Editoriale

Ansiosi e sfiduciati

A leggere le indicazioni che vengono dal 53.mo rapporto Censis – Centro studi sociologici- sui comportamenti sociali degli italiani, verrebbe spontaneo dire che “al peggio non c’è mai fine!”. Per il terzo anno consecutivo viene, infatti, presentato un profilo della nostra società tutt’altro che edificante. Nel 2017, per rappresentare lo stato d’animo dei cittadini, il Centro Studi scelse il termine “rancore”, dettato dalle difficoltà incontrate dagli italiani di “migliorare la propria posizione”. Nel 2018 il rancore è sfociato nella “cattiveria”, a motivo delle varie forme di egoismi, chiusure e invidie incontrate nel quotidiano. E ciò, nonostante i tanti esempi di solidarietà e donazione che si moltiplicano quotidianamente in tutto il territorio nazionale. Quest’anno, in base ai dati contenuti nelle 550 pagine del rapporto, scopriamo di essere “ansiosi e sfiduciati”.

A leggere le indicazioni che vengono dal 53.mo rapporto Censis – Centro studi sociologici- sui comportamenti sociali degli italiani, verrebbe spontaneo dire che “al peggio non c’è mai fine!”. Per il terzo anno consecutivo viene, infatti, presentato un profilo della nostra società tutt’altro che edificante. Nel 2017, per rappresentare lo stato d’animo dei cittadini, il Centro Studi scelse il termine “rancore”, dettato dalle difficoltà incontrate dagli italiani di “migliorare la propria posizione”. Nel 2018 il rancore è sfociato nella “cattiveria”, a motivo delle varie forme di egoismi, chiusure e invidie incontrate nel quotidiano. E ciò, nonostante i tanti esempi di solidarietà e donazione che si moltiplicano quotidianamente in tutto il territorio nazionale. Quest’anno, in base ai dati contenuti nelle 550 pagine del rapporto, scopriamo di essere “ansiosi e sfiduciati”. Ansiosi, perché la maggior parte degli italiani “si è sentito molto stressato per questioni familiari e per il lavoro”. Stress, ansia e disillusione, dice il Censis, che “originano un virus che si annida nelle pieghe della società: la sfiducia”. Una sfiducia che si manifesta principalmente nei confronti della politica, incapace, secondo gli intervistati, di prendere decisioni. Alla base di questi sentimenti, il cattivo funzionamento delle Istituzioni democratiche-Governo e Parlamento che vengono considerate, addirittura, un ostacolo alla crescita del Paese. Ed è qui che nasce il desiderio di molti italiani: affidare il sistema a un “uomo forte al potere “, capace di prendere decisioni in maniera autonoma, senza preoccuparsi eccessivamente di ciò che esprime il Parlamento e magari anche di quanto decretato dalle elezioni. Uno stato d’animo serio, che rievoca un po’ quello degli anni novanta, quando i partiti della prima repubblica, colpiti dagli scandali, crollavano uno dopo l’altro sotto i colpi dell’ascia di “Mani pulite”. Non a caso, molti italiani di allora individuarono in Berlusconi l’uomo forte del momento, in grado di risolvere la situazione, con i risultati che ora, a distanza di anni, sono sotto gli occhi tutti. Nessuna sorpresa, dunque, riguardo gli esiti del rapporto Censis. I motivi di tanta delusione ci stanno tutti, specialmente se si guarda alle fasce di cittadini in stato cronico di bisogno, alle quali la politica non riesce a dare adeguate risposte. Prima di tutto sul fronte del lavoro. Come sta vivendo l’attesa chi è senza lavoro o lo sta per perdere? Alla vigilia di Natale sono troppe le vertenze ancora aperte: oltre all’ILVA di Taranto, divenuta una questione nazionale, migliaia sono le attività imprenditoriali che hanno annunciato la chiusura o il trasferimento all’estero dei loro stabilimenti. Ma come affrontare queste situazioni, se i governi in carica rischiano di cadere ad ogni piè sospinto, senza assumersi la responsabilità del loro operare, lasciando così irrisolti i problemi trovati? È il triste spettacolo cui spess siamo chiamati ad assistere: il tutto addebitando la colpa sempre all’altro, come avviene nel facile gioco dello “scarica barile”. Così è per le vertenze di lavoro, per i ponti che crollano, per le città che si inondano, per gli edifici pubblici e le scuole che si sgretolano. Se non si mette in moto un serio e deciso processo di inversione, più di un pericolo è dietro l’angolo! Con una classe politica estremamente litigiosa, che spesso non mantiene le promesse, che non ha coraggio né tempo per affrontare le riforme – giustizia, burocrazia, istruzione, fisco e tante altre ancora – da dove deve partire la ripresa? E quale investitore, italiano o straniero, sarebbe incentivato a rischiare e ad aprire un’attività in Italia? Piuttosto, chi può, scappa. Cosa fare allora di fronte a questi problemi, specialmente dopo avere proposto tutte le ricette, da quella di destra a quella della sinistra, passando per il centro? Le ultime elezioni avevano individuato nei cinque stelle i depositari delle speranze di molti italiani. Oggi, sondaggi e numeri annunciano un drastico ridimensionamento del movimento pentastellato. Non solo. Si guardava con curiosità all’approdo della Lega a Palazzo Chigi, ma difficoltà, incomprensioni e mosse azzardate hanno spinto Salvini ad “abbandonare la nave”. Dall’altra parte non va meglio. Il partito democratico continua a dividersi e a perdere pezzi. E poi, non si può chiedere molto alle “sardine” che sono all’inizio della loro avventura? La situazione quindi non è semplice, e ogni soluzione appare lontana e incerta. In queste condizioni e in attesa che venga fuori una classe politica responsabile e matura, facciamo nostre la preghiera e le parole di Papa Francesco che il giorno dell’Immacolata, a Roma, ha affidato alla Vergine “tutti coloro che, in questa città e nel mondo intero, sono oppressi dalla sfiducia e quanti pensano che per loro non c’è più speranza”.

(*) direttore de “La Vita Diocesana “ (Noto)