Editoriale

Ridare fiducia

Non si scopre nulla di nuovo quando si vuole evidenziare il clima che si respira nel nostro contesto quotidiano. È fin troppo evidente il clima di tensione, di paura, di ansia che rende sempre meno sana l’aria che respiriamo. Qualche giorno fa anche il Censis ci ha riportato una sua lettura del contesto sociale in cui operiamo giornalmente. Nel 53° Rapporto leggiamo testualmente che “dalla crisi economica, l’ansia per il futuro e la sfiducia verso il prossimo hanno portato anno dopo anno ad un logoramento sfociato da una parte in “stratagemmi individuali” di autodifesa e dall’altra in “crescenti pulsioni antidemocratiche”, facendo crescere l’attesa “messianica dell’uomo forte che tutto risolve”.

Non si scopre nulla di nuovo quando si vuole evidenziare il clima che si respira nel nostro contesto quotidiano. È fin troppo evidente il clima di tensione, di paura, di ansia che rende sempre meno sana l’aria che respiriamo. Qualche giorno fa anche il Censis ci ha riportato una sua lettura del contesto sociale in cui operiamo giornalmente. Nel 53° Rapporto leggiamo testualmente che “dalla crisi economica, l’ansia per il futuro e la sfiducia verso il prossimo hanno portato anno dopo anno ad un logoramento sfociato da una parte in “stratagemmi individuali” di autodifesa e dall’altra in “crescenti pulsioni antidemocratiche”, facendo crescere l’attesa “messianica dell’uomo forte che tutto risolve”. Il Rapporto supporta queste affermazioni con dati fin troppo espliciti: il 48% degli italiani gradirebbe un “uomo forte al potere”, mentre il 69,8% è convinto che nell’ultimo anno siano aumentati gli episodi di intolleranza. Lo stesso Rapporto evidenzia il “bluff” dell’occupazione: sono aumentati gli occupati a tempo parziale (1.2 milioni) e sono decisamente diminuiti gli occupati a tempo pieno (867.000). Altre percentuali vanno a ravvivare le tinte grigie di questo quadro che vorremmo vedere con un cromatismo decisamente più rassicurante. Nelle Considerazioni generali con estrema chiarezza si denuncia che “la società italiana ha guardato a lungo al cedimento delle sue strutture portanti”, con una politica inefficace: “I limiti della politica attuale sono nella rassegnazione a non decidere. Tante, troppe riforme strutturali sono state annunciate, ma mai concretamente avviate: nella scuola, nella giustizia, nella sanità, nella fiscalità, nel quadro istituzionale. Lo scenario nel quale ci muoviamo è affollato da non decisioni: sul contenimento della pressione migratoria, sulla digitalizzazione, sulla politica tributaria, sulle concessioni e sui lavori per le grandi infrastrutture di rete, sui servizi idrici o per i rifiuti, sulla collocazione delle scorie nucleari. Non per aver scelto, ma per non averlo fatto, la politica ha fallito e ha smarrito se stessa”. Sono realtà, queste esposte dal Censis, che non possono lasciarci indifferenti ed inattivi. È urgente un’opera forte di trasparente ed obiettiva informazione al fine di creare una nuova coscienza che vada al di là di quanto ci propinano i vari talk show. E, per il vero, alcuni segnali si stanno manifestando, anche se faticano molto ad aprirsi una loro strada. Nelle Considerazioni Generali si parla di “piastre di sostegno” nei confronti di questo progressivo “franare”: una prima “piastra” è nella “dimensione manifatturiera”, una seconda è “nel consolidamento strutturale in alcune aree geografiche vaste del nostro Paese”, la terza è “la nuova sensibilità per i problemi del clima, della qualità ambientale e della tutela del territorio”. Una quarta “piastra” è nella “rimessa in circuito del risparmio privato” ed infine, la quinta nella “dimensione europea”. A tutto ciò si aggiunge la vasta e silenziosa opera di tutto il mondo del volontariato e della creativa imprenditoria giovanile. La parte conclusiva delle Considerazioni Generali del Rapporto Censis 2019 sulla situazione sociale del Paese è un’iniezione di fiducia per tutti noi: “La consape volezza che la sfiducia sembra prevalere non basta a offuscare lo sguardo e il bisogno di reagire e guardare avanti. I segnali di contrapposizione a un racconto al ribasso sono ancora deboli. Ma nella reazione al vortice della crisi e nell’avvio di nuovi e diversi processi di consolidamento dello sviluppo il popolo si sta aprendo alla speranza e, se così sarà, la storia gli lascerà strada”.

(*) direttore “L’Araldo abruzzese” (Teramo)