editoriale" "
” “Numerosi incontri interreligiosi hanno accompagnato nelle ” “diocesi europee la Giornata di preghiera per la pace: lo "spirito di Assisi" si va diffondendo ” “
Se si ricollegassero gli eventi cruenti del Medio Oriente con la Giornata di preghiera per la pace ad Assisi, si potrebbe essere tentati di giungere alla conclusione di un suo fallimento. Alcuni non hanno esitato di far notare che due giorni prima, tutti gli assenti di Assisi coloro che sono coinvolti dal conflitto in Terra Santa erano invece ben presenti ad Alessandria per invito del primate anglicano, George Carey, per tentare di aprire tra religiosi un dialogo che è oggi impossibile tra politici. Ma gli obiettivi non erano gli stessi, per lo meno a breve termine. L’urgenza di risolvere al più presto la crisi del Medio Oriente non rende inutile l’intervento interreligioso voluto da Giovanni Paolo II. Reso indispensabile dall’attualità, questo intervento si iscrive in un processo di lunga durata che riguarda il mondo intero e mira ad un profondo cambiamento delle mentalità. Da questa prospettiva, quanto è successo nella riunione di Assisi può dirci già tanto del profondo impatto di questa iniziativa e misurare il percorso compiuto dal 1986, quando un tale vertice interreligioso era ancora una novità assoluta per i mass media. Ad esempio, in Francia la giornata della pace ha particolarmente mobilitato i cattolici che, bisogna precisare, non sono sempre stati così aperti ad iniziative di dialogo interreligioso, di incontro con l’altro; tale risultato è senz’altro il frutto di quindici anni di un lavoro paziente da quando Assisi 1986 aveva fatto di questo movimento un obiettivo importante. Peraltro, va ricordato che il 24 gennaio scorso numerosi incontri interreligiosi hanno accompagnato quello di Assisi nelle diocesi.
In questo senso, è importante l’iniziativa presa dal Congresso ebraico europeo di organizzare a Parigi il 28 e il 29 gennaio, un incontro di alto livello tra ebrei e cattolici al quale partecipavano i cardinali Kasper, Lustiger e Schönborn (cfr servizio pg. 10) . La novità sta nel fatto che l’iniziativa dell’incontro proveniva da parte ebraica: “desideriamo rendere omaggio al Papa per il dialogo con il mondo ebraico”, ha spiegato a “La Croix”, Serge Cwajgenbaum, segretario generale del Congresso ebraico europeo. Parole che suonano come una vittoria dello spirito di Assisi. L’idea che le religioni non debbano essere fonti di guerra si sta diffondendo. Ci vorrà ancora tanto prima che venga riconosciuta da tutti ma incontri come quello di Assisi contribuiscono a rendere il compito più arduo a coloro che non esitano a manipolare la fede e la fiducia dei credenti per scopi aggressivi o ingiusti. Senza voler illudersi sul loro impatto immediato, tutti i gesti che riflettono lo spirito di Assisi meritano di essere colti come altrettanti passi in avanti. E’ assai significativo che il giorno prima dell’evento di Assisi, il grande muftì di Tunisia abbia scritto al vescovo di Tunisi: “condanniamo il terrorismo, l’islam è per la pace”. E, quando durante incontri interreligiosi si prega contemporaneamente a Buenos Aires, a Mosca, a Manila o a Dakar, è una pietra aggiunta ad una costruzione che richiede pazienza. Quando, all’indomani dell’ultima guerra, uomini – fra i quali alcuni uscivano direttamente dai campi di concentramento si sono lanciati nella riconciliazione franco-tedesca, essi hanno progredito così, passo dopo passo, gemellando città dei due paesi, scambiando visite di studenti, di sportivi, di corali o di pompieri. E, a poco a poco, l’idea di un ennesima guerra franco-tedesca è svanita.
Giovanni Paolo II non mira a raccogliere l’unanimità delle religioni e incontri come quello di Assisi non pretendono di fondare le Nazioni Unite della fede. Non si tratta neanche di trovare soluzioni politiche per ogni conflitto che insanguina il pianeta. Il punto è sapere se la pedagogia della pace possa divenire un bene comune alle religioni. Il Papa lavora all’obiettivo che le religioni non siano più fonti di guerra. Basta guardare il mondo per vedere che rimane ancora tanto da fare, che occorreranno altre Assisi ed altre iniziative provenienti da altri esponenti religiosi. In tal senso, coloro che hanno l’incarico di diffondere l’informazione possono contribuire essi stessi a far progredire la pace, mostrandosi meno disillusi. C’è un tempo per i gesti spettacolari ma occorrono tempo e perseveranza affinché cambino gli spiriti.