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Confronto aperto sulla Chiesa e l’Europa che cambia. Novanta vescovi riuniti a Roma discutono con i giovani ” “” “” “” “
Da oggi, 24 aprile, fino al 28 si tiene a Roma il 10° Simposio dei vescovi europei, promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), sul tema: “Giovani d’Europa nel cambiamento. Laboratorio della fede”. Al simposio partecipano 90 vescovi e 35 giovani, scelti dalle Conferenze episcopali e da alcuni movimenti. Dall’Albania all’Ucraina sono rappresentate tutte le 34 Conferenze episcopali del continente. Seguono i lavori anche una delegazione della Kek (Conferenza delle Chiese europee) e una decina di giovani giornalisti provenienti da diversi paesi dell’Europa.
Nel documento di lavoro a disposizione delle Conferenze episcopali si indicano come filo conduttore del Simposio le parole del Papa che nella Giornata mondiale della gioventù dell’agosto 2000 a Tor Vergata (Roma), aveva definito l’esperienza giovanile della fede come “laboratorio”, spazio di grazia e ascolto, di ricerca ed incontro. I vescovi vorrebbero avvertire, partendo dall’esperienza di fede dei giovani, il cambiamento culturale in atto in Europa. Sono previste quattro piste di ricerca: quali contenuti e percorsi per una nuova evangelizzazione emergono dalle esperienze di fede dei giovani? Quali sfide emergono per la Chiesa dalle esperienze ‘critiche’ vissute oggi da parte dei giovani nei confronti della fede? Quali sono gli elementi costitutivi di itinerari di fede per i giovani? Quali le caratteristiche base di una Chiesa missionaria per e con i giovani?
“Il fatto che i vescovi, delegati da tutte le Conferenze episcopali, hanno voluto al simposio la presenza di un nutrito gruppo di giovani osserva don Aldo Giordano, segretario generale del Ccee – è un’indicazione chiara che la Chiesa d’Europa guarda con un orizzonte aperto al futuro. La presenza di delegati delle altre Chiese cristiane e degli organismi episcopali dell’Africa, Asia, America assicureranno che l’orizzonte dei lavori sia dilatato a livello ecumenico e su tutte le latitudini della terra, con fiducia e responsabilità”. In questo numero speciale di SirEuropa presentiamo le esperienze di pastorale giovanile nei diversi Paesi europei e offriamo una sintesi di alcune relazioni e interventi al Simposio. Apriamo con una lettera scritta da Sarah Numico, una “giovane europea” ai suoi coetanei.
Cara amica, caro amico,
comincia oggi il X Simposio dei vescovi europei convocato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Provo a raccontarti i pensieri, le domande e le attese che mi porto dentro. Sono oltre tre anni che il Ccee sta preparando il Simposio e, come tutte le cose lungamente attese, la carica emotiva è tanta oggi.
La cosa centrale del simposio, è forse quella più difficile da spiegarti: evangelizzazione! Questa parola torna, come un leit motiv nella storia di questi simposi. Ogni tre anni circa i vescovi dell’Europa si sono trovati per confrontarsi su come la Chiesa sta annunciando nel nostro continente la notizia che Gesù Cristo è morto e risorto per dare un senso e una speranza alla vita dell’uomo. Quando sento parlare di evangelizzazione mi pongo sempre la domanda se noi per primi abbiamo effettivamente capito quel messaggio e quella bella notizia (per ciò che dice, non per quello che a noi interessa fargli dire) e se il rischio non sia a volte di presumere che il Vangelo è già stato letto e capito abbastanza.
Mi pare che le nuove generazioni siano molto sensibili su questo tema e cerchino persone di Chiesa credibili, capaci di esprimere con la loro vita la convinzione e la fedeltà a ciò che dicono. E la domanda che i giovani più spesso rivolgono ai pastori è proprio quella: aiutateci a credere con la vostra vita, a conoscere di più il Cristo, la Parola, a cui voi avete “donato” tutto ciò che voi siete.
È così con il Papa, ad esempio: quell’uomo è credibile. Non tutto quello che lui dice viene condiviso o vissuto dai giovani, ma la sua persona è messaggio che tocca i cuori e che fa sentire i giovani a casa, accolti, capiti. E in questo spazio di accoglienza, di incontro, di dialogo, può nascere un rapporto, può crescere la fiducia e la ricerca insieme delle risposte alle domande di senso che ci portiamo dentro. Ed è un’espressione del Papa a Tor Vergata che è stata usata per il titolo del Simposio “Giovani d’Europa nel cambiamento. Laboratorio della fede”. L’idea centrale è: la vita e l’esperienza di fede (variegata al massimo!) che vivono i giovani in Europa non sono tanto allo studio per scrivere nuove pagine di sociologia, ma per vedere attraverso di loro quali sono i segni dei tempi e fare una lettura “sapienziale” a partire da ciò che si vive, si cerca, si spera, si teme oggi in Europa.
Una cosa certamente nuova e interessante di questo simposio è che 35 giovani delegati delle Conferenze episcopali e di alcuni movimenti e associazioni parteciperanno ai lavori per dialogare insieme con i vescovi di queste tematiche. Ogni giorno verrà presentata una relazione di fondo, che sarà poi dibattuta, riletta e interrogata in una tavola rotonda di giovani; il confronto proseguirà nei gruppi di lavoro. Ci saranno poi spazi di racconto e di incontro con esperienze di pastorale giovanile in diversi paesi d’Europa. Certo i giovani che vanno a Roma sono già impegnati in modi diversi per e nella Chiesa. Mi chiedo se e come sarà possibile che entrino nei dibattiti e nelle riflessioni del simposio anche quei giovani che sono la maggioranza! che non hanno contatti con la Chiesa o che non ne capiscono certe scelte e certi aspetti.
Questo incontro tra le generazioni sarà la cosa più interessante: la vita insieme per quattro giorni, la preghiera condivisa, lo sforzo di riflessione e di dialogo. Credo sarà questo l’evento. Non so se lo si potrà esprimere nel messaggio finale del simposio o nel documento che i giovani scriveranno nelle giornate romane. Ciò potrà nutrire innanzitutto i 160 delegati che vivranno il simposio perché poi, ciascuno sappia allargare la rete, “raccontare” e generare qualcosa di nuovo e incisivo ritornando a casa. Ci saranno anche ospiti di altri continenti (dall’Africa e dall’America latina) che sono stati invitati per collocare i “guai” dell’Europa in un contesto globale; e poi saranno con noi sei delegati della Conferenza delle Chiese d’Europa.
Oltre a tutto ciò mi porto a Roma anche due preoccupazioni in particolare che vive il nostro continente oggi: il Medio Oriente, con una pace che a volte pare prospettiva disperata! Non ti pare assurdo che proprio nei luoghi dove Gesù Cristo è nato e vissuto, lì c’è violenza e morte senza fine? Discernere e capire quale sia la prospettiva nuova che lui ci ha portato pare impossibile. E poi, il futuro dell’Europa, i lavori della Convenzione, la ricerca di un modello di unità politica nel rispetto della diversità degli stati (oggi in particolare si discute per la sorpresa delle votazioni in Francia!). Ancora una volta mi pongo la domanda: che cosa vuol dire abitare da credenti la politica? Quale il ruolo della Chiesa nella politica?! Voglio dirti un’ultima cosa: il 22 aprile era l’anniversario della firma della Charta oecumenica, linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa (era avvenuta alla conclusione dell’incontro ecumenico che il CCEE e la KEK avevano organizzato lo scorso anno a Strasburgo). Era stata una festa, ma solo nei mesi successivi ci siamo accorti della sua portata: perché quel documento sta generando una catena di incontri e iniziative in ogni angolo del nostro continente. In fondo spero che questi giorni romani siano un altro contributo che nell’oggi possiamo dare, un passo in più che possiamo fare per conoscere il Mistero.
Sarah
Europa – 24 aprile 2002