FAMIGLIA E CHIESA

Paesi nordici: “Qui è tutto diverso”

Incontri per sostenere la realtà familiare. Parla Johanna Bos del centro pastorale della diocesi di Copenaghen

Uno dei tratti emersi al Sinodo straordinario sulla famiglia, da poco concluso, è la profonda diversità di situazioni e di problematiche in cui vive la famiglia in Europa e nel mondo intero, poste in luce dagli stessi padri sinodali. Lo si può cogliere, ad esempio, ascoltando l’esperienza dei Paesi nordici, che, su iniziativa della Conferenza episcopale (che comprende Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda) sta compiendo un cammino di “incontri a sostegno della famiglia, a cadenza quadriennale, in uno dei cinque Paesi a turno”, spiega a Sir Europa Johanna Bos, del centro pastorale della diocesi di Copenaghen, incaricata della preparazione del secondo incontro che sarà a maggio 2015 in Danimarca (il primo si è svolto in Svezia nel 2011). Un gruppo di laici coordina i lavori; sono attese circa 300 persone. Sarà un momento di condivisione e di festa, “con pochi momenti accademici”. Gli unici interventi previsti sono di Bjørn Håkonsson, psicologo e diacono, marito e padre, e del vescovo di Tromsø, Berislav Grgiæ, responsabile per la pastorale familiare della Conferenza episcopale.

Qual è lo scopo dell’appuntamento danese?
“Non vorremmo concentrarci sugli aspetti negativi delle famiglie, ma dare coraggio. Per questo è stato scelto come titolo ‘La forza della famiglia cattolica’. Qui in Danimarca siamo 40mila cattolici, di cui solo metà danesi e il resto polacchi, filippini, tamil e altre nazionalità, su una popolazione di 5,2 milioni di abitanti. E le famiglie cattoliche hanno bisogno di coraggio, di farsi vedere, di non nascondersi. Per tanto tempo essere cattolici è stato quasi un motivo di vergogna. C’è persino un modo di dire danese che associa i cattolici all’esser matti. Quindi c’è bisogno di mostrare con la vita, con i gesti, quello in cui si crede. Come ad esempio pregare facendo il segno di croce prima dei pasti o visualizzare la fede nella casa con un crocifisso o un’icona. L’incontro sarà molto pratico, con tanti workshop e spazi per far circolare esperienze o anche libri sulla famiglia, sull’educazione dei figli alla fede”.

Come sono le famiglie cattoliche nei vostri Paesi?
“Famiglia cattolica per noi vuol dire spessissimo famiglie miste. È una presenza abituale, e lo sarà anche al nostro incontro. Sono famiglie che hanno bisogno di tanto sostegno: all’inizio del matrimonio ci sono buoni propositi per vivere la fede, ma poi non è sempre facile, ad esempio quando il marito o la moglie non cattolico iniziano a chiedere ‘bisogna veramente andare a messa domenica?’. Chi riesce a proseguire il proprio cammino, in genere porta con sé il coniuge non cattolico, che spesso s’incuriosisce e a volte diventa cattolico”.

Come sta la famiglia nei Paesi nordici?
“Qui la tolleranza è all’estremo. Tutto è possibile. In Danimarca e nella Chiesa luterana le coppie omosessuali sono riconosciute come famiglie, spesso hanno anche dei figli, e i matrimoni omosessuali ricevono una benedizione nella Chiesa luterana. Non è certo così per la piccolissima Chiesa cattolica, dove tutti conoscono tutti e dove il ‘diverso’ fa fatica a essere accettato. È però anche difficile rimanere cattolici nella quotidianità, perché è una scelta che richiede tempo e dedizione. Vediamo ad esempio che i bimbi che vengono a catechismo, spesso nella famiglia non ricevono nessun tipo di educazione cattolica”.

I Paesi nordici brillano per le loro politiche per la natalità e la famiglia…
“In quasi tutti i nostri Stati vi è stata una lunga fase di governi socialdemocratici che hanno cercato di improntare una società in cui tutto fosse garantito, ‘dalla culla alla tomba’. Perché marito e moglie possano restare sul mercato del lavoro bisogna ad esempio offrire soluzioni per i figli, che a partire dai sei mesi vengono affidati agli asili nido”.

Quindi sono politiche davvero efficienti?
“Certo, però con questo sistema si sta sbriciolando il concetto di famiglia: da alcune generazioni ormai i bambini vengono educati dalle istituzioni; tanti genitori lo vivono ora con un grande senso di colpa; quando poi nel week-end c’è tempo per i figli, questi vengono ‘sovra-amati’ e tanti genitori si accorgono di non sapere che cosa significhi educare. Non c’è un passaggio di conoscenze sulle cose più semplici nemmeno tra le generazioni, in una famiglia. Si stanno moltiplicando professionisti e pedagoghi che affiancano i genitori per dare loro coraggio e aiutarli nei loro dubbi. Inoltre, per tanto tempo, le linee educative erano improntate a dare un’educazione ai figli orientata alla libertà, senza regole, mentre adesso si sta capendo che questo forse non è bene e che tanti bambini hanno bisogno di una mano più forte nella vita”.

Quali echi ha avuto il Sinodo sulla famiglia nei Paesi scandinavi?
“Non so quanto gli argomenti affrontati al Sinodo siano così vivi nella popolazione cattolica qui. Nel nostro periodico cattolico se n’è parlato e se ne parla, ma con poca eco… Fra l’altro la Chiesa cattolica nei nostri Paesi non ha le forze per mostrare la sua bellezza: siamo molto pochi e con poche risorse economiche”.