Analisi

Ue: legislatura in salita. Europarlamento diviso, Commissione von der Leyen a rischio

La bocciatura di Sylvie Goulard, candidata designata dalla Francia a far parte dell’esecutivo comunitario, rivela le ripicche interne alla maggioranza (semmai esista) al Parlamento. Ma dimostra anche che ci sono fratture fra leader nazionali, partiti, Stati… E i sovranisti esultano

“Ho bisogno di comprendere quale ruolo hanno avuto il risentimento e forse la meschinità…”. Parole amare e dure quelle pronunciate dal presidente francese Emmanuel Macron alla notizia della bocciatura della candidata commissaria Sylvie Goulard (indicata per il portafoglio mercato interno, digitale, industria, difesa, spazio) respinta il 10 ottobre dopo la seconda audizione davanti alla competente commissione dell’Europarlamento.
Sulla idoneità “tecnica” e sulla statura politica di Goulard (già parlamentare, eurodeputata, ministro, banchiere centrale, stimata anche in ambienti accademici ed ecclesiali) è difficile nutrire dubbi. Semmai c’è da chiedersi quanti tra gli eurodeputati che hanno votato “no” alla Goulard abbiano la medesima levatura. L’insieme delle audizioni dei commissari designati ha mostrato, tra le altre cose, che una buona parte di parlamentari europei è alle prime armi con i trattati comunitari, non ha particolari conoscenze nei settori in cui l’Ue può e deve agire secondo gli stessi trattati, evidenziando non da ultimo scarsa dimestichezza con l’orizzonte politico continentale e mondiale. Non sono poche le testimonianze raccolte dal cronista circa le domande poste ai candidati commissari dagli eurodeputati ma scritte, di sana pianta, da assistenti parlamentari o funzionari dei gruppi politici.
Alla Goulard – che come tutti ha pregi e difetti, ovviamente – sono state contestate una presunta irregolarità amministrativa nella remunerazione di un assistente parlamentare (per la quale ha già restituito 45mila euro) e una sua consulenza, del tutto legale, con il think tank americano Berggruen mentre ella stessa era eurodeputata. Non a caso al termine dell’audizione, Goulard ha affermato: “Non sono stata rinviata a giudizio e quindi chiedo semplicemente di prendere in considerazione i fatti e di decidere secondo la vostra coscienza, sapendo che oltre al principio dell’integrità dei politici, che è importante, c’è anche quello della presunzione di innocenza”. In caso di rinvio a giudizio la Goulard, ha dichiarato, si sarebbe dimessa.
Ma il punto non è nemmeno questo. Non c’è voce politica e mediatica che, oggi in Europa, tralasci il fatto essenziale: Goulard è vittima di una rivalsa dei Popolari e dei Socialdemocratici europei contro lo stesso Macron, reo di aver affossato la pratica degli Spitzenkandidaten, la quale avrebbe portato alla guida della Commissione non la popolare tedesca Ursula von der Leyen ma il popolare tedesco Manfred Weber (lotta intestina in casa Cdu? Tiro mancino contro Angela Merkel?); oppure, come seconda scelta, il socialista olandese Frans Timmermans. A Macron si contesta inoltre di aver rafforzato la terza forza dell’Europarlamento, portando i suoi deputati tra i Liberaldemocratici (unici a votare per la Goulard) che ora hanno assunto il nuovo nome di Renew Europe: il progetto macroniano sarebbe stato quello di farne l’ago della bilancia in Emiciclo.
Ma ora cosa accadrà? Intanto occorre prendere atto che una maggioranza solida e compatta al Parlamento europeo non esiste: lo si sapeva già, ora se ne ha la conferma. Così esultano le forze sovraniste ed euroscettiche. Inoltre, diviene quasi impossibile – dati i tempi strettissimi – votare la fiducia alla Commissione europea nella plenaria del 21-24 ottobre, rischiando di far slittare l’entrata in carica dell’esecutivo presieduto dalla von der Leyen il 1° novembre. Data che coinciderebbe – è bene ricordarlo – con il divorzio del Regno Unito dall’Ue, per il quale non si è trovato ancora un accordo praticabile.
Per completare il futuro collegio è necessario dunque effettuare in pochi giorni nuove audizioni per il prossimo candidato francese alla carica di commissario, oltre a quelle per i candidati ungherese e romeno che devono ancora essere ascoltati dalle commissioni parlamentari. A complicare la situazione la caduta, sempre il 10 ottobre, del governo romeno: Bucarest avrà bisogno di qualche giorno ancora per dar vita a un nuovo governo che poi deciderà il nome del proprio candidato alla Commissione.
Resta infine sul tavolo il gioco di ostacoli, sgambetti, antipatie e vere e proprie insofferenze che si respirano al Parlamento europeo, dove è in atto un (non troppo) sotterraneo conflitto tra partiti, tra leader politici, tra diverse nazionalità, tra Paesi dell’ovest e dell’est. Un avvio tutto in salita per la nuova legislatura europea, del quale gli eurodeputati, i leader Ue e i governi nazionali dovranno assumersi le responsabilità dinanzi ai cittadini europei.