Politica

Azzardo e altre dipendenze. Barberis (Apg23): “Noi operatori penalizzati dall’indifferenza”

Poca attenzione alle problematiche legate alle dipendenze sia di sostanze sia dal gioco d’azzardo: è quello che si è registrato subito nel programma di governo presentato dal premier Giuseppe Conte per la nuova compagine giallo-rossa e che è stato confermato, ora, con il decreto fiscale 2020 collegato alla prossima legge di bilancio, pubblicato dal Consiglio dei ministri sulla Gazzetta ufficiale del 26 ottobre. Tra l’altro il decreto, prevede la “lotteria degli scontrini”: un messaggio profondamente diseducativo, secondo la Comunità Papa Giovanni XXIII, che auspica, sul fronte delle dipendenze, che non si vada verso la legalizzazione delle sostanze, a partire dalla cannabis e dai suoi derivati, e, su quello del gioco d’azzardo, che arrivi un impegno serio. Necessari, infine, finanziamenti alle agenzie educative e alle comunità terapeutiche che già si prendono in carico persone in difficoltà

La lotta all’azzardo e alle dipendenze è prioritaria in Italia? La risposta dovrebbe essere scontata, ma, al di là dei proclami, si deve fare i conti con il bilancio dello Stato. Se nel programma del nuovo governo giallo-rosso era inserita solo una frase al 22° punto, dedicata al grave problema del gioco d’azzardo – “Sarà rafforzata l’azione di contrasto al gioco d’azzardo patologico” -, inizialmente neppure contenuta nella prima versione del programma, ora nel decreto fiscale 2020 collegato alla prossima legge di bilancio, pubblicato dal Consiglio dei ministri sulla Gazzetta ufficiale del 26 ottobre, ci sono alcuni elementi che destano allarme: ad esempio, la proroga per la concessione di scommesse e sale Bingo, lo slittamento del termine per la sostituzione delle slot in funzione con terminali da gioco da remoto, la lotteria degli scontrini. A preoccupare chi è in prima linea a combattere l’azzardo e le altre forme di dipendenza, prima fra tutte la droga, è il poco sostegno che viene dato alle comunità terapeutiche, nonostante i numeri parlino chiaro: sono 4 milioni gli italiani che nel 2017 (ultimo dato disponibile) hanno fatto uso di sostanze psicoattive illegali, 460mila hanno bisogno di trattamenti terapeutici per una dipendenza conclamata, sono 18 milioni gli italiani che giocano d’azzardo almeno una volta all’anno e quasi un milione i giocatori problematici. Sulle azioni necessarie per un contrasto efficace alle dipendenze abbiamo raccolto il parere di Meo Barberis, che dal 1983 si occupa per la Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) del settore dipendenze.

Qual è lo scenario delle dipendenze patologiche oggi?

È molto preoccupante, purtroppo. Innanzitutto, stiamo assistendo a un ritorno significativo dell’eroina e dei prodotti oppiacei in genere, alla moltiplicazione delle nuove molecole sintetiche, a partire dall’ecstasy e altre sigle, che oramai si fabbricano facilmente, e allo sviluppo delle dipendenze senza sostanze, pensiamo alle videodipendenze, incoraggiate dalle abitudini di un utilizzo non intelligente delle tecnologie e degli smartphone in tutte le fasce di età. In questo s’inserisce il grosso problema del gioco d’azzardo patologico (gap), anch’esso trasversale a tutte le età. È calcolato che i giocatori problematici vicini a una situazione patologica in Italia siano quasi un milione, con conseguenze sulla vita personale e familiare di chi ne è coinvolto drammatiche.

Purtroppo notiamo delle spinte alla normalizzazione delle problematiche della dipendenza.

Spesso si utilizza un paragone con la presenza di sostanze psicoattive legali quali l’alcol per dire, banalizzando, che ormai è nella nostra società, nel nostro costume e, quindi, dobbiamo accettare e regolare questi fenomeni perché il proibizionismo è fallito. Noi riteniamo che questo sia un approccio assolutamente sbagliato, perciò dal governo giallo-rosso ci aspettiamo che non ci siano derive di legalizzazione e liberalizzazione delle sostanze a partire da tutti i derivati della cannabis, come alcune frange sia del Movimento 5 Stelle sia del Partito democratico ormai propongono.

E sul fronte del gap?

Già da anni questa situazione di malattia è stata inserita nei Livelli essenziali di assistenza, quindi è riconosciuta come patologia, ma a questo non si è accompagnata la scelta, più volte proclamata, di smettere di pubblicizzare, da parte dello Stato, l’incentivo al gioco. È ben noto come ormai da trent’anni ci sia stato un continuo moltiplicarsi delle occasioni di gioco anche legale, con la giustificazione di finanziare provvedimenti di varia natura e sanare i bilanci dello Stato. Questo è un atteggiamento assolutamente inaccettabile, per cui, all’abolizione della pubblicità del gioco deve accompagnarsi il contrasto della tendenza a fare cassa incentivando le occasioni di gioco sia presso le ricevitorie sia on line. Non va dimenticato poi che al gioco legale, si aggiunge tutto il grande mondo del sommerso, di difficile quantificazione ma non per questo di dimensione inferiore. Tante azioni promesse da tempo dai vari governi che si sono succeduti ma mai attuate.Cosa pensa delle novità introdotte dal decreto fiscale 2020, come la proroga per la concessione di scommesse e sale Bingo o il rinvio del termine per la sostituzione delle slot in funzione?

Si continua a registrare un atteggiamento di cerchiobottismo: da un lato, c’è l’impegno a contrastare un fenomeno che ha le drammatiche dimensioni che sono note a tutti, ma, dall’altro, questa proclamata intenzione si scontra con la necessità di reperire soldi per il bilancio dello Stato. Infatti, la lotta all’evasione viene sbandierata ma non è facile da attuare anche perché si va a scontrare con poteri forti: il suo mancato successo viene in parte compensato con il reperimento di altri fondi rimandando misure che sono assolutamente indispensabili, come il contrasto forte al gioco d’azzardo, una limitazione delle possibilità di gioco legale a cui si aggiungono quelle illegali, tutele maggiori per i minori con macchinette più controllabili tecnologicamente.

Tutto viene messo in ombra dall’esigenza di fare cassa. E questo è inaccettabile.

E come giudica la lotteria dello scontrino?

È ridicola: anni fa don Oreste Benzi, fondatore della nostra comunità, ci raccontò di aver saputo che ai dipendenti di alcuni ministeri romani, che arrivavano in orario al lavoro, veniva dato un premio. A Roma il traffico è terribile, lo sappiamo, ma il suo commento fu: “Per incentivare a fare il proprio dovere, occorre dare un premio?”. La lotteria dello scontrino va nella stessa direzione: per fare il nostro dovere civile di pagare con l’Iva, cioè di pagare in maniera regolare, dobbiamo pensare di avere un premio, un’occasione di vincita ancora una volta basata sulla fortuna. Non ha nessun senso ed

è un messaggio profondamente diseducativo.

Pretendere che il pagamento avvenga in maniera regolare è dovere civico che spetta a tutti noi. E ancora una volta la dea bendata fortuna viene presentata come la risposta ai nostri problemi, ma non è così: la risposta ai nostri problemi sta nel prendere in mano la nostra vita con coraggio e determinazione e portarla avanti secondo i doni dati a ognuno.

Si dovrebbe agire, allora, anche a livello culturale?

Sì, serve anche un’attività di sensibilizzazione culturale. Siamo una società che incentiva il tutto subito, senza fatica. L’illusione magica della vincita che ti sistema la vita e che ti risolve tutti problemi va in questa direzione. A questo livello crediamo molto che il problema sia culturale, educativo e pedagogico: nel momento in cui facciamo funzionare le realtà educative pubbliche e private, a partire dalla scuola, facciamo la vera prevenzione necessaria; da questo punto di vista,

chiediamo di investire economicamente e con risorse umane su tutte le agenzie educative.

L’abolizione della pubblicità è il primo passo, ma è la crescita armonica della persona che permetterà di contrastare e gestire le spinte del consumismo, del capitalismo aggressivo e rampante del tutto subito senza fatica.

Cosa sarebbe necessario fare?

Oltre a vietare la pubblicità e a proporre un modello di vita diverso, deve esserci congruenza a tutti i livelli. Nel momento in cui il gioco d’azzardo patologico è stato inserito nei Lea è chiaro che ciò diventa lettera morta se non sono previsti dei finanziamenti mirati, magari togliendo l’ipocrisia che una parte dei guadagni dello Stato vengono usati per curare chi si è ammalato: è una situazione paradossale. I servizi pubblici per le dipendenze, i Serd, sono continuamente penalizzati a livello di finanziamenti e di personale, ancora oggi non è previsto il sostegno del privato sociale, agenzie, comunità terapeutiche, organizzazioni dedite al recupero delle persone, che di fatto già accolgono numerose persone che hanno il problema delle dipendenze dall’azzardo patologico. Se si vuole esercitare un’azione di contrasto bisogna dare gambe per camminare: occorrono i finanziamenti.

Vi sentite lasciati soli?

In Italia, a partire dai primissimi anni ’80, tutte le cosiddette comunità terapeutiche sono nate su base volontaria, la maggior parte all’interno del mondo della Chiesa. Gli interventi mirati sul gioco d’azzardo patologico da parte nostra e di altre agenzie sono partiti da tempo, ma tutti gratis et amore Dei: e questo è oggettivamente limitante.

Purtroppo, siamo penalizzati dall’indifferenza.