Editoriale

I disastri si evitano con uno sguardo più lungo

«La cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che vada aldilà dell’immediato, perché quando si cerca solo un profitto economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione. Ma il costo dei danni provocati dall’incuria egoistica è di gran lunga più elevato del beneficio economico che si può ottenere». Questo passaggio della Laudato si’ di Papa Francesco (n. 36 dell’enciclica) dice bene quale dovrebbe essere il criterio di fondo che ci difende meglio da tutte le crisi ambientali, compreso quella da dissesto idrogeologico di cui soffriamo le conseguenze in questi giorni, in tutt’Italia.

(Foto: AFP/SIR)

«La cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che vada aldilà dell’immediato, perché quando si cerca solo un profitto economico rapido e facile, a nessuno interessa veramente la loro preservazione. Ma il costo dei danni provocati dall’incuria egoistica è di gran lunga più elevato del beneficio economico che si può ottenere».
Questo passaggio della Laudato si’ di Papa Francesco (n. 36 dell’enciclica) dice bene quale dovrebbe essere il criterio di fondo che ci difende meglio da tutte le crisi ambientali, compreso quella da dissesto idrogeologico di cui soffriamo le conseguenze in questi giorni, in tutt’Italia.

La stessa voragine che si è aperta l’altro giorno in via Pordelio a Cavallino, mangiandosi dieci metri di strada e lasciando un enorme buco, ne è esempio. Piccolo, certo, rispetto al viadotto crollato, per una frana, sull’A6 Torino-Savona.

La difesa migliore contro disastri del genere è fare una cosa che piace a pochi e che richiede prudenza e un po’ di fatica in più: cioè entrare in una logica di lungo periodo. Avere uno sguardo lungo quando si decidono, progettano e realizzano opere.

La miopia, spesso legata al profitto facile, induce invece a guardare solo molto vicino. E la conseguenza è che si trascura di considerare le conseguenze di medio-lungo termine. E si omette di pensare che un’attività essenziale della vita umana è la noiosa, banale ma essenziale manutenzione. Vale per le autostrade così come per le nostre case; e non dimentichiamo che vale anche per la nostra salute intellettuale, spirituale e fisica.

Ma stando anche solo alle strade e al sistema dei trasporti, è perfino ovvio che siano più numerosi oggi i problemi e le emergenze: una fetta importante del nostro sistema dei trasporti è stato costruito fra gli anni ’50 e ’80. È chiaro che, trascorsi 40-50 anni, strade, ponti e viadotti degradino. Ma qualcuno, soprattutto al tempo della loro realizzazione, aveva pensato seriamente ad un piano di manutenzione?

Oggi abbiamo dinanzi il compito di organizzare un grande e previdente piano di manutenzione del territorio, più incisivo di quello comunque già in atto e che qualche beneficio – va riconosciuto – ha portato. Ma si può fare di più.

(*) “Gente Veneta” (Venezia)