Infanzia
A Roma tre centri interculturali per minori stranieri ed italiani da 0 a 6 anni – “Piccolo mondo” della cooperativa Roma Solidarietà della Caritas di Roma,”Munting Tahanan” di Cfmw Italia e “Il sorriso di Gaia” di Virtus Italia onlus – rischiano di chiudere. Le convenzioni sono scadute a maggio e non è ancora uscito il bando promesso. Nonostante le ripetute richieste di incontro inviate all’Assessorato alla persona, scuola e comunità solidale di Roma Capitale, dal Comune nessuna risposta
“Non lasciate in mezzo alla strada 150 bambini”: è l’appello preoccupato dei responsabili di tre centri interculturali per minori stranieri ed italiani da 0 a 6 anni di Roma Capitale. L’asilo “Piccolo mondo” della cooperativa Roma Solidarietà della Caritas di Roma, l’asilo “Munting Tahanan” (“Piccola casa” in filippino) di Cfmw Italia e “Il sorriso di Gaia” di Virtus Italia onlus rischiano di chiudere perché sono da mesi in una situazione di stallo ed emergenza, a causa delle convenzioni scadute a maggio. Nonostante una proroga di due mesi fino a luglio, il nuovo bando comunale non è ancora uscito. Le risorse pubbliche consentivano di tenere molto basse le rette o addirittura di non far pagare i bambini che hanno alle spalle più gravi situazioni di disagio sociale. Ora i centri si stanno facendo totalmente carico delle spese e hanno dovuto raddoppiare le tariffe, con pesanti ricadute sui genitori. Molte famiglie socialmente fragili, con lavori precari e in nero, sono stati costretti a ritirare i figli. Questi centri interculturali usano modelli pedagogici di grande qualità, e operano da venti o trent’anni in quartieri con fasce di disagio molto visibili o sommerse: a Torre Angela, Pineta Sacchetti, Boccea. Il cambio della guardia e il passaggio di consegne all’Assessorato alla persona, scuola e comunità solidale di Roma Capitale – a settembre Veronica Mammì è subentrata a Laura Baldassarre – ha probabilmente rallentato i processi decisionali.
In un lungo post di congedo sui social l’assessora Baldassare aveva elencato i frutti del suo lavoro di tre anni e precisato di aver avviato il lavoro “per l’evoluzione dei Centri interculturali in Servizi educativi interculturali, da rendere fruibili gratuitamente su tutto il territorio”.
Nei mesi precedenti c’erano state, infatti, interlocuzioni dirette con i referenti delle organizzazioni, con l’assicurazione che il nuovo bando sarebbe uscito a settembre 2019. Il 14 ottobre le tre realtà hanno scritto una nuova lettera per chiedere un incontro ma ad oggi non c’è stata nessuna risposta, nemmeno a livello informale.
Buone prassi che hanno rappresentato per anni il fiore all’occhiello di tutte le amministrazioni capitoline, e che contribuiscono a reali politiche di integrazione tra italiani e stranieri, ora rischiano di scomparire.
Con conseguente perdita di posti di lavoro.
L’asilo “Piccolo mondo” della Caritas di Roma. A Roma ovest e nel mondo ecclesiale molti conoscono, ad esempio, l’asilo nido multietnico “Piccolo mondo”, in via Gregorio IX a Pineta Sacchetti, gestito dalla cooperativa Roma Solidarietà che fa capo alla Caritas di Roma.
Libri, documentari, servizi televisivi e giornalistici hanno documentato questa esperienza innovativa voluta nel 1990 dall’allora direttore della Caritas di Roma monsignor Luigi Di Liegro.
Al “Piccolo Mondo” sono accolti oggi 40 bambini: il più piccolo ha 6 mesi, il più grande 2 anni e mezzo. Il 60% sono italiani, gli altri latinoamericani, romeni, ucraini, africani e asiatici. Un modello replicato negli anni anche dal Comune, che ha applicato in parte il metodo pedagogico negli asili pubblici, vista la presenza consistente di figli di immigrati. “Siamo anche disponibili a ridiscutere il modello se c’è bisogno di integrarlo in maniera diversa nel sistema generale – spiega al Sir Lorenzo Chialastri, responsabile dell’area immigrazione della Caritas di Roma -. E’ la prima volta in 28 anni che ci troviamo senza un bando a cui poter partecipare. Ma se permane questa situazione di incertezza e mancanza di interlocuzione è uno stillicidio continuo: possiamo farcela ancora per un anno con le nostre risorse ma poi rischiamo di chiudere, con grande dolore delle famiglie, anche quelle italiane che hanno fatto una scelta precisa di portare i loro figli da noi. Chiediamo almeno un dialogo”.
Il centro “Munting tahanan” della comunità filippina. L’asilo “Munting tahanan” nato nel 1996 dalla comunità cattolica filippina è stato uno dei primi centri interculturali della capitale. E’ a due passi da piazza Irnerio e via Baldo degli Ubaldi (quartiere Boccea) e si trova ora in maggiori ristrettezze economiche. Tant’è che gli educatori, pur di mandare avanti il servizio, stringono i denti e fanno ore di volontariato in più. Sono stati però obbligati a raddoppiare le rette e alcune famiglie rinunciano al lavoro e tengono i figli a casa perché non possono pagare. Ora ci sono 42 bambini di tante nazionalità, compresi gli italiani. Molti sono lì perché non sono riusciti a rientrare nelle graduatorie dei nidi comunali. “Stiamo facendo tutti grossi sacrifici – racconta Luisa Pagano, volontaria della Cfmw (Commission for filipino migrant workers Italia, l’associazione che gestisce il centro) -. Dal Comune tutto tace, nessuno risponde, nessuno ci ha convocato per capire come andare avanti, come accadeva di solito alla scadenza del bando”.
“Non si può buttare alle ortiche una esperienza ventennale. L’auspicio è che si riesca a trovare un dialogo”.
“Il sorriso di Gaia” a Torre Angela. In seguito all’aumento delle rette sono già scesi da 60 a 50 i bambini accolti dall’asilo “Il sorriso di Gaia” a Torre Angela, periferia est di Roma, dove non mancano le fragilità sociali. “Lavoriamo da 18 anni in un territorio di frontiera, carente di servizi pubblici – precisa Andrea Scarcelli, responsabile dell’area infanzia di Virtus Italia Onlus -. Noi incontriamo le fasce di popolazione più deboli. Con il vecchio bando 35 famiglie non pagavano, agli altri chiedevamo 160 euro al mese: ora dobbiamo chiederne 280″.
“Molte famiglie non ce la fanno e non so quanto riusciremo a reggere in queste condizioni. Tutte le nostre richieste sono cadute nel vuoto, nessuno ci risponde, nemmeno al telefono”.
L’appello alla nuova assessora è chiaro e diretto: “Ci ascolti e dia seguito al mandato precedente. Ci dia almeno la possibilità di essere ascoltati e ricevuti”.