Canonizzazione
La fondatrice delle Figlie di San Camillo, figlia della Città eterna e romana doc, verrà canonizzata domenica 13 ottobre con il card. Newman ed altri beati, perché ha mostrato la santità della Chiesa divenendone segno e frutto tra i più maturi ed eloquenti. La postulatrice suor Bernardette Rosoni sottolinea che “la sua è stata una carità molto larga, verso tutti”
Nella città eterna, piazza san Pietro ha il ruolo privilegiato di offrirsi al mondo come cassa di risonanza di tutte quelle parole che Dio pronuncia con la vita dei suoi santi!
È quanto accadrà anche domani, domenica 13 ottobre, in occasione della canonizzazione di
madre Giuseppina Vannini che, come il card. Newman ed altri beati, ha mostrato la santità della Chiesa divenendone segno e frutto tra i più maturi ed eloquenti.
I santi parlano al mondo, ma per Madre Vannini, sono tanti i motivi che la rendono in un certo senso unica anche a livello diocesano. In primis c’è da considerare che si tratta di
una santa figlia della Città eterna, una romana doc.
Un evento questo, che non si verificava da 411 anni, cioè da quando Francesca Ponziani, meglio nota come Francesca Romana non saliva all’onore degli altari nel 1608 canonizzata appunto da Paolo V. È interessante quindi scoprire come la vita di questa suora, vissuta a cavallo tra il 1800 e il 1900, sia stata anzitutto
una testimonianza viva di fede e carità verso gli ultimi
per gli uomini e le donne di quel tempo. Ma soprattutto, appare chiaro quanto la sua storia, intrecciata a doppio filo con quella dei suoi poveri, dei suoi ammalati e carcerati, sia stata un segno così luminoso per la città e la diocesi da esser indicata, proprio dal cardinale vicario Angelo De Donatis nel settembre scorso, modello ed esempio da imitare per ascoltare “il grido della città”. Nata il 7 luglio del 1859, nel cuore della capitale, rimarrà ben presto orfana. Affidata alle cure delle suore Vincenziane crescerà nel desiderio di consacrarsi alla vita religiosa. Dopo diversi tentativi di discernimento negli istituti a lei vicini, sarà Padre Luigi Tezza a indicarle la strada: ripristinare le Terziare Camilliane. Una vita, la sua, spesa a servizio dei malati e degli infermi nel corpo e nell’anima, la cui eredità conta oggi ottocento suore professe, strutture sanitarie in 23 paesi e 4 continenti. Nella loro professione di fede figli e figlie di san Camillo aggiungono ai consueti tre voti religiosi, un quarto in cui si impegnano a non abbandonare mai i malati, neanche quelli infettivi.
“La sofferenza è vinta solo dall’amore – spiega suor Bernardette Rosoni, postulatrice delle Figlie di San Camillo – ed è quanto ha messo in pratica la nostra fondatrice. San Camillo ai suoi religiosi chiedeva di servire gli ammalati con cuore di madre, ed è stata proprio Giuseppina Vannini a declinare con la sua maternità questa esortazione, con un amore femminile verso gli ammalati”.
Qual è il clima che si respira in questi giorni alle soglie di questa data importante?
“C’è questo clima di attesa e di grandissima gioia per noi.
I festeggiamenti per celebrare la nostra fondatrice sono tutti all’insegna delle opere di misericordia con appuntamenti nella città tra malati e carcerati.
Stiamo ricevendo numerose visite qui alla casa generalizia di Grottaferrata e la scorsa settimana il vescovo di Sinop (diocesi brasiliana in cui nel 2007 è avvenuto il miracolo per la canonizzazione) è stato qui da noi condividendo l’entusiasmo di poter sentire questa santa vicina alla sua diocesi e all’Amazzonia e cogliendo la sua intercessione di madre anche in questo Sinodo”.
Suor Bernadette, qual è la parola che Giuseppina Vannini incarna con la sua vita?
“Servizio e carità, cioè
una vita donata agli altri per lenire la sofferenza dei fratelli, degli ammalati, dei poveri. La fondatrice però ha anche una predilezione per i bambini.
Nella sua vita ha sofferto tanto sin da piccola e ci sono alcuni avvenimenti in cui lei ha portato dei bambini nella casa per curarli e per accudirli. Attualmente anche nelle grazie di cui riceviamo segnalazioni, noi vediamo questa predilezione per i piccoli.
La sua è una carità molto larga, verso tutti”.
Il miracolo che ha sancito la canonizzazione riguarda invece un operaio brasiliano. Era il 19 febbraio del 2007 e Arno Celson Klauck mentre lavora alla costruzione della casa di Riposo Madre Giuseppina Vannini precipita nel vano dell’ascensore ad un’altezza di 10 metri. Nella caduta, che vede staccarsi anche una parete, l’operaio invoca la santa “Madre mia aiutami!” e all’arrivo dei primi soccorsi l’uomo viene trovato completamente illeso, ad accezione di un taglio sul labbro.
Madre Vannini, una donna in ascolto del suo Sposo, della sua Chiesa, del grido della sua città, una testimonianza attuale che ha fatto dell’esortazione di San Camillo ai suoi religiosi “più cuore nelle mani fratelli, più cuore” un vero e proprio programma di santità.