Tensioni a Gaza
Sale la tensione a Gaza dopo che Israele ha ucciso la scorsa notte, in un raid, Baha Abu al-Ata, capo militare della jihad islamica palestinese. Fitto lancio di razzi da parte dei militanti e nuova risposta israeliana con due palestinesi uccisi. In totale il bilancio dell’operazione israeliana è di 4 morti e 25 feriti. “Preghiamo che non si verifichi un’ulteriore escalation del conflitto. Sarebbe davvero devastante per tutti i gazawi” già alle prese con difficili condizioni di vita. A raccontare queste ore a Gaza è il nuovo parroco latino, padre Gabriel Romanelli. L’impegno della piccola comunità cristiana per la pace e la riconciliazione e la preghiera davanti ai cinque tabernacoli, “cinque come le piaghe di Cristo”. La salita al Calvario di Gaza avviene anche pregando
“La situazione è molto tesa. Oggi è tutto chiuso, scuole, edifici pubblici. Siamo in attesa che passi questa ondata di tensione e preghiamo che non si verifichi un’ulteriore escalation del conflitto. Sarebbe davvero devastante per tutti i gazawi che già vivono una quotidianità difficile per mancanza di servizi di base e di prospettive di vita sicura”.
Così padre Gabriel Romanelli, parroco latino di Gaza racconta al Sir quanto sta avvenendo nella Striscia. Sono ore di grande tensione dopo che la notte scorsa Israele – in un’operazione congiunta di Esercito e Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano – ha ucciso Baha Abu al-Ata, capo militare della jihad islamica palestinese, ritenuto da Israele responsabile della maggioranza dei razzi lanciati dall’enclave nell’ultimo anno. La Jihad sarebbe anche la responsabile di diversi attacchi contro i soldati israeliani durante le proteste per la “Grande Marcia del Ritorno” che da oltre un anno e mezzo si ripetono tutti i venerdì lungo il confine. Un omicidio mirato che ha provocato l’immediata replica dei militanti: “La nostra reazione farà tremare l’entità sionista”, hanno fatto sapere prima di lanciare decine di razzi da Gaza verso il territorio israeliano. Media israeliani parlano di circa 150 i razzi e colpi di mortaio lanciati dalla Striscia di Gaza contro le aree centrali e meridionali di Israele dall’una della scorsa notte. Sessanta razzi sarebbero stati intercettati dal sistema Iron Dome. Gli israeliani hanno risposto con un velivolo militare che ha ucciso due miliziani nel Nord della Striscia. In totale il bilancio dell’operazione israeliana è di 4 morti e 25 feriti. In un tweet il ministero degli Esteri israeliano scrive che “Israele si difenderà dalla Jihad Islamica finanziata dagli iraniani, un gruppo terroristico che ha sferrato innumerevoli attacchi contro la nostra popolazione civile”.
Un piccolo gregge. “La nostra piccola comunità, poco meno di 120 fedeli, sta bene. Molte famiglie sono in casa. Ho sentito i responsabili dei nostri gruppi e movimenti e delle comunità religiose”. Per oggi
“ogni attività è sospesa per motivi di sicurezza”.
Padre Gabriel, di origini argentine, è da un mese a Gaza come parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia. Anche lui come i suoi predecessori è un missionario dell’Istituto del Verbo Incarnato. Già provinciale del suo Istituto per il Medio Oriente e l’Africa, ora è a Gaza, aiutato da due confratelli, padre Giuseppe e padre Mario, suo predecessore. Padre Gabriel conosce bene la Striscia per avervi prestato servizio per tre anni e mezzo, come vicario straordinario, sotto la guida del parroco storico dei gazawi latini, padre Manawel Musallam. “Mi recavo per quattro o cinque giorni al mese a Gaza, da Beit Jala, dietro indicazione dell’allora patriarca Michel Sabbah. Visitavo i malati e aiutavo il parroco nella pastorale ordinaria”, ricorda padre Romanelli.
Tensioni e guerre a Gaza non sono mai mancate ma nemmeno la speranza. “Oggi torno con la voglia e la speranza di servire in questa piccola comunità, cattolica e cristiana, ma tanto attiva – dice il parroco – abbiamo delle scuole molto apprezzate e frequentate in larghissima maggioranza da giovani musulmani, ci sono diverse opere di carità portate avanti, per fare un esempio dalle suore di Madre Teresa che gestiscono una casa con circa 50 piccoli disabili e un centro per anziani vulnerabili, con due sezioni, maschile e femminile. Con noi ci sono anche le suore del Verbo Incarnato che ci aiutano nella pastorale, nell’oratorio che oggi è sospeso a causa della situazione molto critica. Ma ogni giorno abbiamo dei gruppi di fedeli che si ritrovano in parrocchia. Molto attivi sono anche gli scout e la Caritas”. La sfida più grande è quella di sempre:
“fronteggiare l’esodo dei cristiani. Senza prospettive certe sono molti quelli che vogliono partire”
spiega padre Romanelli. “Come Chiesa stiamo portando avanti, già da tempo, dei progetti finalizzati alla creazione di posti di lavoro e alla formazione. Con i primi alcuni giovani hanno trovato un’occupazione stabile e questo è un segno di speranza per molti altri loro coetanei.
Nel centro ‘Tommaso d’Aquino’, voluto dal mio predecessore, padre Mario Da Silva, i nostri giovani possono formarsi nella Teologia e Sacra Scrittura per conseguire il diploma, e studiare anche altre materie, come le lingue straniere, informatica, che potranno essere loro di aiuto in vista di un lavoro. Si tratta di iniziative da implementare ma per questo abbiamo bisogno anche del sostegno di tutti per non sentirci abbandonati”. Tra razzi e bombardamenti la comunità cristiana gazawa resta salda nell’impegno di sempre: “servire la causa della pace e della giustizia, della riconciliazione e del dialogo.
La nostra opera infatti si rivolge a tutti i gazawi, senza distinzione di fede. Ce ne sono tanti che ruotano intorno alle nostre attività. Ci vogliono bene e stimano la presenza cristiana perché sanno che opera per il bene di tutti e per tutti. Abbiamo 5 tabernacoli, tra parrocchia e comunità religiose, davanti ai quali ogni giorno eleviamo le preghiere al Dio della pace. Cinque tabernacoli come cinque sono le piaghe di Cristo. La preghiera lenisce la sofferenza del Calvario che viviamo nella Striscia”.