trattato di Nizza – Il rammarico del PE ” “” “

Deluso
dal Trattato
di Nizza,
il Parlamento europeo promuove “nuove vie”
per la riforma dell’Unione


Con 395 voti a favore, 70 contrari e 23 astensioni il Parlamento europeo il 31 maggio scorso ha approvato la risoluzione sul trattato di Nizza e il futuro dell’Unione europea. Nessun trionfalismo degli eurodeputati sul trattato firmato nella città francese il 26 febbraio 2001. Solo molto realismo; l’europarlamento constata infatti che “con il trattato di Nizza sparisce l’ultimo ostacolo formale all’ampliamento” dell’Unione da 15 a 27 Paesi, quale “fattore di pace e di progresso”.
Tuttavia, si legge ancora nella risoluzione, il Parlamento europeo “deplora vivamente che il trattato di Nizza abbia dato una risposta timida e in taluni casi insufficiente alle questioni all’ordine del giorno, di per sé già ridotto, della Conferenza intergovernativa”. Si lamenta, ancora una volta, una mancanza di trasparenza e democraticità nelle decisioni dell’Unione europea che la Conferenza intergovernativa e il Trattato di Nizza non sono riusciti a correggere. Il P.E. nota che “il processo decisionale all’interno dell’Unione” sia stato “reso più confuso ed opaco” e “deplora che non sia stata adottata nessuna disposizione volta a migliorare la trasparenza dei lavori del Consiglio, in particolare quando esso agisce in veste di legislatore”. Così come deplora che “la composizione del Parlamento europeo non sia disciplinata da principi chiari” ed “esprime la propria sorpresa per la decisione di superare il tetto di 700 membri” eletti.
La relazione di Iñigo Méndez de Vigo e António José Seguro, che accompagna la risoluzione, spiega la posizione del P.E. rispetto al Trattato di Nizza: “I risultati non sono stati all’altezza delle nostre aspettative e, come se ciò non bastasse, la Conferenza intergovernativa 2000 ha dato all’opinione pubblica dei diversi paesi l’impressione che i rappresentanti governativi si fossero rinchiusi per dieci lunghi mesi nella loro torre d’avorio, sordi alle domande dei cittadini e, soprattutto, senza associare gli europei né alle questioni discusse né alle decisioni adottate”.
Perciò il Parlamento europeo chiede di “sondare nuove vie” per la prossima Conferenza intergovernativa. In particolare suggerisce di abbandonare il metodo della “conferenza”, composta da diplomatici dei Quindici Paesi, per adottare il metodo della “convenzione”, già utilizzato per redigere la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. La convenzione, infatti, è più articolata e rappresentativa perché risulta formata da membri dei Parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, della Commissione e dei governi. Il P.E. suggerisce che tale “convenzione” rediga una proposta di costituzione europea, “fondata sui risultati di un vasto dibattito pubblico”, da presentare alla Conferenza intergovernativa e che funga da base per i lavori di questa.
Il P.E. chiede inoltre che la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, solennemente proclamata a Nizza, “sia integrata in modo giuridicamente vincolante nei trattati al fine di garantire pienamente i diritti di ogni persona e invita le istituzioni dell’Unione ad applicare fin d’ora nelle loro attività i diritti e le libertà riconosciuti nella Carta”.