Analisi

Polonia verso le urne. Favorito il partito di Kaczynski, ma il Paese è diviso

Gli elettori polacchi saranno chiamati ai seggi domenica 13 ottobre per rinnovare il Parlamento. Il partito di governo (Pis) dovrebbe ottenere un ampio sostegno popolare, mentre le opposzioni appaiono divise. I temi della campagna elettorale, l’appello alla responsabilità e al voto da parte dei vescovi

(Omar Marques/Getty Images)

A pochi giorni dalle elezioni parlamentarti in Polonia, previste per il 13 ottobre prossimo, i sondaggi unanimemente attribuiscono la vittoria all’attuale partito di governo Diritto e giustizia (Pis) di Jarosław Kaczyński. Il politologo Sławomir Sowiński dell’Università cattolica “Card. Stefan Wyszyński” prevede però dei problemi con la costituzione del futuro governo qualora tutti i cinque schieramenti politici presenti sul territorio nazionale riuscissero a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento prevista al Sejm (la Camera bassa del Parlamento polacco con 460 deputati). Per costituire un esecutivo monocolore Pis, quotato dai sondaggi tra il 40 e il 44 per cento dei voti, dovrebbe ottenere circa 7 milioni di preferenze (sono oltre 30milioni gli aventi diritto). Quattro anni fa ne ottenne 5,7 milioni e alle elezioni europee del maggio scorso, pur migliorando il risultato, ne raggiunse 6,2 milioni. Alla vigilia delle politiche, osserva Sowiński, la strategia del Pis impone quindi “non solo di mobilitare il proprio elettorato ma soprattutto di tranquillizzare quello degli avversari, convincendolo che la mancata partecipazione al voto non comporterebbe disastri”. E spiega: “nel caso in cui al Sejm ci fossero meno di cinque schieramenti, Pis potrebbe più facilmente avere la maggioranza necessaria per costituire da solo il futuro esecutivo”.

L’appello degli ex presidenti. “Il 13 ottobre non ci aspettano elezioni ‘normali’, bensì il voto che deciderà se la Polonia sarà un Paese democratico di diritto o continuerà a scivolare verso una dittatura autoritaria”, hanno scritto domenica 29 settembre gli ex Capi di Stato Lech Wałęsa, Aleksander Kwaśniewski, Bronisław Komorowski e numerosi rappresentanti del mondo della cultura e delle scienze, lanciando a tutta l’opposizione democratica un pressante appello ad unire le forze per far sconfiggere al Senato (la Camera alta del Sejm che conta 100 senatori) lo schieramento capeggiato dal Pis.

Giudizio in chiaroscuro. Tomasz Terlikowski, cattolico, noto commentatore della scena politica polacca è assai critico nei confronti del partito di Kaczyński nonostante quest’ultimo avesse cercato più volte di accreditarsi come difensore dei valori tradizionali e si sia perfino spinto ad affermare che “ogni polacco deve sapere che al di fuori della Chiesa c’è solo il nichilismo che va rifiutato poiché solo distruttivo”, opinione dalla quale peraltro l’episcopato polacco ha preso le distanze. Terlikowski dice al Sir che, a suo avviso, “Pis non è un partito conservatore, ma è interessato soltanto al potere, allo Stato forte e alla riforma del sistema giudiziario”, e accusa l’attuale maggioranza di “non aver mantenuto le promesse relative alla tutela della vita dei nascituri, nonostante avesse avuto la forza per promuovere almeno la legge che vieta l’aborto nel caso della sindrome di Down del nascituro”. Secondo Terlikowski, le riforme del sistema giudiziario introdotte dal Pis (contestate dalle istituzioni europee) hanno fatto sì che il Tribunale costituzionale “sia totalmente privo di qualsiasi autorità” mentre, nonostante “tante belle parole” spese da Kaczynski a favore delle famiglie, il suo partito non ha fatto nulla per fronteggiare il numero crescente di divorzi quando “proprio il divorzio è un problema molto più impellente dell’ideologia Lgbt” contro la quale si scagliano i vari esponenti del partito. Tuttavia, pur criticando Kaczynski, Terlikowski gli riconosce di essere riuscito ad attuare “una reale ridistribuzione dei fondi pubblici a favore dei meno abbienti” e osserva che “nonostante il governo si ostini a non voler attuare delle politiche a favore degli immigrati, negli ultimi anni oltre un milione di ucraini, pachistani e indù si sono inseriti in Polonia”. Il problema dell’immigrazione, per Terlikowski, è l’esempio della “questione reale” che non viene discussa poiché nel Paese “non vi è tra la destra e la sinistra un normale dibattito” reso impossibile dall’aggressività dei social media.

“Verso una crisi economica”. Ancora più critico nei confronti del partito di Kaczyński sembra essere Maciej Giertych, nel 1987 invitato da Giovanni Paolo II come uditore al Sinodo sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Giertych, preannuncia una nuova crisi economica globale, e osserva che “per la Polonia tale crisi sarà molto più dura e inevitabilmente verrà pagata dai più deboli”. Quest’ultimi “più poveri e meno istruiti” oggi “sono ammagliati dalla Tv pubblica” che “dice menzogne”.

Le proposte degli avversari. Gli errori dell’opposizione non sono pochi se, in un sistema democratico, hanno portato all’attuale squilibrio delle preferenze a favore dello schieramento di Kaczyński. Ma per porvi rimedio non sembra sufficiente che la coalizione della Piattaforma civica (Po, ex partito del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk), di alcuni schieramenti di centrosinistra e dei verdi promuova a capo di governo Małgorzata Kidawa Błońska, con un programma che prevede al primo posto la legalizzazione delle coppie di fatto, il finanziamento della fecondazione assistita e dell’anestesia durante il parto, la liberalizzazione della vendita di anticoncezionali nonché l’educazione sessuale nelle scuole.

“Tassare la Chiesa”. La Sinistra democratica (Sld) insieme ad altri due schieramenti – Wiosna di Robert Biedroń e Razem (che vorrebbe introdurre in Polonia la flat tax) – oltre ai postulati già elencati dalla coalizione Po, propone di “tassare la Chiesa”, di “introdurre uno Stato laico”, nonostante la costituzione polacca garantisca l’equanimità dello Stato nelle questioni religiose, e di eliminare dalle scuole le lezioni di religione.

Altri schieramenti. “Unire i polacchi” è invece lo slogan della coalizione formata dal Partito popolare (Psl) e da Kukiz’15 che sinora hanno appoggiato il governo di Kaczyński. Lo schieramento si oppone alle “crescenti tensioni” nel dibattito pubblico, è contrario alle “provocazioni degli ambienti Lgbt” che “ledono i sentimenti dei credenti e portano alla profanazione dei simboli religiosi dei cattolici”, ma afferma anche di essere contrario “alla crescente aggressività degli ambienti di estrema destra”. Un altro potenziale compagno del futuro governo Pis, qualora il partito fosse costretto a cercare delle alleanze, potrebbe essere la confederazione “Libertà e sovranità” di stampo nazionalpopolare, nel corso della campagna elettorale tuttavia pronta a criticare l’attuale maggioranza per “non aver combattuto con maggiore efficacia l’ideologia Lgbt”.

La parola dei vescovi. “Rettitudine morale, competenze nell’ambito della vita politica e civile, testimonianza di vita in famiglia”: sono le principali caratteristiche del candidato alle elezioni politiche indicate dal presidente dei vescovi polacchi nel messaggio pubblicato nei giorni scorsi in vista del voto del 13 ottobre. Pur ammettendo “la legittima diversità delle opinioni” tra cattolici, mons. Stanislaw Gadecki sottolinea che “il pluralismo non è uguale al relativismo morale”. I cattolici pertanto “non possono sostenere dei programmi che favoriscano l’aborto, cerchino di ridefinire l’istituto del matrimonio, tentino di limitare i diritti dei genitori nell’ambito della responsabilità per l’educazione dei figli”. Inoltre, scrive mons. Gadecki, gli elettori cattolici “non possono scegliere il candidato che esprima opinioni suscettibili dal punto di vista morale e rischiose dal punto di vista politico”. Il presule, incoraggiando la partecipazione dei polacchi alle elezioni sottolinea, che “nulla, al di fuori delle circostanze eccezionali, può giustificare l’assenza dei cattolici nelle questioni pubbliche” e auspica che l’ultimo scorcio della campagna elettorale sia “non tempo di lotta per il potere bensì tempo di fruttuoso dibattito per il bene della patria e sulle direttrici di un suo sviluppo integrale”.