’ascolto” nell’annunciazione, che egli traduce così: “Eccoci qua, pronti a mettere tutti noi stessi, secondo i nostri talenti e doni, a servizio del disegno del Signore, ispirati dallo Spirito, in ascolto della sua parola e sostenuti dalla sua presenza e grazia”. Così insieme riprendiamo il cammino sulla strada tracciata. Attenti soprattutto – come ci esorta il vescovo Adriano – a non cedere “alla tentazione del disimpegno e dello scoraggiamento”, stilando invece programmi concreti con obiettivi, mezzi e tempi, scegliendo le priorità, individuando strumenti e persone. C’è lavoro per tutti.
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)