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” “L’Europa ha un posto importante nei venticinque anni in cui Wojtyla ha contribuito a trasformarne il volto, deturpato dal muro ” “
“Antistorico e offensivo per i padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente spetta ad Alcide De Gasperi”: così il Papa considera l’assenza del legame imprescindibile tra Europa e Vangelo nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Lo ha dichiarato lo stesso Pontefice ricevendo in udienza i partecipanti al III Forum internazionale su “L’Europa nel pensiero di Giovanni Paolo II” (cfr. servizio pag. seguente) . “La mia preoccupazione più grande per l’Europa ha proseguito il Papa è che essa conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana”. Secondo Giovanni Paolo II, di fronte al laicismo e al secolarismo diffusi, “il ‘vecchio’ continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua anima e per non perdere ciò che l’ha reso grande nel passato e ancora oggi lo impone all’ammirazione degli altri popoli” perché “è in virtù del messaggio cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della dignità e dell’inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita dignitosa e sicura”; valori senza i quali l’Europa “rischia di cadere nel relativismo ideologico e di cedere al nichilismo morale”.
Giovanni Paolo II è certamente il più universale dei papi, primo non italiano da secoli, viaggiatore da record in tutto il mondo. E’ un grande pontificato perfettamente in sintonia con i processi di mondializzazione di cui tanto si parla, semplicemente perché cattolico. Anche per questo l’Europa ha un posto importante nei venticinque anni in cui Karol Wojtyla ha contribuito a trasformarne il volto, deturpato dal muro. Si sente così in diversi interventi degli ultimi mesi una preoccupazione nuova: seguire e sostenere un passaggio delicato dell’Europa, cioè la piena presa di coscienza politico-costituzionale dell’Unione e le delicate scelte che ne conseguono. Con la consapevolezza che queste saranno importanti non solo nello spazio dei Quindici ma potranno diventare esemplari sul più ampio spazio continentale e più ampiamente su uno scacchiere mondiale che l'”unipolarismo” non sembra riuscire ad organizzare.
La nuova definizione politico – costituzionale dell’Unione, oggi all’ordine del giorno della Convenzione, non potrà riprendere le linee dei vecchi stati-nazione e neppure tratti federali tradizionali. Occorre andare oltre i modelli ed essere capaci di iniziativa e creatività, per definire un sistema istituzionale fatto di molti soggetti, aperto al pluralismo, alla sussidiarietà. Ma per fare questo, ripete Giovanni Paolo II, è necessario essere consapevoli dell’identità e dei valori di riferimento. Perciò li ripete, non mancando di denunciare le colpevoli omissioni. Ai partecipanti al III Forum della Fondazione De Gasperi ha ribadito di essere preoccupato “per l’Europa che conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana” e che questa sia anche pubblicamente riconosciuta.
Distingue perciò la sana laicità delle istituzioni dalle pretese del laicismo e del secolarismo, che predicano – da secoli “l’esclusione assoluta e totale di Dio e della legge morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana”. Per questo via non si va da nessuna parte. Ma Giovanni Paolo II non guarda al passato, non sogna assolutamente “restaurazioni”. Il suo disegno è quello di ri-innestare i valori secolarizzati (a partire da quelli espressi nella triade rivoluzionaria) nelle loro origini cristiane, consapevole che solo così potranno fruttificare in modo creativo. I nostri sono anni di scelte e le scelte non possono fondarsi sul “relativismo ideologico” o sul “nichilismo morale”. Questo grande disegno culturale e spirituale deve diventare vita, deve tradursi in impegni anche politico-istituzionali. De Gasperi è un esempio. Ed ora?