Indagine
Presentato presso la sede Onu di Ginevra uno studio denominato “Faith and Children’s Rights: A Multi-religious Study on the Convention Rights of the Child”. La ricerca è stata condotta esplorando il contributo delle sette grandi religioni del mondo – Bahá’í, buddismo, cristianesimo, induismo, islam, ebraismo e sikh – per la cura dei piccoli. La società ha un dovere primario, vi si evidenzia, nella promozione dei diritti dei minori; la famiglia è considerata come l'”ambiente migliore per la loro crescita”
C’è “un ruolo mai documentato, sebbene significativo, che le comunità di fede hanno svolto nella preparazione, adozione, ratifica e attuazione della Convenzione universale per i diritti dell’infanzia negli ultimi tre decenni e che continua ancora oggi”. E questo ruolo ora racconta “Fede e diritti dei bambini: studio multi-religioso sulla convenzione dei diritti dei bambini” (Faith and Children’s Rights: A Multi-religious Study on the Convention Rights of the Child), una ricerca condotta esplorando il contributo delle sette grandi religioni del mondo (Bahá’í, buddismo, cristianesimo, induismo, islam, ebraismo e sikh) alla tutela dei piccoli. Curato dalla Arigatou International con il contributo di una serie di realtà, tra cui l’Unicef, il Consiglio mondiale delle Chiese, Religions for peace, il testo è stato presentato ieri – alla vigilia della Giornata dell’infanzia che cade il 20 novembre nel 30° della Convenzione Onu per i diritti dei bambini – in un seminario presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra; gli elementi raccolti nelle sue 252 pagine sono frutto di incontri interreligiosi in diversi angoli del mondo e di contributi di esperti, uomini di fede, attivisti e bambini.
Sacralità della vita umana. Lo studio comincia con l’analizzare le “ragioni imprescindibili” per cui le comunità di fede sono in profonda sintonia con i principi della Convenzione (e dei suoi tre protocolli), di come esse abbiano contribuito alla sua redazione e di come, attraverso numerose iniziative e dichiarazioni pubbliche, le comunità di fede siano al fianco dei diritti dei bambini. Quindi il testo ripercorre la storia e i contenuti essenziali della Convenzione (capitolo II), per poi mettere in luce (capitolo III) la forte “complementarietà tra i diritti dei bambini e gli insegnamenti delle religioni”: punto di contatto è “la sacralità della vita umana”, “al cuore di tutte le religioni e sancita dal corpo di strumenti internazionali sui diritti umani”. Da questo elemento fondativo derivano poi il credere nella dignità dei bambini; il considerare la famiglia come l’ambiente migliore per la loro crescita; la consapevolezza che la società ha diritti e doveri verso di loro e, infine, una comprensione olistica dei bisogni dei bambini. E di ciascuno di questi elementi lo studio rintraccia come sia ancorato nell’insegnamento delle sette religioni.
Esperienze concrete. Poi si illustra (capitolo IV), a livello di esperienze concrete, come le religioni siano al fianco dei bambini, per proteggerli (dalla povertà, dallo sfruttamento lavorativo, dall’analfabetismo, dalla violenza sessuale…). Si tenta poi di dare risposte alle “domande frequenti” che la Convenzione può sollevare o alle riserve che da alcuni gruppi religiosi sono state mosse al documento: i diritti dei bambini non contrastano con i diritti degli adulti? La libertà di fede di un bambino implica che non gli si può imporre una forma di preghiera specifica? La questione del gender, e così via.
Le nuove emergenze. Il testo si completa con una lunga serie di “raccomandazioni per l’azione” (capitolo VI) per realizzare le aspirazioni della Convenzione e raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030: i leader religiosi, gli Stati e le loro istituzioni, le comunità religiose locali, oltre i genitori e i bambini stessi sono i destinatari di una serie di indicazioni concrete. Sensibilizzare, denunciare, formare, spiegare, alcuni degli impegni affidati ai leader religiosi. Una meta dovrà essere anche la creazione di una maggiore sinergia tra “le iniziative religiose e basate sulla fede e le iniziative per i diritti dei bambini” che fino ad ora hanno spesso “operato separatamente”, limitando così il loro potenziale. E guardando al futuro ci sono nuovi appelli che oggi i bambini rivolgono ai decisori, compresi i leader religiosi: il primo fra tutti quello relativo all’“emergenza climatica”, che sta “definendo i loro diritti umani e che segnerà la loro vita su molti piani”.