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Europa e donna formano un binomio inseparabile: bisogna rafforzarlo con progetti, azioni, risorse” “” “
L’Europa è stata dall’inizio una creatura femminile: la mitologia ci fornisce immagini eloquenti della nascita europea, una nascita profondamente marcata dal femminile fin dai primi istanti. Le attuali politiche in atto non dovrebbero perdere di vista questa realtà che conferisce all’Unione Europea un carattere del tutto particolare.
Per fare dell’Unione europa un organismo dinamico, paritario e solidale, il primo scoglio che si deve superare è proprio la rappresentanza delle donne. Tramite i media, abbiamo l’impressione che la costruzione europea sia un’invenzione di uomini. I volti femminili sono scarsi. Le donne fanno parte dell’Europa ma sono poche quelle che sono in prima linea nella sfera pubblica. Le donne, così come le religioni, non sono un appendice da integrare nell’Unione perché questa sia politicamente corretta: ne fanno parte integralmente, essenzialmente. Occorre un invito speciale alle giovani europee per sollecitarle a far parte pubblicamente della costruzione e dell’allargamento dell’Unione.
L’Europa ha bisogno della donna per rimanere fedele a se stessa. Ha bisogno di donne che siano protagoniste, soggetto di questo processo in atto.
L’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE stabilisce che “la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”. Questo principio della parità non osta all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato. La presa d’atto di questa sottorappresentazione è positiva perché sottintende la volontà di adottare misure per eliminarla. Le parole, nella costruzione europea, acquistano però pieno senso quando si traducono in misure.
La parità, la libertà, l’uguaglianza o la solidarietà sono elementi presenti nella Carta dei diritti. La donna ha il compito di farli vivi, di attuarli. La donna europea deve prendere coscienza del suo ruolo nella costruzione ed ampliamento di questo progetto comune. Un primo compito è quello di esserci. E il secondo, di coinvolgere altri ad farne parte. La capacità di incoraggiare le persone a far parte di un progetto comune, di invitare tutte le parti a giocare e di mediare tra questa è una delle qualità femminili più necessarie per l’odierna Europa. Bisogna disegnare un’Europa a più voci e colori, un’Europa paritaria e rappresentativa della sua ricchezza e varietà.
Dall’altra parte l’Europa affronta con fatica l’immigrazione che è un fenomeno femminile: la metà degli immigrati sono donne. Catherine Withol, del Centro nazionale di ricerca di Parigi, afferma che questo nuovo fenomeno comporta un’evoluzione di attitudini, una diminuzione della natalità e il crescente traffico di donne. Di fronte a questa realtà, le Chiese hanno la responsabilità di dare spazio alle donne immigrate nelle comunità parrocchiali, così come il supporto necessario per lottare contro lo sfruttamento.
L’Europa che stiamo costruendo ha tre compatrone: santa Brigida di Svezia, santa Caterina da Siena e santa Teresa Benedetta della Croce conosciuta anche come Edith Stein. Tra esse, Edith Stein incarna il nodo tra la tragedia e la speranza del continente europeo. Il Papa la dichiarò compatrona europea il 1° ottobre 1999, affermando che con questa dichiarazione si estendeva il rispetto, la tolleranza e l’accoglienza che invitano uomini e donne a capirsi ed accettarsi oltre le differenze di razza, cultura o religioni. Le ombre che talvolta appaiono sulla terra europea si dissiperanno solo con il rispetto “attivo” della differenza, brillantemente incarnato da questa donna eccezionale. Europa e donna formano un binomio inseparabile e potenzialmente molto fecondo. Bisogna rafforzarlo, non soltanto nominalmente ma con azioni, progetti e risorse.