Editoriale

Che sia un Natale di pace

Chiudiamo questo numero – l’ultimo del 2019 – con l’affresco in cui Giotto (nella Basilica superiore di San Francesco, ad Assisi) rappresenta il Natale di Greccio, o meglio la visione narrata da Tommaso da Celano: mentre Francesco predicava, ad uno dei presenti “gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo”.

foto SIR/Marco Calvarese

Chiudiamo questo numero – l’ultimo del 2019 – con l’affresco in cui Giotto (nella Basilica superiore di San Francesco, ad Assisi) rappresenta il Natale di Greccio, o meglio la visione narrata da Tommaso da Celano: mentre Francesco predicava, ad uno dei presenti “gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo”.
“Per i meriti del Santo – commenta il Celano – Gesù veniva risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato”.
Abbiamo ancora negli occhi le immagini di Papa Francesco che nel santuario di Greccio prega e firma la Lettera apostolica “ Admirabile signum ” nella quale ricorda che “fin dall’origine francescana il presepe è un invito a ‘sentire’, a ‘toccare’ la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nellesorelle più bisognosi”. Il presepio, e la festa di Natale, è capace di parlare a tutti, anche ai non credenti. La tenerezza di Dio che si manifesta in un bambino, parla di una fede disarmata, una fede che non esclude, non condanna, non aggredisce, non alza muri.
L’annuncio che l’Angelo fa ai pastori, invitandoli ad andare dal bambino, parla di “Pace”. Eppure, ci ricorda don Francesco Verzini, “ fin dalla nascita del Signore è iniziata la ‘fase’ di accoglienza e rifiuto dell’annuncio evangelico e del Cristo” e la Liturgia ci presenta subito i primi martiri cristiani. Una fase che ancora oggi prosegue con i cristiani perseguitati, “martiri” perché fedeli alla propria fede. La pace evangelica non è “irenismo” che scolora e nasconde le differenze. No, e il Natale è un grande annuncio di pace per il mondo. Non è un caso che da 53 anni il Papa invia ai potenti del mondo un Messaggio per la pace proprio il 1 gennaio, nel Tempo di Natale, solennità della madre di Dio. Lo abbiamo pubblicato per augurare a tutti noi un Natale sereno ed un futuro di pace. Un augurio che richiede un impegno personale che non si esaurisce nel privato o nel segreto della propria coscienza ma si manifesta nelle scelte e nelle azioni di ogni giorno. Che sia un Natale di pace.

(*) direttore “La Voce” (Perugia)