Conflitto israelo-palestinese
L’amministrazione Trump dichiara “non illegali” le colonie dello Stato ebraico in Cisgiordania, rimettendo in discussione 40 anni di politica estera e ponendo un’ipoteca sulla pace tra Israele e Palestina. Il commento di mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina: “Una pessima notizia per la pace. Una pietra tombale alla soluzione Due popoli, Due Stati”
“Una pessima notizia per la pace. Una dichiarazione da condannare”: non usa mezzi termini mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina, per commentare al Sir la dichiarazione del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, di non considerare più illegali gli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati.
Una affermazione che di fatto ripudia il Memorandum Hansell del 1978 con il quale gli Usa giudicavano l’occupazione dei Territori “incompatibile con il diritto internazionale”. Definire “gli insediamenti civili incompatibili con il diritto internazionale non ha favorito la causa della pace – ha spiegato Pompeo – la dura verità è che non vi sarà mai una soluzione legale del conflitto e le argomentazioni su chi ha ragione e chi ha torto dal punto di vista delle leggi internazionali non porteranno mai la pace”. Questo per dire anche che “la legalità degli insediamenti deve essere decisa dai tribunali israeliani”. L’annuncio di Pompeo – che va ad aggiungersi ad altri provvedimenti pro-israeliani, come lo spostamento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, riconosciuta così capitale d’Israele, e il riconoscimento dell’occupazione d’Israele delle Alture del Golan – marca una netta rottura sia rispetto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 2016, che definì una “flagrante violazione” delle leggi internazionali le colonie israeliane in Cisgiordania, e sia ripudiando la quarta Convenzione di Ginevra che sancì l’illegalità del trasferimento di popolazione da parte di una potenza occupante.
Una dichiarazione disastrosa. “Si tratta di una dichiarazione disastrosa che va in direzione opposta alla pace, ai diritti dei popoli e delle persone. Come è possibile annettersi terre che appartengono ai palestinesi senza il loro consenso? Chi sono gli Usa per deciderlo?” rimarca il vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina.
“La comunità internazionale deve reagire prontamente”.
La decisione Usa di non considerare più illegali gli insediamenti israeliani in Cisgiordania “contraddice totalmente” il diritto internazionale, ha dichiarato Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas. Rudeineh ha lanciato un appello agli altri Paesi affinché “dichiarino la loro opposizione” alla decisione di Washington. Per la Russia la posizione Usa sugli insediamenti è una “minaccia per la pace”. “Nessun Paese è al di sopra del diritto internazionale. Le dichiarazioni sullo stile del fatto compiuto non hanno validità nel diritto internazionale”, ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Di segno opposto le reazioni in Israele. Per il leader del Partito Blu e Bianco, Benny Gantz, “il futuro dei residenti della Giudea e della Samaria (la Cisgiordania) dovrebbe essere deciso in accordi che servano entrambe le parti e riflettano la situazione sul terreno”. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha sottolineato che la dichiarazione di Washington “riflette una verità storica. Il popolo ebraico non è un colonialista straniero in Giudea e Samaria (Cisgiordania), noi ci chiamiamo ebrei perché siamo il popolo della Giudea”. Un’affermazione rigettata da mons. Marcuzzo:
“Non accettiamo letture politiche della Bibbia”
“e non vogliamo strumentalizzazioni politiche. Ben sappiamo, infatti, l’attenzione che la Bibbia ha nei confronti di questa terra e dobbiamo tenerne conto, ma non si stabilisca un diritto di proprietà”. L’Ue, tramite il capo della sua diplomazia, Federica Mogherini, ha ribadito la propria condanna della politica di insediamento di Israele: “La posizione dell’Ue sulla politica di insediamento israeliano nei territori palestinesi occupati è chiara e rimane immutata: qualsiasi attività di insediamento è illegale ai sensi del diritto internazionale e compromette la fattibilità della soluzione dei due Stati e le prospettive di pace duratura, come riaffermato dalla risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Anche i principali giornali europei hanno dato risalto alla notizia evidenziando, in modo particolare, il “cambio di posizione che ribalta quattro decenni di politica estera americana” e che adesso rischia di allontanare definitivamente la soluzione dei due popoli, due Stati, aprendo la strada ad Israele per annettersi i territori palestinesi. Una posizione condivisa anche da mons. Marcuzzo:
“La dichiarazione di Mike Pompeo potrebbe rappresentare la pietra tombale a questa soluzione perseguita dalla Comunità internazionale e appoggiata dalla Chiesa, come più volte ribadito da Papa Francesco”.
Statistiche. Secondo B’Tselem, ong israeliana che si definisce “Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori Occupati”, dal 1967 (guerra dei Sei Giorni) alla fine del 2017, più di 200 insediamenti israeliani sono stati stabiliti in Cisgiordania: 131 insediamenti ufficialmente riconosciuti dal Ministero degli Interni israeliano; circa 110 insediamenti costruiti senza autorizzazione ufficiale ma con supporto e assistenza governativi (noti come “avamposti illegali”); numerose enclave all’interno della città di Hebron; 11 quartieri nelle aree della Cisgiordania che Israele ha annesso alla giurisdizione municipale di Gerusalemme nel 1967 e diverse enclave all’interno dei quartieri palestinesi a Gerusalemme est. Altri 16 insediamenti stabiliti nella Striscia di Gaza e 4 nella Cisgiordania settentrionale, furono smantellati nel 2005 come parte del Piano di disimpegno. Più di 620.000 cittadini israeliani attualmente risiedono negli insediamenti. Di questi, circa 209.270 vivono nelle parti della Cisgiordania che Israele ha annesso alla giurisdizione municipale di Gerusalemme e 413.400 vivono in tutto il resto della Cisgiordania (dati fine 2017).