Flash Report
Presentato alla vigilia della Giornata mondiale dei poveri il Flash report di Caritas italiana su povertà e esclusione sociale. Dal 2007 i poveri sono aumentati del 181%, crescono le fragilità e le differenze sociali tra nord e sud, sempre più a rischio i giovani. Urgente adeguare e rendere più efficaci le misure di contrasto
“Secondo l’Istat in Italia sono in stato di povertà assoluta un milione 800mila famiglie per un totale di oltre 5 milioni di individui; un dato stabile rispetto ad un anno fa ma confrontando la situazione con quella precedente alla crisi economica,
dal 2007 c’è stato un aumento di poveri del 181%”.
Lo dice al Sir Federica De Lauso, curatrice del “Flash report su povertà e esclusione sociale” di Caritas italiana, presentato questa mattina all’interno della quarta edizione del Festival dell’economia civile di Campi Bisenzio (Firenze), alla vigilia della Giornata mondiale dei poveri che ricorre domani. Don Francesco Soddu, direttore della Caritas, rileva che “l’aumento della cronicità e dell’intergenerazionalità della povertà” sono
“campanelli d’allarme della scarsa efficacia degli interventi di protezione sociale”.
Il volto dei poveri. Le categorie maggiormente svantaggiate, spiega De Lauso sfogliando con noi il report, “sono gli abitanti del mezzogiorno e delle isole dove si concentra quasi la metà di tutti poveri d’Italia; seguono gli stranieri, le famiglie numerose, in particolare con minori, i disoccupati ma anche coloro che svolgono un lavoro scarsamente qualificato”. Tra gli operai, ad esempio, nel 2018 la povertà è arrivata al 12,3%;
“più di un operaio su 10 non riesce ad accedere a un livello di vita dignitoso”.
Per povertà assoluta si intende l’impossibilità di accedere al paniere di beni e servizi che nel nostro contesto italiano garantisce una vita decorosa. I parametri sono ovviamente diversi in base alle macro regioni e alla dimensione dei Comuni. A titolo orientativo, in una città metropolitana del Nord una famiglia di due componenti adulti dai 18 ai 59 anni è povera se il suo livello di consumi è inferiore a 1.155 euro; livello che si abbassa a 1.096 euro per lo stesso nucleo residente al centro e a 887 euro al sud e nelle isole.
Giovani più a rischio. Oltre agli operai, fa notare la curatrice del report, “aumentano i cosiddetti working poor, nuova categoria figlia della crisi economica, e i giovani. La povertà assoluta tende ad aumentare tra i minori e gli under 34 e questo è un campanello d’allarme per il futuro, perché le povertà vissute da bambini influenzeranno inevitabilmente il futuro di questi ragazzi anche alla luce del fatto che in Italia c’è una scarsissima mobilità intergenerazionale, ossia i livelli di reddito e di istruzione sono strettamente collegati alla famiglia di origine”. Insomma, chi occupa gli scalini più bassi della scala sociale ha grosse difficoltà a migliorare la propria situazione.
Centri d’ascolto. Nel 2018, prosegue, “abbiamo incontrato 195mila persone nei 2.100 centri d’ascolto abilitati alla raccolta all’interno del totale di oltre 3.300. Delle famiglie in povertà assoluta che si sono rivolte a noi, al nord oltre il 60% è di cittadinanza straniera, mentre al sud i poveri assoluti sono per due terzi italiani. Uomini e donne chiedono aiuto in uguale misura.
Nesso bassa istruzione-povertà. Il 78% degli italiani che si rivolge ai centri d’ascolto è in possesso di licenza di scuola media inferiore e questo dimostra la stretta connessione tra povertà e basso livello di istruzione.
Più bassa è la scolarizzazione, più aumenta il rischio cronicizzazione della povertà.
Bisogni intercettati. Tra le fragilità incontrate nei centri d’ascolto prevale la povertà economica (76,6%), seguita da difficoltà occupazionali e abitative, fragilità familiari oppure legate a stati di salute – in particolare a disagio psicologico o patologie oncologiche o cardiovascolari. Talvolta nella stessa persona si sommano fragilità di diversa natura. Oltre il 60% manifesta due o più criticità.
Interventi realizzati. Al primo posto la distribuzione di beni o servizi materiali: pacchi viveri, vestiario, accesso alle mense (58,2%); quindi sussidi economici utili a sostenere spese abitative (affitti e bollette); in terza posizione interventi di tipo sanitario come distribuzione di farmaci o erogazione di visite mediche in ambulatori creati in ambienti Caritas grazie al supporto di medici volontari oppure convenzioni con centri medici.
Reddito di cittadinanza. Nella sezione del report dedicata alle politiche di contrasto alla povertà e curata da Nunzia De Capite, la Caritas sottolinea l’importanza di monitorare con attenzione l’attuazione della misura del Reddito di cittadinanza per evitare che si trasformi in “un’occasione perduta”. Secondo il report occorrono degli aggiustamenti “mirati ed incrementali per rendere efficace e adeguata la misura”. Due i processi da presidiare: “da una parte contribuire a rendere il Rdc efficace e adeguato; dall’altra garantire un supporto a chi non ne è coperto”. Quale ruolo per la Caritas? Tra le indicazioni, “favorire presso le amministrazioni comunali la realizzazione di progetti utili alla collettività in cui potranno essere coinvolti i beneficiari del Rdc e sperimentare percorsi di inclusione coordinati a livello territoriale”. E ancora: focalizzare l’attenzione sugli esclusi dalla misura “per capire quali sono le aree di intersezione e di mancata intersezione tra i beneficiari Caritas e i beneficiari Rdc”.Nell’ottica dell’ecologia integrale auspicata da Papa Francesco, il report presenta infine alcune anticipazioni di una ricerca congiunta di Legambiente e Caritas italiana che si concluderà nel 2020.