Fine vita
La bellissima definizione nel romanzo “Giuda” di Giuseppe Lanza del Vasto si può applicare al dibattito sul “fine vita, il suicidio assistito e l’eutanasia”. Anziché fornire i sostegni ai deboli, alle creature non ancora partorite, alle famiglie, ai malati, anche a quelli con disagi angoscianti, si sceglie la scorciatoia farisaica: la legge del più forte, l’eliminazione del debole, degli scarti. Il “meno uno” è il debole, l’indifeso, il peso per gli altri, quello che riduce il benessere di chi nell’egoismo ha la ragione di vita.
Nello splendido romanzo “Giuda” di Giuseppe Lanza del Vasto pubblicato nel 1938, avevo trovato una bellissima definizione: “la peggior menzogna è la verità meno uno”. Si può applicare al dibattito sul “fine vita, il suicidio assistito e l’eutanasia”.
Anzitutto dobbiamo considerare che in Italia, nell’Occidente e nel mondo il cristianesimo è ”minoranza”; non solo minoranza numerica, ma di significanza, che spesso diventa insignificanza. E qui dobbiamo pervenire a un corretto concetto della laicità dello Stato e della posizione dei credenti.
Anche se in passato qualche volta si è abusato del fatto di essere maggioranza o totalità, chiedendo il sostegno di leggi civili che ricalcassero quelle della Chiesa, adesso il fatto di essere minoranza non ci esime dalla richiesta di esigere che lo Stato garantisca le espressioni fondamentali della “legge naturale”.
Leggi religiose sono per esempio andare a messa alla domenica, fare penitenza in quaresima, ritenere il matrimonio indissolubile, dare i sacramenti che seguono il battesimo solo ai battezzati che sono credenti.
Leggi naturali, che sono cioè iscritte nel cuore di ogni uomo, credente o no, sono quelle che costituiscono la peculiarità umana, come ad esempio “non uccidere”, che leggiamo nel senso più pieno e positivo di “difendere la vita dall’inizio al suo termine naturale”.
Come uomini ci riconosciamo anzitutto costituiti dalla legge naturale; come credenti diamo ad essa il supremo significato che viene dall’incarnazione: Dio che si fa uomo ci fa capire meglio non solo la divinità, ma anche l’umanità.
Mentre i tromboni laicisti e radicali suonano le trombe della vittoria per una sentenza che mette in mano alla politica il grimaldello della morte come un’altra vittoria della ragione contro l’oscurantismo della Chiesa in nome della “dignità”, noi affermiamo la menzogna della “verità meno uno”, per cui anziché fornire i sostegni ai deboli, alle creature non ancora partorite, alle famiglie, ai malati, anche a quelli con disagi angoscianti, si sceglie la scorciatoia farisaica: la legge del più forte, l’eliminazione del debole, degli scarti.
Alla radice c’è il materialismo: se Dio non esiste, se l’uomo è solo materia e non c’è lo spirito, non c’è nemmeno una legge naturale e quindi ognuno può fare quello che vuole purché con maggiorenni consenzienti e non vada contro minorenni.
Di qui si aprono scenari devastanti, dove la libertà si trasforma in licenza: ed è un percorso tetro, non di vita ma di morte.
Il secolo scorso è andato più avanti ancora nei regimi autoritari e dittatoriali, dai colori rossi, neri o grigi, togliendo la qualifica di essere umano alle minoranze: ebrei, zingari, malati mentali, avversari politici, omosessuali, Paesi nemici.
Il “meno uno” è il debole, l’indifeso, il peso per gli altri, quello che riduce il benessere di chi nell’egoismo ha la ragione di vita.
Dunque, siamo minoranza ma restiamo lievito. Offriamo alla società una proposta di vita e non di morte, di pace e non di guerra, di sobrietà e condivisione e non di egoismo sterile.
Noi abbiamo un futuro, un fuoco da accendere, una gioia da condividere; sappiamo che non sempre la maggioranza possiede la verità e la storia ci dà tanti esempi, ma la pazienza di Dio è per noi esempio per lavorare e pregare per i tempi lunghi e non per quelli brevi ed evanescenti.
(*) direttore “La Vita Casalese” (Casale Monferrato)