La protesta
La protesta delle 240 famiglie campesine, tesa al dialogo con le istituzioni, ma con la fermezza di chi chiede vengano rispettati i propri diritti. I manifestanti sono stati sostenuti, fin dal primo momento, dal missionario spagnolo domenicano padre Miguel Ángel Gullón, che in queste settimane lo ha accompagnati, ha vissuto con loro e ha tenuto i rapporti con le varie realtà che non hanno fatto mancare il loro appoggio
La perdita delle loro terre e delle loro case. Una marcia, a piedi, di 170 chilometri. Oltre un mese di accampamento e manifestazioni, subendo solo vaghe promesse e attacchi della Polizia, che hanno provocato vari feriti. E, negli ultimi giorni, anche minacce di morte.
E’ la vicenda singolare, il cui finale dev’essere ancora scritto, dei campesinos di Santa Cruz de el Seibo, località rurale della Repubblica Dominicana, a nordest della capitale. Dopo aver subito, ancora una volta, il forzato sgombero dalle proprie abitazioni all’inizio di settembre – da parte di persone violente e guardie armate, che con mezzi meccanici hanno distrutto le loro umili dimore nei villaggi di La Culebra e Vicentillo -, i contadini non si sono persi d’animo.
Così, un gruppo di rappresentanti delle 240 famiglie campesine ha raggiunto a piedi la capitale, Santo Domingo, lo scorso 31 ottobre. Qui è iniziata la loro protesta, sempre tesa al dialogo con le istituzioni, ma con la fermezza di chi chiede vengano rispettati i propri diritti.
I manifestanti sono stati sostenuti, fin dal primo momento, dal missionario spagnolo domenicano padre Miguel Ángel Gullón, che in queste settimane lo ha accompagnati, ha vissuto con loro e ha tenuto i rapporti con le varie realtà che non hanno fatto mancare il loro appoggio. Una volta arrivati nella capitale, hanno cercato di farsi ricevere dal presidente della Repubblica, Danilo Medina Sánchez, ma sono stati violentemente respinti dalle forze di polizia e portati, a gruppi, in tre ospedali della città, con la motivazione “ufficiale” di fare loro una visita medica. Poi sono stati ricevuti da un viceministro, ricevendo generiche rassicurazioni.
Così, la protesta è continuata in queste settimane e i campesinos hanno attirato l’attenzione di molti abitanti di Santo Domingo, ricevendo l’appoggio da parte di numerose organizzazioni e congregazioni religiose (tra cui domenicani, claretiani e Congregazione romana di Santo Domingo) e della società civile.
Verso fine novembre, un’altra pagina triste: l’ennesima manifestazione, che si stava sviluppando in modo pacifico, è stata repressa in modo molto rude dalle forze dell’ordine dominicane. “Stavamo camminando in modo pacifico e la Polizia ha iniziato a reprimerci – racconta al Sir padre Gullón -. Hanno tirato gas lacrimogeni, ci sono stati dieci feriti”.
Ed è di qualche giorno fa la denuncia di una trentina di organizzazioni sociali e campesine, che in una conferenza stampa tenuta il 3 dicembre hanno denunciato minacce di morte agli agricoltori da parte dei latifondisti.
E’ una battaglia storica, quella degli agricoltori, che non intendono arrendersi.
“Ci sono molti grandi interessi privati – spiega il missionario -, i latifondisti vogliono che queste persone se ne vadano per dare spazio alle loro monocolture, soprattutto quella della canna da zucchero. Sono anni che minacciano, attaccano e devastano le loro case, le loro terre, i loro campi e animali. Quest’anno gravi fatti sono accaduti, in marzo, e poi ancora a settembre. Ottanta case sono state coinvolte nell’attacco. E’ stata fatta una denuncia all’Onu, a Ginevra”. L’attacco del settembre scorso è stata la goccia che fa traboccare il vaso.
L’obiettivo delle famiglie e delle organizzazioni che le sostengono è di ricevere una risposta concreta alle loro giuste domande e provvedimenti che vadano verso un’equa distribuzione delle terre, la lotta alla violenza contro gli abitanti delle campagne, una adeguata riparazione e tutti coloro che sono stati colpiti dalla violenza e sloggiati, e infine giustizia per il dodicenne Carlos Rojas Peguero, assassinato nel contesto di questo conflitto. Essi rivendicano il diritto di vivere in terre dichiarate di pubblica utilità dal presidente Balaguer nel 1975.
Importante l’aiuto offerto da padre Miguel Ángel: quella di sacerdote e missionario, ma anche quella di giornalista, voce di una combattiva e coraggiosa radio comunitaria, Radio Seibo, che sta dando copertura alla protesta. “Ma è molto importante – spiega il missionario – che la nostra voce arrivi anche ai media internazionali e all’opinione pubblica di tutto il mondo”. Importanti anche le voci che si sono sollevate a favore dei campesinos, come accennato: in tutto circa cinquanta organizzazioni dominicane. E si è aggiunta anche quella dell’episcopato. “Vogliamo chiedere solidarietà con questi fratelli di El Seibo, essi sono un esempio di così tante persone sfrattate nel mondo, di così tante persone e famiglie che vengono sfrattate dal loro tetto, dalla loro terra e private dei loro diritti”, ha detto alla stampa locale mons. Francisco Ozoria, arcivescovo di Santo Domingo.
Finora, però, tutto questa mobilitazione non è stata sufficiente. Tanti, evidentemente, gli interessi che sono di ostacolo a una soluzione equa. Ma la protesta non disarma.