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(Foto: Siciliani- Cristian Gennari/SIR)


Giovanni Paolo II: l’unità profonda di un Pontificato realmente universale” è il titolo della lezione che il card. Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha tenuto nell’Atto accademico con cui gli è stata conferita la laurea “Honoris Causa in teologia dall’Università Cattolica di Lublino, il 16 ottobre 2002. Ben volentieri, come editoriale di questo numero, proponiamo il testo del passaggio riguardante la costruzione della casa comune europea.

“Nel contesto della sollecitudine universale per tutti i popoli e i continenti, una davvero speciale attenzione all’Europa attraversa tutti questi 24 anni di Pontificato ed ha evidenti radici nell’esperienza storica che Giovanni Paolo II ha vissuto qui in Polonia. Anzi, la sua riflessione sull’Europa aveva già trovato espressione anche in un saggio pubblicato in lingua italiana prima della sua elezione a Successore di Pietro. Caratteristica fondamentale di questa riflessione è quella dell’unità del continente europeo: un’unità culturale e spirituale prima ancora che geografica, ed evidentemente prima che economica e politica. Aver creduto in questa unità ed averla instancabilmente promossa, anche quando essa sembrava esulare da ogni attuale possibilità storica, è un aspetto saliente del Magistero, realmente profetico, di questo Pontefice.
La rivendicazione dell’unità va di pari passo con la chiara consapevolezza della pluralità degli apporti che sono alla base della civiltà europea e con la sincera volontà di valorizzare armonicamente ciascuno di essi. Fondamentale, a questo proposito, è la sottolineatura delle due gradi correnti di tradizioni cristiane, quella orientale e quella occidentale, alle quali si connettono due diverse ma profondamente complementari forme di cultura: sono questi i due “polmoni” con i quali anche oggi l’Europa deve respirare. In questa ottica, l’unità economica e politica che ha cominciato a realizzarsi tra le nazioni dell’Europa occidentale poco dopo la fine della seconda guerra mondiale è stata sempre vista da Giovanni Paolo II con grande favore, a condizione però di non essere ripiegata su se stessa e di non sottintendere una divisione permanente del continente europeo. Nella nuova situazione creatasi con gli eventi del 1989, l’allargamento dell’Unione Europea alle nazioni che ne erano rimaste escluse per le vicende della guerra fredda è diventato una priorità non eludibile, sulla quale il Papa continuamente insiste.
Il nuovo ordinamento istituzionale dell’Unione Europea, a cui sta lavorando la Convenzione istituita al vertice di Laeken, richiede d’altronde che siano meglio esplicitati gli obiettivi della costruzione europea e i valori su cui essa deve basarsi, con la franca denuncia di quella “ingiustizia” ed “errore di prospettiva” che è, come ha detto Giovanni Paolo II nel discorso al Corpo Diplomatico del 10 gennaio 2002, “la marginalizzazione delle religioni”, purtroppo manifestatasi in varie occasioni, a proposito del riconoscimento sia delle radici cristiane della cultura e società europea sia dell’indole propria e dei diritti originari delle diverse comunità religiose: riconoscimento che non contrasta affatto con le esigenze di una laicità rettamente intesa delle istituzioni europee.
In effetti, per servire veramente alla costruzione della “casa comune europea”, il nuovo ordinamento istituzionale dovrà riconoscere e tutelare quei valori – incentrati sulla dignità inviolabile della persona umana – che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’umanesimo europeo: è questa l’unica via per realizzare un’Europa dei popoli, e non soltanto dei mercati o delle istituzioni, sulla base del principio di sussidiarietà che consente al genio delle singole nazioni di non annullarsi in una innaturale omologazione ma di dare il proprio apporto originale al bene di tutti. Non possiamo limitarci però ad attendere che tutto ciò sia realizzato dai responsabili istituzionali e politici: occorre invece quell’impulso che può venire dai popoli stessi, e dalle Chiese in essi”.