editoriale" "

Le Chiese si rivolgono all’Ue

” “La Convenzione ” “costituisce una” “occasione per rivedere ” “i rapporti tra le ” “confessioni religiose ” “e gli Stati e tra queste ” “e l’Unione” “” “



L’apertura, a Bruxelles, dei lavori della Convenzione destinata ad elaborare il progetto di costituzione europea rappresenta un evento ricco di significato sotto molti profili, siano essi politici che giuridici. Politici perché dalla scelta degli “argomenti” che saranno inseriti – accanto a quelli già previsti – dipende la redazione ed il contenuto di un testo al quale dovranno ispirarsi le future generazioni europee; giuridici, perché le norme che comporranno l’atto sono appunto destinate a dare forma giuridica a scelte che si ritengono opportune nel lungo periodo. Tra i grandi temi in agenda già previsti dal Vertice di Laeken c’è anche l’incremento della cooperazione per combattere la tratta degli essere umani, l’armonizzazione del diritto di famiglia, l’Eurojust, l’applicazione e la modifica della convenzione di Dublino in materia di immigrazione, la questione delle procedure sull’asilo, il controllo comune delle frontiere esterne.
L’allargamento dell’Unione resta sempre un problema di grande attualità che, grazie agli sforzi sia sul piano economico sia su quello democratico degli Stati interessati, si avvia forse a soluzione. Quanto agli strumenti giuridici, sembra che si privilegerà il ricorso alla convenzione-quadro che lascia più spazio a Stati e regioni, chiamati, tutti, ad intervenire nel processo costituzionale, considerate come un nuovo metodo di riforma dei trattati da realizzarsi con il concorso delle varie istituzioni comunitarie e non già a porte chiuse, allo scopo di redigere un documento non certo di carattere residuale, rispetto a scelte pregresse, bensì ricco di raccomandazioni e con una serie di opzioni da vagliare. Quanto ai partecipanti alla Convenzione, deve rilevarsi che è prevista la presenza di una rappresentanza sia di parlamenti nazionali sia del parlamento europeo, nonché della Commissione, dei rappresentanti degli Stati membri e dei Paesi candidati, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni, delle parti sociali e delle regioni fornite di potere legislativo.
E’ davvero singolare che non sia prevista una partecipazione delle Chiese in un continente nel quale la più recente guerra, ossia i conflitti combattuti nell’area balcanica, hanno una radice interreligiosa, oltre che interetnica. Nel momento in cui le stesse chiese ricercano ed evidenziano le comuni radici monoteistiche risulta alquanto inatteso il silenzio sulla loro funzione equilibratrice e pacificatrice. La quale può esistere ed essere esercitata solo là dove sia consentita la libertà religiosa in senso ampio, non solo intesa come libertà di culto, ma come manifestazione e pratica tanto individuale quanto collettiva di una fede. In effetti le scarne parole dell’art. 23 della Carta europea dei diritti fondamentali risultano insoddisfacenti ed insufficienti allo scopo di garantire al singolo ed alle collettività quella libertà religiosa di cui per decenni molti sono stati privati in alcuna aree del continente…
Tale garanzia potrebbe provenire solo dalla presenza in seno alla Convenzione dei rappresentanti delle maggiori religioni europee e, prima fra tutte, dalla Chiesa cattolica. Questa osservazione si colloca nella stessa direzione di quella concernente l’assenza nella citata Carta di un espresso riferimento alle “radici cristiane dell’Europa”, alle quali in varie occasioni il Santo Padre ha fatto richiamo. Tali “radici” si ritrovano sia nelle varie analisi storiche, sia nel patrimonio culturale e finanche monumentale del vecchio continente, ove quasi ogni città ed ogni borgo lasciano scorgere retaggi di un passato legato alla cristianità. Ora l’evento della Convenzione costituisce un’occasione anche per rivedere i rapporti tra le confessioni religiose e gli Stati e tra esse l’Unione, nonché sul piano reciproco. Rapporti da regolare con chiarezza e senza quei caratteri che storicamente hanno impresso le relazioni tra gli Stati e la religione cattolica, fatte di concessioni, sia pure su basi concordate. Rapporti tra enti paritari i quali si assicurano il rispetto reciproco nelle materie di rispettiva competenza e garantiscono ai cittadini europei l’esercizio del diritto di libertà di religione, espressamente contemplato dall’art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.