Manifestazioni

Libano. Il popolo unito invade le piazze per protestare contro il carovita e la corruzione

Dopo due giorni di blocchi stradali e di manifestazioni di protesta sparpagliate un po’ su tutto il territorio libanese, la folla oggi a Beirut converge verso piazza dei Martiri e il Parlamento in massa. Circa 150mila persone, soprattutto giovani, sono scese per le strade. Secondo fonti locali almeno due persone sono morte e decine sono invece rimaste ferite durante i disordini nel centro della Capitale

Quando la folla arriva a riunirsi in massa a piazza dei Martiri, il luogo simbolo delle rivoluzioni libanesi, vuol dire che le cose si fanno serie. Dopo due giorni di blocchi stradali e di manifestazioni di protesta sparpagliate un po’ su tutto il territorio libanese (più piccolo del Lazio), la folla oggi converge verso piazza dei Martiri e il Parlamento in massa.

Circa 150mila persone, soprattutto giovani, sono scese per le strade.

Secondo fonti locali almeno due persone sono morte e decine sono invece rimaste ferite durante i disordini nel centro della Capitale. Una protesta che non tocca solo Beirut. In altre regioni del nord, est e sud del Libano strade e autostrade sono state bloccate da pneumatici dati alle fiamme.

Alla base della protesta il carovita che continua a salire e il dilagare della corruzione. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la proposta di una nuova tassa, l’ennesima, su Whatsapp, incredibile infortunio governativo. Il ministro delle Telecomunicazioni l’ha sì ritirata, ma la popolazione ormai era scesa in piazza,

dopo mesi in cui il dollaro si era fatto sempre più raro (qui c’è la doppia circolazione), a testimonianza di una svalutazione di fatto della lira libanese, che il governo non vuole ammettere, e che crea sempre più danni alla povera gente, e ormai anche alla classe media. Ecco, probabilmente in piazza oggi è rappresentata più quest’ultima categoria sociale che i veri poveri. E come nel 2005 – quando la protesta era indirizzata contro gli occupanti siriani in seguito all’attentato contro Rafik Hariri – anche stavolta

nella folla è facile scorgere e trovare tutto il Libano, mescolato insieme. In piazza infatti ci sono i rappresentanti delle 18 etnie che lo compongono ufficialmente. E così non è difficile vedere francescani a braccetto con imam sciiti e muftì sunniti, drusi e alawiti che camminano e urlano slogan insieme.

Insomma, una protesta che se non fosse per le difficoltà e i problemi che quotidianamente vivono i cittadini tanto da spingerli, ormai da giorni, a protestare contro il governo, la presenza così colorata e così compatta di uomini e donne di etnia e religione differenti, potrebbe far pensare anche ad un clima di festa in cui trovano posto persino i bambini.

Quello che è in strada è il Libano umiliato da una politica corrotta e incapace, dai veti incrociati, dai ricatti politicanti, si ribella e chiede un nuovo governo.

Il quale non ha avuto migliore idea che annullare la riunione del consiglio dei ministri prevista per oggi. Il governo latita di fronte a un Paese ormai allo stremo (non certo quel 7-10 per cento di ricchi che ha patrimoni da far spavento), che chiede di poter vivere in pace e senza dover vivacchiare privo di lavoro e soprattutto prospettive.
Futuro? Incertissimo. In piazza ci sono un gran numero di teppisti, i provocatori di diverse parti politiche sono all’opera e probabilmente cercheranno di trasformare la festa che protesta in una tragedia della protesta. Una donna sulla trentina, raggiante nella folla, dice: “Notre Dame du Liban, protège-nous”. Ce n’è bisogno, per evitare il peggio.