Mondiali di calcio

“Lo sport aiuta a crescere”

La testimonianza del vescovo spagnolo Algora Hernando. Un Paese “nel pallone”

Sono iniziati da pochi giorni i Mondiali di calcio in Brasile. E la nazionale spagnola, la squadra che detiene, al momento, il titolo di campione del mondo e anche d’Europa, è partita proprio con il “piede sbagliato”. Nel primo incontro, che l’ha vista sfidarsi con l’Olanda, con la quale si era misurata nella finale del Mondiale 2010 battendola, è andata sotto con un poco onorevole 5 a 1 a favore degli “Orange”. Se prima dell’inizio della Coppa 2014 era grande l’attesa, ora la Spagna è in trepidazione per quello che accadrà sui campi di calcio dall’altra parte del mondo. Il calcio è molto amato in Spagna, e tra i tifosi ci sono anche dei vescovi, appassionati di calcio. Gigliola Alfaro, per Sir Europa, ha intervistato il vescovo di Ciudad Real, monsignor Antonio Angel Algora Hernando. Nella sua diocesi lo sport riceve una grande considerazione. La Delegazione diocesana di Pastorale giovanile ha organizzato un torneo diocesano di calcio e pallacanestro, che si terrà dal 27 al 29 giugno a Villarta de San Juan. All’iniziativa, che vuole essere nelle intenzioni della Delegazione una nuova avventura dove lo sport e l’educazione nei valori s’incontrano, è dedicato anche un sito web: www.copadiocesana.es.

Eccellenza, la nazionale spagnola è, attualmente, campione del mondo e d’Europa, ma ha subito una pesante sconfitta nella partita d’esordio: come vive la Spagna questo campionato mondiale di calcio?
“Credo che per tutto il mondo è un grande avvenimento. Molti sguardi saranno puntati sul Brasile e allo svolgimento della Coppa del mondo. Anche se si tratta fondamentalmente di un evento sportivo, tuttavia, racchiude molti valori: sforzo, sacrificio, probabilmente dolore tra coloro che perdono, cameratismo, sportività, sostegno gli uni con gli altri, gioco di squadra… Nello sport ci sono molti valori dei quali dobbiamo tener conto. Sicuramente molti hanno visto il film ‘Invictus’ di Clint Eastwood che narra un episodio importante della storia del Sudafrica. Nel film si parla dell’importanza dello sport e di come, attraverso di esso, si può arrivare a molte altre cose”.

In Spagna ci sono esperienze di oratorio e di tornei di calcio nelle parrocchie e nelle diocesi?
“Sì. È comune che intorno al calcio siano organizzati tornei e campionati dalle parrocchie e anche dai seminari dove si preparano i futuri sacerdoti. Come ho detto prima, lo sport in generale, e quindi anche il calcio, è un grande trasmettitore di valori che possono essere sfruttati per l’educazione dei bambini e dei giovani”.

Nel suo Paese il calcio dunque è molto amato?
“Il calcio è il ‘re degli sport’ in Spagna. Ha più appassionati di qualsiasi altro sport con un grande scarto. Ci sono migliaia di tifosi di tutte le squadre che ogni settimana seguono con passione la loro formazione del cuore. Si renda conto: quando la Spagna ha vinto la Coppa del mondo quattro anni fa, sembrava il giorno dopo che nessuno avesse problemi. Sembrava – o almeno questa era la mia sensazione – che la crisi economica che tanto ci sta facendo soffrire da vari anni, non esistesse. All’improvviso, pareva che stessimo in un altro ‘mondo'”.

Si utilizza il calcio come mezzo per trasmettere valori?
“Certamente. Ricordo il tempo in cui ero in seminario. Giocavamo a calcio e a pallacanestro. Per me furono molto importanti quei momenti di gioco. Non pensi solo a te stesso, pensi alla squadra, alla vittoria e anche alla sconfitta possibile. In entrambi i casi, lo sport va accompagnato dall’impegno, dalla collaborazione affinché la squadra giochi il meglio possibile. In fondo, è come la vita stessa. Altra cosa è lo sport spettacolo, dove somme milionarie nei contratti, le frodi fiscali, migliaia episodi di corruzione che si verificano portano a una anomia nella quale l’espressione ‘tutto va bene’ pare normale”.

Lo sport, al di là di questi casi negativi, è, comunque, un aspetto essenziale nella formazione integrale dei giovani?
“Credo di sì. Proprio perché, come ho detto prima, è come la stessa vita. Se uno sbaglia in una squadra non danneggia solo se stesso, fa soffrire tutta la formazione. Educare i giovani a essere integrati nella società, a rendersi conto che facciamo parte di un tutto, che ognuno è importante e deve giocare il suo ruolo e servire tutti gli altri. Nello sport tutto ciò si vede in modo semplice e ci permette di riflettere su una realtà più profonda”.