GRECIA/LE VOCI DEI CATTOLICI
Il presidente dei vescovi Papamanolis: sul referendum non c’è stata chiarezza. Padre Voutsinos (Caritas): qui si vive alla giornata
Dopo la gioia e gli abbracci a piazza Syntagma, davanti al parlamento di Atene, dei sostenitori del “no”, usciti vincitori dalle urne referendarie del 5 luglio, la Grecia si risveglia con i problemi di sempre, se non peggiori, almeno secondo gli sconfitti, quelli del fronte del “sì”. All’aria di festa si è presto sostituita una di attesa silenziosa, preoccupata. “Nessuno sorride più e si continua a vivere alla giornata come sempre”, dice il presidente di Caritas Grecia, padre Antonio Voutsinos.
Quesito poco chiaro. Oltre il 60% dei greci ha scelto di dire “oki” (no) al referendum indetto dal premier Tsipras sulla proposta dei creditori, ma non basta per ridare il sorriso a un Paese sull’orlo del default. “In realtà – commenta critico il presidente dei vescovi cattolici greci, monsignor Franghiskos Papamanolis – il referendum chiedeva al popolo di accettare o meno il piano di accordo presentato da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale nell’eurogruppo del 25 giugno scorso. Ma nessuno conosceva il contenuto di questo accordo che non è stato nemmeno tradotto in greco”. Per l’arcivescovo il quesito, quindi, non sarebbe stato posto in modo chiaro come richiesto dalla legge: “Se avessero chiaramente detto ‘volete l’Europa, volete l’euro, sì o no?’, l’80% delle persone avrebbe risposto ‘sì’. Credo che il ‘no’ avrebbe avuto più valore se fosse stata la risposta a un quesito chiaro. Così non è stato. E il premier greco si è dimostrato incompetente”.
“Vogliamo un’Europa solidale”. La Grecia, mai come ora, ha bisogno di certezze e chissà se queste potranno venire dai negoziati riavviati con l’Eurogruppo del 7 luglio. Le dichiarazioni dei vertici europei non sono state tranquillizzanti subito dopo il voto. Il cerino acceso adesso è in mano greca e chissà se basteranno le dimissioni del ministro dell’Economia, Yanis Varoufakis (al suo posto Euclid Tsakalotos), a facilitare l’accordo o le rassicuranti parole di Alexis Tsipras: “Vogliamo un accordo per uscire dall’austerity e un’Europa della solidarietà. Vogliamo continuare le trattative con un programma di riforme e di giustizia sociale”.
“No” all’austerità. Parole condivise anche da padre Voutsinos: “Le urne non hanno detto ‘no’ all’Europa e all’euro, ma a tutte quelle misure di austerity che non faranno altro che aumentare la povertà della popolazione che è già tanta”. E questo il presidente di Caritas Grecia lo sa bene dal momento che la Chiesa cattolica greca, dall’inizio della crisi, sostiene chi è in difficoltà. “Il Governo spera in un accordo più sostenibile per il nostro Paese. Noi vogliamo restare in Europa ma come si può quando si pensa al bene delle banche e non a quello delle persone?”. Il fronte politico interno greco, intanto si muove. Il premier Tsipras ha convocato lunedì 6 luglio i leader dei partiti per creare un fronte unito, dal quale si è chiamata fuori l’estrema destra di Alba dorata. “È un buon segno – spiega padre Voutsinos -, è la prima volta che tutti i partiti cercano convergenze e visioni comuni. Forse è il primo frutto di questo referendum. Con questo voto il popolo greco ha chiesto all’Europa un accordo sostenibile che gli permetta di riprendere a sperare nel futuro”.
Un segnale all’Ue. Parla di speranza anche il vescovo Dimitrios, esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino in Grecia. “Con questo voto i greci hanno ribadito la loro intenzione di restare in Europa e di voler trattare con i creditori. Non possiamo avere altri orientamenti. Nella disperazione quello di domenica è stato un voto di speranza. Sia coloro che hanno votato per il ‘sì’, sia i sostenitori del ‘no’ condividono lo stesso problema, come sopravvivere al momento presente”. Per l’esarca “c’è poco da gioire, purtroppo, ma sperare che i nostri governanti si rendano anche conto degli obblighi che la Grecia ha come Paese debitore e di come questi soldi ricevuti in prestito sono stati spesi. È impensabile una rottura adesso con i nostri partner europei. Bisogna arrivare a una soluzione sostenibile che non porti il popolo alla rovina. La Grecia – sostiene – ha lanciato un segnale forte all’Europa invitandola a riflettere che forse quanto sta accadendo qui potrà replicarsi a breve anche in altri Paesi dell’Ue”.