Documento di Abu Dhabi
Dopo la missione alle Nazioni Unite, il card. Miguel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, è stato invitato a Bruxelles dal gruppo parlamentare Ppe per parlare del Documento sulla fratellanza umana. E ai politici europei lancia un appello: “La paura è il più grande nemico di ogni dialogo”. “Vorrei quindi chiedere di vincere la paura, essere più accoglienti e promuovere progetti di inclusione che ci aiutano a superare questa cultura dello scarto che logora i nostri ambienti sociali”
(da Bruxelles) Pochi giorni fa era alle Nazioni Unite a New York. Ora è a Bruxelles dai parlamentari europei. Il cardinale Miguel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, non si ferma. “Il Documento di Abu Dhabi – dice – è un testo che promuove la fratellanza universale. Di conseguenza bisogna trovare tutti i mezzi e le strutture, anche ufficiali, per trovare quelle piattaforme attraverso le quali si possa arrivare all’essenza del messaggio, e cioè promuovere ad ogni livello la cultura dell’incontro, del dialogo, della pace”. Il cardinale è stato invitato a Bruxelles dal gruppo parlamentare del partito popolare europeo (Ppe), a parlare del Documento di Abu Dhabi, nell’ambito dell’annuale “Dialogo interculturale con le Chiese e le istituzioni religiose”. Parlando a margine con il Sir, spiega la sua “missione”: “Raggiungere ogni angolo di questo pianeta.
Non è un documento limitato o esclusivo per alcuni, ma un documento aperto a tutti che porta un messaggio di fratellanza universale.
Di conseguenza anche a livello europeo, possiamo riflettere insieme per cercare di trovare quei mezzi che ci aiutano a promuovere lo spirito del Documento”.
Cosa preoccupa in Europa?
L’Europa deve recuperare le sue radici cristiane. Deve ritrovare se stessa. Deve riscoprire, anche all’interno dell’Unione Europea, questo senso di fratellanza che sembra si stia un po’ sciogliendo. Si tratta allora di lavorare a tutti i livelli e con tutti i mezzi, per sostenere quelle strutture che ci permettono di vivere insieme e costruire un futuro di pace nel rispetto della dignità umana di ogni cittadino che a sua volta è anche credente. Non si può avere paura della fede dell’altro perché la fede è quell’elemento che ci aiuta ad arricchire questa terra.
L’Europa è però attraversata da crescenti fenomeni di populismo e antisemitismo. Le religioni incutono paura. Si ha paura anche dei migranti proprio per le loro appartenenze religiose e culturali diverse da quelle europee. Cosa vuole dire oggi ai politici europei?
Che la paura è il più grande nemico di ogni dialogo. Di conseguenza vorrei estendere un invito a superare queste frontiere che fissiamo per paura dei cambiamenti in atto. Alcune sono comprensibili per le incertezze che ci pongono, ma che rimangono e rimarranno sempre le sfide del nostro tempo. Sfide che non possiamo ignorare ma la paura ci allontana e non ci permette di guardare con obbiettività alla vita reale. Vorrei quindi chiedere di vincere la paura, essere più accoglienti e
promuovere progetti di inclusione che ci aiutano a superare questa cultura dello scarto che logora i nostri ambienti sociali.
Prima di venire qui a Bruxelles, lei è stato a New York per portare un messaggio del Papa e del Grand Imam al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, al quale i due leader chiedono di dichiarare il 4 febbraio Giornata Mondiale della Fratellanza Umana e di partecipare all’organizzazione, in un prossimo futuro, di un “Summit mondiale sulla fratellanza umana”.
Sono tutti elementi in più ma soprattutto è molto importante raggiungere una istituzione come le Nazioni Unite ed essere ricevuti dal suo segretario generale con una missiva del Grand Imam e del Papa. Prevedere in futuro una Giornata della fratellanza umana è un’iniziativa buona e doverosa: talvolta abbiamo bisogno di un richiamo e questa giornata potrebbe offrire un’occasione affinché in tutte le parti del mondo, a diversi livelli, in tutti settori della vita civile, sociale, politico e comunità religiose, insieme a tutte le persone di buona volontà, si promuovano iniziative di fratellanza. Sarebbe un grande dono questo.
E il segretario Guterres come ha risposto?
Lui rappresenta l’Onu. Ha accolto l’istanza e aspettiamo adesso che tutta la comunità internazionale la faccia propria e la sostenga.
Prima l’Onu. Ora Bruxelles. Perché il Papa ha preso così sul serio “il processo” avviato ad Abu Dhabi?
Perché vede che la fratellanza, la pace e la convivenza tra le persone, tra i popoli, tra le Nazioni, tra le denominazioni e i diversi gruppi religiosi è una priorità per il futuro.
Il Papa insiste, non molla.
E facendo così non fa altro che pensare alle nuove generazioni alle quali siamo tutti chiamati oggi a consegnare un mondo migliore. Cerchiamo allora di ascoltare quanto proposto, senza paura e per il bene dell’umanità tutta intera.