Bielorussia

C’è spazio per iniziative pro-life

Nel Paese dell’est, tutt’altro che un emblema di democrazia, opera la Open Hearts Foundation. Sostegno dalle Chiese. L’attenzione dei non credenti

La Bielorussia è uno dei Paesi europei in cui l’idea della tutela della vita umana e della sua dignità dal momento del concepimento fino alla morte naturale è sostenuta non soltanto dalla Chiesa cattolica e dalle altre confessioni cristiane, ma a suo modo anche dallo Stato. Danka Jaceckova ha per Sir Europa Uladzislau Valakhovych , direttore di una delle più grandi organizzazioni pro-vita e pro-famiglia del Paese.

La Open Hearts Foundation è un’organizzazione laica. Come descriverebbe la cooperazione con le strutture ufficiali della Chiesa?
“La nostra fondazione è nata nel 2007 e opera con la benedizione e il sostegno dei vescovi cattolici della Bielorussia, in particolare del vescovo di Vitebsk. Anche se non siamo un’istituzione fondata e gestita dalla Chiesa, collaboriamo a stretto contatto con i suoi rappresentanti e le sue strutture. In base alla nostra esperienza, per poter diffondere i valori pro-vita in tutti gli strati della società nella maniera più efficace, è bene essere un’organizzazione civile ufficialmente riconosciuta. In questo modo, possiamo anche andare nelle scuole, senza alcuna limitazione o pregiudizio da parte del pubblico”.

Qual è stata la motivazione personale che l’ha spinta a impegnarsi nel movimento pro-vita?
“La considero una vocazione. Il primo impulso è venuto dal congresso delle famiglie a Varsavia nel 2007, dove ho ascoltato relazioni con situazioni orribili sulla situazione riguardante il numero degli aborti artificiali nel mondo e l’uso della contraccezione, e sono rimasto scioccato. Ho pensato: come può essere che noi cristiani rimaniamo in silenzio su questo? Quello è stato l’inizio del mio impegno. Ho deciso di assumermi una responsabilità personale per lo sviluppo futuro di questo settore in Bielorussia”.

Quali sono le principali aree d’interesse della Open Hearts Foundation otto anni dopo l’inizio di un movimento per la vita organizzato nel Paese?
“Attualmente, forniamo servizi di consulenza quotidiana nei locali di due cliniche in cui si pratica l’aborto in Bielorussia. Preghiamo e parliamo con donne che hanno intenzione di effettuare un aborto, o che addirittura attendono lì per questo intervento, per spiegare che ci sono altri modi per risolvere la loro difficile situazione. Finora abbiamo contribuito a salvare la vita di oltre 120 bambini in questo modo, il che è molto incoraggiante. Oltre a questo, prepariamo conferenze e dibattiti presso le scuole, le università, le parrocchie e le varie comunità su temi pro-vita e pro-famiglia basati sui valori naturali e il rispetto della dignità umana. Parliamo di castità, famiglie numerose, demografia, rischi della contraccezione… L’anno scorso abbiamo fatto un tour con una speciale campagna educativa sotto forma di mostra. Forniamo anche preparazione al parto e consulenza speciale per le donne incinte, perché vediamo che spesso hanno paura di partorire dopo una brutta esperienza con il primo figlio, e per questo motivo si rifiutano di averne altri. Questo approccio si rivela molto interessante e costituisce anche una prevenzione efficace degli aborti. Un’altra iniziativa consiste nell’organizzare delle preghiere per la vita, perché anche l’aspetto spirituale è molto importante”.

Come risponde la società bielorussa ai vostri sforzi?
“Può sembrare strano, ma le maggiori difficoltà in questo senso le abbiamo con alcuni fedeli che a volte mostrano carenze in termini di penitenza e di apertura a questi argomenti. È paradossale, ma abbiamo avuto problemi di questo tipo nelle nostre parrocchie. D’altra parte, le persone che non aderiscono ad alcuna religione o non vanno in chiesa regolarmente, tendono ad essere molto aperte, ad esempio sul tema della castità, dell’amore e del rispetto. È molto incoraggiante che soprattutto le giovani generazioni rispondano attivamente. La mentalità della vecchia generazione è ancora influenzata dalle idee del comunismo, quando l’aborto era visto come qualcosa di normale, quasi naturale, e molte donne hanno avuto cinque o anche dieci aborti nella loro gioventù. Non è facile cambiare questa mentalità. In generale, penso che abbiamo buone possibilità di sviluppo del settore pro-vita e pro-famiglia nel nostro Paese. Le famiglie numerose sono sostenute dallo Stato, le autorità prendono posizione contro l’aborto… Ma cambiare la mentalità della gente di solito è più difficile che cambiare la legge, quindi ci rendiamo conto che c’è molto lavoro da fare”.