A sei mesi dal rogo
Sei mesi fa le fiamme divorano in diretta mondiale la cattedrale di Parigi. Tra lentezze e burocrazia, l’arcidiocesi di Parigi ha organizzato una conferenza stampa per fare il punto sui lavori e sulle donazioni fino ad oggi ricevute. Il rettore mons. Chauvet: “Non mi aspettavo una tale generosità e dimensione affettiva. E quando parlo di dimensione affettiva mi riferisco a tutte quelle persone che guardando alla cattedrale in fiamme, hanno pianto. Esiste quindi uno ‘spirito della cattedrale’, un’anima che non si è mai distrutta”
La speranza? È che presto, una volta messo l’edificio in sicurezza, si possa riprendere a celebrare la Messa. Perché è vero che Notre-Dame è un patrimonio artistico dell’umanità, “un luogo che per la sua storia, tocca il cuore del mondo” ma è anche “una chiesa costruita per essere una chiesa” e seppur ferita, continua a rimanere la “cattedrale di Parigi”. A sei mesi dall’incendio che ha devastato Notre-Dame, l’arcidiocesi di Parigi ha organizzato una conferenza stampa per fare il punto sulla situazione, sulle donazioni finora ricevute ma soprattutto per rilanciare l’appello a riaprire una parte del sagrato per installare una copia della madonnina in modo che i pellegrini possano raccogliersi in preghiera.
“Ricostruiremo insieme questa cattedrale in cinque anni”, aveva promesso il presidente Emmanuel Macron la notte del 15 aprile. Tutti – presi dallo choc delle fiamme che divoravano la guglia e dallo slancio di solidarietà planetaria – ci avevano creduto. Ma i lavori si sono rivelati più complicati di quanto non si pensava e i tempi del cantiere si sono irrimediabilmente allungati. Due sostanzialmente i motivi del rallentamento: la messa in sicurezza del cantiere e la burocrazia. Un esempio tra tutti è lo stop dei lavori ordinato dalla Prefettura di Parigi nel mese di luglio a causa delle esalazioni di piombo dovute alla guglia fusa. Sebbene non siano stati riscontrati livelli allarmanti, il cantiere di Notre-Dame ha riaperto solo un mese dopo ma le procedure di sicurezza sono diventate molto più rigide. Gli operai lamentano che tra maschere, guanti, scafandri e addirittura l’obbligo della doccia in uscita dalla ”zona contaminata”, su 8 ore di lavoro se ne fanno effettivamente 3 ore e mezza. “È evidente – risponde alle osservazioni mons. Benoit de Sinety, vicario generale dell’arcidiocesi – che il codice del lavoro e la legge devono essere applicate”. Ciò che però preoccupa di più è “lo scoraggiamento” di chi sta lavorando sul campo. “Stanno facendo un lavoro straordinario”. “Speriamo possano continuare a farlo con l’entusiasmo dell’inizio”.
“Quando si vede bruciare una cattedrale come Notre-Dame si è presi da uno choc, direi anche da uno choc spirituale”, dice mons. Patrick Chauvet, rettore di Notre-Dame. “La cattedrale è nel cuore dei parigini, dei francesi, e supera i nostri confini. Non mi aspettavo una tale generosità e dimensione affettiva. E quando parlo di dimensione affettiva mi riferisco a tutte quelle persone che guardando alla cattedrale in fiamme hanno pianto. Cristiani e non che piangevano di fronte a questo edificio che amavano e che rischiava di sparire per sempre.
Esiste quindi uno ‘spirito della cattedrale’, un’anima che non si è mai distrutta”.
Burocrazia. L’arcidiocesi precisa che da quasi 100 anni, la cattedrale di Parigi è proprietà dello Stato. Il 16 luglio scorso il Parlamento francese ha approvato una legge che, oltre a definire l’orientamento del progetto (“nel rispetto del carattere storico, artistico e architettonico”), ha istituito una Agenzia con poteri di ampio respiro, incaricata di coordinare e gestire l’intera operazione. È l’Agenzia a ricevere tutti i fondi raccolti a livello nazionale e internazionali e al consiglio di amministrazione figura per conto dell’arcivescovo di Parigi, mons. Benoit de Sinety. Incontrando i giornalisti, l’arcidiocesi ha ovviamente dato conto dei fondi finora raccolti dalla Fondazione Notre-Dame che ad oggi – ha detto Christophe Rousselot, delegato generale – ammontano ad un totale di 37 milioni di Euro donati da 47mila persone di 109 Paesi del mondo. A questa somma vanno aggiunte le donazioni promesse e recentemente “concretizzate” di “grandi imprenditori” come François e François-Henri Pinault che il 30 settembre scorso ha concretizzato la promessa di 100 milioni di euro e Bernard Arnault che a nome della sua famiglia e del gruppo ha donato 200 milioni di euro. I versamenti di queste grandi donazioni si estenderanno per parecchi anni, lungo cioè il corso del cantiere di restauro a richiesta che farà di volta in volta la Fondazione. In conferenza stampa, l’arcidiocesi ha fatto appello a tutti i bambini affinché aderiscano al progetto “disegna Notre-Dame”. Prima del 1° marzo, saranno selezionati i vincitori e i disegni prescelti saranno stampati sui teloni che coprono il cantiere di Notre-Dame. Nessuno si espone sui tempi. L’arcidiocesi però sa quale deve essere l’obiettivo finale di tutti gli sforzi: “riportare il prima possibile l’edificio ad essere di nuovo luogo di culto”, dice Philippe Villeneuve architetto incaricato dalla cattedrale, “perché è questa la sua principale vocazione” .