Lotta alla mafia

Qui in Calabria “la libertà non ha pizzo”. Con Libera istituzioni, cittadini e imprenditori: insieme contro il racket

Una giornata storica perché svolta all’interno di un bene confiscato alle mafie, una giornata di impegno che ha visto una grande partecipazione, una giornata di futuro perché ha visto il primo nucleo di realizzazione dell’Università della memoria, della ricerca e dell’impegno. Tutto questo a Limbaldi (Vv), dove l’associazione Libera ha consegnato il proprio logo a riconoscimento di un’economia virtuosa.

Istituzioni, imprenditori, cittadini, uniti, sono una forza contro il racket. È il messaggio arrivato dall’evento “La libertà non ha pizzo”, dal nome dell’omonimo progetto di “Libera. Associazioni nomi e numeri contro le mafie – Calabria”, che si è svolto a Limbadi (Vv). Un incontro a più voci, che ha visto le testimonianze di imprenditori coraggiosi, cui Libera ha consegnato il proprio logo a riconoscimento della buona e virtuosa economia praticata.

L’Università dell’impegno. “È stata una giornata storica perché l’iniziativa si è svolta in un bene confiscato, dove ci sentiamo coinvolti tutti quanti per realizzare l’Università della memoria, della ricerca e dell’impegno” – afferma Giuseppe Borrello – referente di Libera Vibo Valentia. L’Unirime sarà collegata alle Università di Reggio e Firenze e sorge proprio nella villetta requisita al clan Mancuso. “Sarà un centro di ricerca a livello europeo per approfondire il fenomeno della ‘ndrangheta da un punto di vista giuridico, antropologico, sociologico, economico ed ecclesiale – aggiunge don Ennio Stamile – referente di Libera Calabria, sacerdote della diocesi di San Marco Argentano-Scalea. Il bene è stato affidato all’associazione San Benedetto abate di Cetraro (Cs). “L’intenzione è quella di farne un centro di formazione permanente che vuole porre l’attenzione sui reati contro la pubblica amministrazione e realizzare un osservatorio permanente sulla ‘ndrangheta. Dobbiamo crederci”.

Invertire la tendenza. C’è da invertire una tendenza che vede le province calabresi agli ultimi posti tra quelle più esposte al racket. Gli spunti positivi ci sono, in Calabria qualcosa si muove, con Libera che negli ultimi quattro anni, ha assistito oltre 1.400 persone nelle loro denunce.

“Gli imprenditori e dei commercianti iniziano a fidarsi dello Stato e a denunciare – afferma Borrello –. Vogliono fare la loro parte, schierandosi apertamente e dichiarando di non voler pagare il pizzo”. La campagna di Libera, già attiva nella provincia di Reggio Calabria dal 2010, ha già dato i suoi frutti, per questo l’intenzione è di estenderla a tutta la regione. “Nel reggino hanno aderito 62 attività, Vibo è la nuova scommessa, e già altre 11 imprese calabresi hanno aderito alla campagna” – precisa Borrello –. “Vibo è da tanti punti di vista l’ultima provincia d’Italia, con una presenza pervasiva della ‘ndrangheta, per questo ripartire da Limbadi, da un bene confiscato, assume un valore ancora più grande” – evidenzia don Stamile –.

“I giovani di Libera sono motivati e sono riusciti a far partire questa battaglia educando i cittadini al consumo critico

perché per fronteggiare il fenomeno ‘ndranghetista c’è bisogno di tutti, anche di decidere dove andare a fare la spesa. Questa è una campagna strategica per contrastare i fenomeni malavitosi”.

La voce agli imprenditori. “Non piegarsi a una cultura che altrimenti rischia di venire fuori troppo facilmente”. Questo il refrain delle testimonianze rese dagli imprenditori e commercianti che sono intervenuti a Limbadi. Un messaggio consegnato alle decine di giovani adolescenti che hanno gremito la sala all’interno della villa confiscata al clan Mancuso dove si è svolto l’evento di Libera.

“La prima paura non è il rischio d’impresa, che viene dopo. È la paura di un territorio, del fornitore che si impone o del delinquente della zona che lo impone” – il messaggio di Vincenzo Chindamo, che con la moglie ha messo su un piccolo locale commerciale. “Il pizzo non è solo quello della mazzettina di soldi da consegnare, ce ne sono di tante forme. Così, nell’iniziare la nostra impresa, abbiamo deciso che avremmo detto no a tutto ciò che potevamo percepire come modalità di estorsione, anche se si trattasse di contribuire alla festa popolare del paese o alla sponsorizzazione della squadra di calcio”.

Raffaella Conci, responsabile della cooperativa Terre Ioniche, tocca il cuore dei giovanissimi presenti. “È possibile fare impresa e farlo in maniera sana, perché la tassa del pizzo è un’offesa. Per questo
bisogna incentivare il consumo critico, dando fiducia a chi ha deciso di combattere in prima persona e di metterci la faccia”. Chiude e rilancia il commerciante Carmine Zappia: “La paura, dopo la denuncia, è passata. Ora cerchiamo di andare avanti”. Attraverso quella che Libera definisce una “rivoluzione socio-economica e culturale sul territorio calabrese”.