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Lampedusa e il presepe donato da Papa Francesco: gli altri non sono pacchi da abbandonare in mare

In giro per l’Italia – liberi pensatori atei devoti, cristiani senza Vangelo – disdegnano adattamenti e variazioni nel presepe, mentre politici lo tengono sottobraccio o lo issano a bandiera contro qualcuno: tutti dimenticano che il presepio è nato per “stimolare gli affetti e lasciarsi coinvolgere nella storia della salvezza”

Ecco l’immagine fotografica del dono che il Santo Padre Francesco ha fatto alla comunità di Lampedusa successivamente alla sua visita del 2013. Un migrante a rischio di naufragio trova come sua salvatrice la Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Questi si volgono verso il fratello migrante e lo aiutano a salire sulla loro barca da pesca.

Quando Papa Francesco, allora in visita al Magazzino interno al Vaticano, vide questo presepe donato dalla Cooperativa “Il Faro” di Tropea, esclamò: “Questo per la Parrocchia di Lampedusa”.

Il dono è esposto permanentemente alla venerazione nella Chiesa di Lampedusa. Raffigurare la santa Famiglia viaggiante in barca che salva gente migrante non è variazione fuori luogo al tema del Presepe.

Quanto aveva intuito il senso della fede degli artisti nel 2013 nel dono che da papa Francesco è giunto ai Lampedusani, trova conferma successiva al n. 6 della lettera sul significato e valore del presepe: “Spesso i bambini – ma anche gli adulti! – amano aggiungere al presepe altre statuine che sembrano non avere alcuna relazione con i racconti evangelici. Eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura. Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato”. La scena drammatica del presepe dell’isola “è un invito a sentire e toccare la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46).

In giro per l’Italia – liberi pensatori atei devoti, cristiani senza Vangelo – disdegnano adattamenti e variazioni nel presepe, mentre politici lo tengono sottobraccio o lo issano a bandiera contro qualcuno: tutti dimenticano che il presepio è nato per “stimolare gli affetti e lasciarsi coinvolgere nella storia della salvezza”.

È quanto il parroco di Lampedusa don Carmelo La Magra ha ricordato nel suo intervento domenica scorsa nel corso del programma di Fabio Fazio “Che Tempo Che Fa”, quando facendo gli auguri ha parlato di “capacità di salvarsi” quando si accoglie il povero. E poi a conclusione ha detto: “A fare paura non è la figura dello straniero ma del povero. Con lo straniero – ha detto – con i turisti, con il mondo dell’arte e della cultura…) abbiamo sempre a che fare; a farci paura non è la differenza ma la povertà, che ci mette davanti ai nostri timori… Io non chiamerei mai un americano extracomunitario… ma l’immigrato povero mi fa paura perché è come se mi mettesse davanti le mie povertà”.

Ogni presepe, anche quello di Lampedusa, ci ricorda che Gesù ci prende a braccetto nel cammino della vita senza distinzioni, e che gli altri non sono pacchi da portare sottobraccio o, peggio, da abbandonare in mare.

(*) già parroco a Lampedusa