Periferie esistenziali
L’assassinio sabato dei quattro homeless a New York ha riaperto la ferita delle migliaia di persone senza una casa che ogni giorno cercano di sopravvivere nella Grande Mela. Sono uomini, donne, bambini finiti in strada dopo uno sfratto, una malattia, un divorzio, una guerra. Tra loro, c’è però chi ce la fa a riuscire a rialzarsi e a diventare un ex-senzatetto, come Dennis, che festeggia persino l’idea di poter avere un freezer tutto suo per metterci i gelati
(da New York) “Ciao sono Dennis. Prima ero un senza tetto”. Dennis è afro-americano e mentre pronuncia la parola “formely homeless – ex senza tetto”, la sua voce diventa più dolce, con una sfumatura di vittoria. Dennis ha vissuto con centinaia di altri uomini fantasma a Ward Island, l’epicentro dei senzatetto a New York, il gradino sociale più basso della City da cui rialzarsi è un’impresa erculea e non sono pochi quelli che muoiono senza aver conosciuto il rango di ex homeless. Dennis, Charlie, Paco hanno storie diverse con un unico finale: la strada. Tra loro c’è chi ha perso una figlia per leucemia e ha pensato che la droga fosse antidoto al dolore, ma non salvezza dall’abbruttimento; c’è chi ha scoperto un ritardo cognitivo a scuola: impossibile da diagnosticare tra i banchi e apparentemente facile da smaltire sotto i ponti o nelle stazioni della metro tra alcool e botte. C’è chi era un veterano, illuso che servire la patria significasse ricevere pari contropartita in servizi e invece solo l’asfalto di avenue e marciapiedi gli ha offerto riparo, dopo che lo stress da trauma aveva consumato le sue resistenze psicologiche. Oggi tutti loro possono usare il prefisso ex, non lo stesso i quattro senzatetto assassinati sabato scorso in tre località nei pressi di Chinatown da un giovane di 24 anni, di cui non sono ancora note le generalità, ma che è già stato accusato di omicidio plurimo per aver colpito a morte con un tubo di metallo, i quattro uomini, mentre un quinto è riuscito a salvarsi ed è ancora ricoverato in ospedale in prognosi riservata.
Sono circa 62mila gli homeless che ogni giorno popolano gli angoli della Grande Mela, ben 14.806 sono famiglie con 21.802 bambini,
secondo i dati forniti dalla Coalition for homeless, una organizzazione di sostegno e assistenza diretta che accompagna uomini, donne e bambini senza fissa dimora, verso un progetto di vita stabile dal punto di vista lavorativo e abitativo. Secondo la Bowery Mission
quasi uno su 121 newyorkesi è senzatetto
e la causa è principalmente dovuta all’assenza di alloggi a prezzi accessibili e di una politica che controlli non solo i costi degli appartamenti ma garantisca che nel piano delle nuove costruzioni della città, una congrua parte sia destinata a chi è senza fissa dimora. Altro neo è la cosiddetta lista nera degli inquilini, se vi si finisce anche per un diverbio tra vicini, la possibilità di cercare casa si riduce al lumicino, anche perché in città solo 3-4 agenzie controllano questa lista e quando i proprietari di case vi si rivolgono, il loro parere diventa vincolante. Gli ultimi dati sugli sfratti risalgono al 2017 e parlano di 57 famiglie al giorno che ricevono un’ingiunzione. Sempre più spesso ci sono uomini soli o reduci da un conflitto. La città provvede comunque attraverso vari sussidi di provvedere all’affitto e proprio grazi a questi programmi di stabilizzazione che 23mila famiglie dal 2015 al 2018 hanno lasciato i dormitori pubblici a favore di una casa.
A quale delle tante categorie di homeless appartenevano le vittime di sabato non ci è dato di sapere: erano comunque tutti uomini, soli e con evidenti problemi psicologici e di dipendenze, in ogni caso erano tra le persone più vulnerabili della comunità. “Siamo sbalorditi e inorriditi da questo insensato atto di violenza” ha dichiarato il sindaco DiBlasio, chiedendo di tenere vivo nel cuore dei familiari e dei più vicini, il ricordo delle vittime. Giselle Routhier, direttore delle policy di Coalition for homeless, ha definito l’attacco ai 5 senza fissa dimora “insensato e brutale”. “Sono nostri simili – ha continuato – e meritano la dignità e la sicurezza che una casa garantisce”. La Routhier insiste che la città e lo stato di New york debbano fornire alloggi sovvenzionati che evitino tragedie simili”. La sua esperienza in termini di accoglienza e programmi di recupero è ben nota: ogni giorno la coalition aiuta 3.500 senza tetto e attraverso 11 piste di servizio quali cibo e abbigliamento di emergenza, prevenzione dello sfratto, servizi di crisi, alloggi permanenti, formazione professionale e programmi per i giovani per rispondere ai bisogni immediati.
Dennis, l’orgoglioso ex homeless, ha concluso il programma riabilitativo quest’anno e mentre pronuncia la frase “torno a casa” avverti un gusto di dolcezza spandersi attraverso le parole. “Il successo più impensato – continua Dennis – è stato aprire la cassetta postale e vedere una bolletta con il mio nome;per non parlare della raccolta differenziata regolare o di quelle venti coppette di gelato messe in un freezer tutto mio”. Sono cose piccole quelle che lo fanno gioire, come ad esempio avere una chiave per aprire una porta e non un foglio di indicazioni da seguire fino ad una stanza dei centri di accoglienza. E’ ora di riprendersi la vita e Dennis, con la forza di un ex homeless non intende rinunciare neppure ad una briciola.