Sono 49 le nazioni
del mondo ridotte
alla fame, ha detto
a Bruxelles il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Le proposte
del rappresentante della Santa Sede
Si è svolta la settimana scorsa a Bruxelles la III Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi Meno Avanzati (PMA), ovvero secondo la definizione dell’ONU gli Stati del mondo dove il 50% della popolazione dispone di meno di un Dollaro al giorno. Aprendo i lavori, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha ricordato che ci sono “49 Paesi, che rappresentano un decimo della popolazione mondiale, la cui vita è una lotta perpetua contro la fame, l’acqua inquinata, le malattie, l’ignoranza, l’oppressione e i conflitti armati”, e ha sottolineato la necessità di “mettersi d’accordo sugli obiettivi, sui meccanismi per raggiungerli e misurare i progressi compiuti”. Il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha ricordato con soddisfazione il contributo dell’Unione all’alleggerimento del debito dei PMA (un miliardo di Euro all’iniziativa congiunta della Banca Mondiale e del FMI oltre alla cancellazione di 60 milioni di Euro di debito per i Paesi ACP), aggiungendo tuttavia che senza una migliore gestione amministrativa, l’instaurazione di garanzie democratiche, la partecipazione dei cittadini ed il rispetto dello stato di diritto da parte dei PMA, la lotta alla povertà rischia di rimanere lettera morta. Nel corso dei lavori della Conferenza è stato messo in evidenza il fallimento dei precedenti piani d’azione a sostegno dei Paesi poveri. La nuova strategia sarà quindi basata su misure innovative: il rispetto da parte degli Stati industrializzati degli impegni assunti in materia di aiuto pubblico allo sviluppo; l’apertura incondizionata dei mercati dei Paesi ricchi ai prodotti provenienti dai PMA (ad esclusione delle armi); la creazione di un ambiente economico e politico favorevole agli investimenti diretti stranieri; il sostegno alle capacità di sviluppo e produzione interne ai Paesi interessati.
“Una società mondiale che lascia così tanti cittadini ai margini del progresso ha dichiarato mons. Diarmuid Martin, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, intervenuto alla conferenza non ha titolo per autodefinirsi ‘globale’. Quando un sistema economico è accompagnato da tale emarginazione e tanto crescenti disuguaglianze resta un sistema profondamente vulnerabile”. Allo stesso tempo, però, ha notato il rappresentante della Santa Sede, “la nostra epoca possiede le conoscenze, i mezzi e l’orientamento politico necessari per affrontare la povertà, l’esclusione e la disuguaglianza”. Nonostante ciò “i programmi bilaterali e multilaterali di assistenza non sono stati finora modelli di efficienza e molto resta ancora da fare per garantire il miglior raggiungimento degli obiettivi fissati. Dovremmo essere particolarmente attenti a verificare se realmente le nostre iniziative giungono a beneficio dei più poveri. E, se necessario, dovremmo continuamente ricentrare i nostri obiettivi”. Lo sviluppo, ha concluso mons. Martin, richiede che “i diritti fondamentali delle persone siano rispettati e promossi, specialmente il diritto a prendere parte alle decisioni che riguardano il proprio futuro”. L’obiettivo delle nazioni più sviluppate deve essere quello di “fare della solidarietà una realtà. Dobbiamo creare un movimento che consideri la solidarietà come un dovere naturale di ogni persona, di ogni comunità, di ogni nazione. La solidarietà deve diventare un imperativo etico per un’umanità che cerca di riaffermare la sua vocazione ad essere una famiglia globale”.