Sette mesi dopo
Il ricordo dello spaventoso incendio che distrusse la cattedrale di Parigi è ancora vivo nelle parole dell’organista che da più di trent’anni fa risuonare le note degli inni sacri nelle navate di Notre-Dame. Olivier Latry racconta al Sir le speranze per la ricostruzione e le ansie per il restauro dell’organo: “Perché la situazione si assesti occorrerà attendere un anno e questo rappresenta un problema, perché c’è tanta fuliggine e polvere di piombo”.
È il pomeriggio del 15 aprile. Mentre il cielo inizia a rosseggiare, una densa colonna di fumo si alza dall’Ile de la Cité, l’isola nella Senna. Ad essere divorata dalla fiamme è la cattedrale di Notre-Dame, il cuore di Parigi, che con i suoi 14 milioni di visitatori e pellegrini l’anno, è uno dei luoghi più visitati del mondo. E il mondo intero rimane per ore con il fiato sospeso, seguendo le immagini in diretta televisiva, in attesa di sapere se Notre-Dame si sarebbe salvata.
Da quel giorno sono trascorsi quasi sette mesi, ma il ricordo di quelle ore è vivo nel cuore e nella mente di una delle persone che per oltre trent’anni ha frequentato e vissuto la cattedrale di Parigi. Olivier Latry è uno dei più noti organisti e concertisti al mondo e da 34 anni è titolare della cattedrale di Notre-Dame insieme a Philippe Lefebvre e Vincent Dubois. Ha solo 23 anni quando vince il posto di organista messo a concorso dopo la morte di Pierre Cochereau (1924-1984).
Nei giorni scorsi Latry è arrivato dagli Stati Uniti a Bolzano per il concerto inaugurale del ristrutturato e rinnovato organo di S. Gregorio nel duomo del capoluogo altoatesino. Il Sir lo ha incontrato durante le prove.
Che ricordo ha dell’incendio di Notre-Dame?
È stata una giornata drammatica. Non ero a Parigi. Mi trovavo a Vienna per una serie di concerti. Ricordo che nel momento preciso in cui sono entrato nella mia camera a Vienna ho ricevuto un messaggio da Parigi con una foto scattata da un’altura nei dintorni della città, da dove si può vedere bene Notre-Dame. Ogni cinque minuti mi arrivava una nuova foto. “Notre-Dame è in fiamme! Che succede?”. Sono state ore di grande apprensione e tristezza. Ho trascorso tutta la notte a telefonare con i colleghi di Notre-Dame e con gli amici, seguendo in televisione l’evolversi della situazione.
Quand’è che ha visto per la prima vota Notre-Dame dopo l’incendio?
Il giorno dell’incendio, il 15 aprile, era il lunedì della Settimana Santa e io sarei dovuto rimanere per dieci giorni a Vienna, perché dovevo fare una registrazione al Musikverein. In accordo con gli organizzatori, abbiamo cambiato i programmi, così da permettermi di tornare a Parigi per la domenica di Pasqua. Ero con mia moglie. Entrambi eravamo molto tesi, perché non sapevamo cosa avremmo trovato. Siamo arrivati a Notre-Dame dalla “parte giusta” e ci siamo trovati davanti alla facciata. Era già primavera, il sole splendeva ed era straordinariamente bello. La cattedrale era lì, davanti a noi, forte e stabile e sembrava dirci “io sono ancora qua e sarò qua ancora per mille anni”. È stata un’emozione incredibile.
È potuto entrare nella cattedrale?
Dopo l’incendio sono entrato a Notre-Dame una sola volta. È stato sufficiente.
È spaventoso vedere Notre-Dame ora.
Mette molta tristezza.
L’organo ha subito dei danni?
L’organo deve essere completamente restaurato, ma al momento è impossibile, perché non ci sono le condizioni minime di sicurezza. C’è, infatti, ancora il pericolo che il tetto possa cadere. Perché la situazione si assesti occorrerà attendere un anno e questo rappresenta un problema per l’organo, perché c’è tanta fuliggine e polvere di piombo. Ora si è seccata, ma tra un anno, con le variazioni climatiche può diventare umida e più difficile da rimuovere. E poi ci sono gli sbalzi termici: la scorsa estate è stata molto calda e ora arriverà il freddo dell’inverno e poi ancora un’altra estate. Bisogna vedere come l’organo reagirà a questi sbalzi di temperatura, che finora non aveva mai dovuto affrontare.
Il giorno successivo all’incendio, il presidente Macron ha detto che la cattedrale sarà ricostruita in cinque anni. Lei cosa pensa?
Non lo so, ma lo spero. Non è impossibile. Ho parlato con gli architetti della cattedrale. Viollet Le Duc (1814-1879), che ha restaurato la cattedrale nel XIX secolo, ha impiegato un anno e mezzo per costruire la flèche, la cuspide centrale che è collassata sul tetto. Perché non credere che oggi si possa impiegare meno tempo?
Lei è da 34 anni organista a Notre-Dame. Qual è il suo legame con la cattedrale di Parigi?
A Notre-Dame siamo in tre organisti titolari: oltre a me ci sono Philippe Lefebvre e Vincent Dubuois. Per le celebrazioni ci siamo sempre alternati e quindi io dovevo suonare in cattedrale ogni tre domeniche. Non è tanto. Durante questi trent’anni, inoltre, l’organo è stato restaurato due volte e questo lo ha portato a rimanere “in silenzio” per sei anni. C’è da dire, però, che io abito non lontano da Notre-Dame, mentre i miei colleghi vivono a Strasburgo e a Montpellier, così,fino al giorno dell’incendio, quando ero a Parigi potevo andare a provare e suonare quasi ogni giorno in cattedrale. Questo mi ha permesso di trascorrere molto tempo a Notre-Dame.
E ora?
Continuo a fare molti concerti, come già facevo prima, insieme a mia moglie, che è anche lei organista. Alle volte suoniamo insieme, ma non sempre. Nei prossimi giorni saremo tutti e due negli Stati Uniti, ma non nella stessa città. Ciascuno di noi ha una sua tournèe. Per i prossimi tre anni sono ‘Artist-in-Residence’ all’università del Kansas e poi ho un progetto analogo che mi porterà due settimane all’anno in Cina. Il prossimo anno sarò impegnato la prima esecuzione di un concerto per organo di Pascal Dusapin. E poi ci sono le registrazioni. Il lavoro non manca.
Quanti concerti fa all’anno?
Una sessantina. Non sono poi così tanti.
Lei è venuto a Bolzano per il concerto inaugurale del ristrutturato organo del duomo. Che ne pensa?
Sono stato felice che l’organista del duomo, Tobias Chizzali, abbia suonato ieri, al mio arrivo, così da farmi sentire quello che è il suono che arriva sotto, nella navata. Il nuovo organo di S. Gregorio ha un suono molto presente e forte che è diverso – come è logico che sia – se lo si ascolta qui, sul coro, o giù, nella navata del duomo. L’organo di Notre-Dame è costruito in maniera tale che l’organista, quando suona, è rivolto verso il presbiterio…
Per l’altezza a cui è posizionato l’organo, non è possibile vedere la gente che è nella navata, si riesce solo a vedere quello che accade in presbiterio. C’è però una diversa percezione del suono quando la gente canta. Lo si avverte in particolare durante le ordinazioni, al momento della recita delle litanie dei santi, quando la gente canta “prie pour nous”, “prega per noi”: il suono sale dal basso e ti avvolge. È straordinario.