Dal 23 al 26 novembre
Ad elencare ad uno ad uno tutti i punti chiave della imminente visita di Papa Francesco in Giappone è l’arcivescovo di Tokyo e presidente di Caritas Giappone, mons. Tarcisio Isao Kikuchi. Lo abbiamo incontrato nella sede dell’arcivescovado, di fronte alla cattedrale di St Mary a Tokyo, dove si svolgerà l’incontro con 3.000 giovani
(da Tokyo Maria Chiara Biagioni e Patrizia Caiffa) – Una parola di speranza e richiamo forte al rispetto di ogni vita umana. Sempre, anche quando è debole. Un messaggio per la pace e una richiesta ai leader politici di prediligere sempre la via del dialogo. Un no chiaro all’uso delle armi nucleari e un rinnovato invito a riconvertire le centrali nucleari in impianti di produzione di energie rinnovabili. Questi i punti-chiave di un viaggio che porterà per soli tre giorni qui in Giappone Papa Francesco, dal 23 al 26 novembre. Ad elencarli ad uno ad uno, nella sede dell’arcivescovado, di fronte alla cattedrale di St Mary dove si svolgerà l’incontro con 3.000 giovani, è l’arcivescovo di Tokyo e presidente di Caritas Giappone, mons. Tarcisio Isao Kikuchi. Giovane e dinamico, ha trascorso 8 anni della sua vita come parroco in Ghana e parla inglese alla perfezione. Risponde a tutte le domande senza la minima esitazione, anche a quelle con maggiori implicazioni politiche. Tra i cattolici giapponesi (l’annuario della Conferenza episcopale giapponese parla di 440.893 persone diffuse in 777 parrocchie in tutto il Paese), c’è tanta attesa anche perché sono passati 38 anni dalla visita di Giovanni Paolo II in Giappone. Un programma denso di incontri e appuntamenti importanti aspetterà Papa Francesco in questa terra. Anche se mancano pochi giorni all’arrivo del pontefice qui l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media è centrata sulle cerimonie di intronizzazione dell’amatissimo imperatore Naruhito, capo spirituale supremo dello shintoismo, in corso da settimane.
Quale il messaggio più atteso dal Papa?
Rispettate la vita umana e abbiate speranza per il futuro.
Qui le persone e i media sono molto attenti al messaggio di pace e per l’abolizione delle armi nucleari che il Papa farà a Hiroshima e Nagasaki. Credo che a Tokyo potrà avere grande risonanza il tema della protezione della vita umana. Aspettiamo dal Papa parole di incoraggiamento per i giovani, perché possano trovare speranza per il futuro. Penso alle persone che decidono di suicidarsi e alle persone anziane che vivono sole, abbandonate. Spesso muoiono senza che nessuno si prende cura di loro. Penso ai bambini, anche molto piccoli che prendono soli ogni giorno i mezzi di trasporto per andare a scuola. In Giappone abbiamo anche casi di bambini abusati e picchiati dagli adulti. Alcuni muoiono e si tolgono la vita. La vita è minacciata ed è in gioco il valore della vita umana. E questo lo possiamo vedere anche nel modo in cui le persone trattano le persone con disabilità. Tre anni fa, nella città di Yokohama, sono stati uccisi 19 disabili in una casa di cura. La giovane donna che li uccise disse che dovevano morire perché non contribuiscono a nulla nella società e il governo spende troppi soldi per prendersene cura. Secondo lei non meritavano di vivere.
A Nagasaki e Hiroshima il Papa e i leader religiosi lanceranno un messaggio di pace. In questo periodo è però in atto un processo di militarizzazione del Paese, con il tentativo di abrogare l’articolo 9 della Costituzione pacifista. Siete preoccupati?
Il Giappone ha mantenuto l’articolo 9 della Costituzione, che è molto importante. Ma i politici stanno tentando di mettere mano a questa parte del testo costituzionale perché è salita la tensione in questa area geografica tra Giappone e Corea e tra Giappone e Corea del Nord. E’ difficile districare i nodi che causano questa tensione e i nostri responsabili politici vogliono militarizzare il Paese e per farlo devono abolire l’articolo 9. Il Giappone possiede armi ma il loro uso è consentito solo per l’auto-difesa. Vorrebbero consentire l’uso delle armi anche per
combattere. E’ un problema molto grande.
Noi vescovi stiamo chiedendo al governo di astenersi da ogni atteggiamento di aggressione e di scegliere sempre la via del dialogo con gli altri Paesi.
Che fine ha fatto la lezione di Hiroshima e Nagasaki? E’ stata dimenticata?
38 anni fa il messaggio di Giovanni Paolo II è stato molto forte. E anche i giapponesi lo hanno accolto e capito molto bene. Soprattutto quando il Papa disse che la guerra è opera dell’uomo. E’ distruzione della vita umana. E’ morte. Quando però Giovanni Paolo II è venuto qui, tra i politici c’era anche chi aveva vissuto la seconda Guerra mondiale e lo capivano benissimo. Ora le nuove generazioni non sanno cosa è la guerra, non l’hanno mai vissuta.
Cosa può dire Papa Francesco a questa nuova generazione?
Credo sia importante dire soprattutto ai leader politici che il dialogo è una priorità da preferire sempre allo scontro e che è responsabilità della politica non creare muri ma ponti. La speranza è che il Papa riproponga anche qui in Giappone la cultura del dialogo e dell’incontro.
Il governo ascolta la Chiesa cattolica, seppure una piccolissima minoranza, appena lo 0,4% della popolazione?
Sembra di sì. Anche se siamo una minoranza, siamo ascoltati perché la Chiesa cattolica è una realtà internazionale e Papa Francesco è una personalità riconosciuta a livello mondiale, quindi sono attenti a quello che diciamo.
Crede che la visita del Papa potrà avere un impatto forte a livello interno?
Assolutamente sì. Il Giappone è un arcipelago e quindi abbiamo la tendenza ad isolarci dal resto del mondo. La politica internazionale si limita spesso ad osservare gli altri. Il Santo Padre che viene qui in Giappone inevitabilmente attira l’attenzione mondiale. Molto
probabilmente il Papa avrà una visione critica rispetto alla modernità, che non è criticata qui in Giappone. Siamo concentrati più su noi stessi che sul resto del mondo.
Penso che che Papa Francesco potrà aiutare ad aprire le menti su temi come il cambiamento climatico, i migranti, le povertà e possa far riflettere su come la modernità ha cambiato la società.
E poi ci sarà il messaggio sulle armi nucleari. Si arriverà prima a poi ad una totale messa al bando?
Il governo giapponese ha più volte parlato del bando delle armi nucleari ma non si sono uniti al Trattato di Durban sul disarmo nucleare e la ragione è perché i giapponesi sono molto legati agli Stati Uniti e gli Usa hanno ovviamente detto no alla abolizione. E’ difficile arrivare ad un totale bando. Le fonti ufficiali del governo negano l’esistenza di armi nucleari in Giappone ma non sappiamo se è vero. Sappiamo che ci sono basi militari Usa in tutto il Giappone. Si parla di sicurezza nazionale.
Conosciamo tutti la lezione del passato ma i leader politici non hanno il coraggio di fare questo passo vero il bando delle armi nucleari.
Sono sicuro che Papa Francesco dirà che
anche creare un arsenale nucleare è un peccato. E’ immorale.
Il messaggio è rivolto soprattutto a Stati Uniti e Russia. I vescovi giapponesi hanno anche fatto un appello contro l’uso civile del nucleare.
In questo periodo a Fukushima il governo sta predisponendo un piano di riconversione alle energie rinnovabili.
Cosa ne pensa?
Ci sono più di 50 centrali di energia nucleari in tutto il Paese. Abbiamo visto cosa è successo a Fukushima con il terremoto e lo tsunami. Il Giappone è una terra particolarmente esposta ai terremoti. Non possiamo permetterci questo tipo di tecnologie che non possiamo controllare. Il governo e le compagnie hanno sempre detto che non ci sono problemi e che tutto è sotto controllo, che nulla può accadere. Ma noi abbiamo visto cosa è accaduto. Quindi noi riteniamo che ad oggi almeno,
non è possibile mantenere questo tipo di tecnologie in Giappone senza rischiare disastri terribili, per la popolazione e per il territorio.
Ora, a Fukushima, si sta lavorando per lo smantellamento del reattore ma nessuno sa quanto tempo ci vorrà. Alcuni dicono addirittura 40 anni. E’ quindi una responsabilità per le generazioni future rinunciare al nucleare. Riguardo al piano di riconversione nel territorio di Fukushima, il governo è serio ed impegnato. Ma il mondo del business non è contento perché con l’energia nucleare si stanno facendo molti soldi e quindi fanno di tutto per mantenere questa tecnologia.
Perché il Papa non andrà a Fukushima?
Anch’io lo volevo portare a Fukushima. C’è stata una grande discussione su questo punto. Perché se lo avessimo portato lì c’era il rischio che il Papa potesse essere usato dal governo per dire che la regione di Fukushima è sicura. Sarebbe stato come dire: “vedete, anche il Papa può andare a Fukushima, non ci sono problemi”. C’era quindi il rischio di usarlo per fare propaganda.
La verità è che ci sono parti di Fukushima in cui le persone non possono tornare. Zone che non sono assolutamente abitabili.
E’ mai andato lì? Secondo lei la zona è sicura?
Abbiamo a Minami-soma una base Caritas dove operano i volontari. Si possono vedere case ancora distrutte dal terremoto del 2011, disabitate. Niente è stato fatto. E’ come entrare in una città fantasma. E’ terribile. Alcuni vogliono tornare ma altri no. La comunità è divisa. Sta di fatto che la maggior parte della popolazione è anziana e malata. Ha bisogno di cure e in quel territorio non ci sono ospedali, non c’è più nulla. Sulla sicurezza ci sono opinione diverse, anche tra gli scienziati. Alcuni dicono che non ci sono problemi. Altri invece ritengono che sia pericoloso. Per cui non sappiamo a chi credere. Io penso che non sia sicura.
Lei è anche presidente di Caritas Giappone. Cosa vi aspettate dalla presenza del Papa?
La presenza della Chiesa cattolica attraverso i volontari Caritas è un segno di speranza per il futuro. Dopo il disastro hanno operato sul posto Ong, esercito, governo. C’è stata una grandissima mobilitazione ma poi, uno dopo l’altro, se ne sono andati. Ad 8 anni dal disastro solo i volontari della Caritas sono rimasti e le persone hanno imparato ad apprezzare la presenza della Chiesa cattolica. Ora arriva il capo della Chiesa cattolica e la sua presenza illuminerà l’opera di una Chiesa che non ha mai dimenticato né lasciato sole le persone in difficoltà.
Si può dire che la Chiesa è stata un segno di Dio per questa terra.
La Chiesa cattolica è una minoranza. Il primo ministro sta cercando di portare avanti un processo di nazionalizzazione del Paese cercando di fare dello shintoismo la religione ufficiale. Siete preoccupati?
La tradizione shinto è sottostante alla cultura giapponese ed è molto difficile distinguere religione e cultura. Le persone non sono consapevolmente impegnate nella religione ma seguono le tradizioni shintoiste. Anche il ruolo religioso dell’imperatore è strettamente legato al sistema. Secondo la Costituzione l’imperatore è il simbolo della Nazione ma la Nazione deve essere neutrale nei confronti di tutte le religioni. E’ molto difficile separare le due cose. Perché Naruhito è imperatore e supremo capo dello shintoismo. Noi come Chiesa, secondo la Costituzione, abbiamo libertà di fede, culto, associazione. Abbiamo anche l’esenzione dalle tasse sulla proprietà. Quindi siamo riconosciuti. Ma se noi attacchiamo o critichiamo questo sistema fondato sull’imperatore siamo immediatamente e duramente criticati dall’opinione pubblica. Per cui siamo tenuti a mantenerci in un delicato equilibrio. Abbiamo comunque un buon rapporto con la famiglia imperiale. Ci sono molti cattolici che lavorano negli uffici del palazzo imperiale. Credo che la visita del Papa potrà avvicinare i giapponesi alla Chiesa cattolica.