CASO MONTEDISON – Servono ” “regole comuni” “” “

Le privatizzazioni devono
essere accompagnate da forme di
armonizzazione
tra tutti
gli Stati europei,
in modo
da non creare
asimmetrie
troppo stridenti

La vicenda della “scalata” della Edf (Electricité de France) all’italiana Montedison è solo un esempio delle dinamiche in atto in tutta Europa a seguito della progressiva privatizzazione del settore energetico nei vari paesi. Il problema di fondo è quello della gestione delle privatizzazioni in un sistema complesso e intercomunicante quale è ormai l’Europa. Affinché le privatizzazioni vadano veramente a vantaggio della democrazia economica devono sottostare ad alcune condizioni imprescindibili.
In primo luogo devono tener conto che ormai la dimensione congrua è quella europea e non più quella della singola nazione. Le privatizzazioni dentro uno Stato devono essere accompagnate da forme di armonizzazione tra tutti gli Stati europei, in modo da non creare asimmetrie troppo stridenti, che rendano possibili abusi o speculazioni. Le privatizzazioni sono avvenute nei vari paesi in modo molto diversificato: nel caso dell’energia, in Inghilterra la privatizzazione del settore è di fatto già avvenuta, in Francia esiste ancora un monopolio statale pressoché totale e in Italia ci si è messi da tempo sulla vita delle privatizzazioni che tuttavia sono ancora lontane da una conclusione.
Tra i tre paesi si dà una situazione asimmetrica che permette ad una azienda statale come la Edf, che nel suo paese gode di una situazione di monopolio e di sostegno governativo, di agire all’estero come un qualsiasi soggetto privato acquisendo quote finanziare nelle società privatizzate che gestiscono l’energia. Siccome le economie dei paesi europei sono ormai come dei vasi comunicanti, sono necessarie regole comuni che l’Unione Europea dovrebbe non imporre ma favorire e stimolare. In secondo luogo le privatizzazioni non devono essere fittizie, ossia le aziende privatizzate non devono finire in società controllate dallo Stato. In terzo luogo non si dovrebbero creare situazioni di particolare forza da parte di qualcuno, posizioni di egemonia sul mercato. La democrazia economica esigerebbe che fosse privilegiata la forma della public company ad azionariato diffuso; ma si sa che società di questo tipo possono essere controllate da chi detiene anche una percentuale molto piccola del capitale. Ecco perché la presenza di Edf in Montedison addirittura per un 20 per centro creerebbe una situazione di forza che sbilancerebbe il mercato. Per questo motivo le privatizzazioni hanno bisogno, in quarto luogo, di un sistema bancario sano ed equilibrato, di un sistema di controllo circa la trasparenza molto efficiente e, in generale, di un’ azione di sorveglianza del governo molto attenta anche se discreta. Non va dimenticato, infatti, che mentre i governi passano, i poteri economici sono sempre allertati e possono magari approfittare di una fase di passaggio politico da un governo ad un altro.
In quinto luogo le privatizzazioni dovrebbero essere svolte con particolare circospezione quando riguardano settori strategici per il bene comune di una nazione. Il settore energetico è senz’altro uno di questi. E’ vero che già ora l’energia viene importata dall’estero, almeno per delle quote. Tuttavia è altrettanto vero che essa rappresenta per un sistema industriale moderno una risorsa strategica cui la nazione dovrebbe essere giustamente interessata, pur in un quadro di collaborazione e di mercato internazionale. Questo non per sostenere anacronistici protezionismi, ma per favorire una gestione dei processi di privatizzazione che tengano conto di tutti i fattori in gioco e non solo di quelli economici. Lungi, quindi, dal gettare in un angolo gli Stati e i governi, questi fatti legati alle privatizzazioni mostrano ancora una volta che il ruolo degli Stati non cessa, piuttosto si fa più sofisticato. L’Unione europea deve intensificare i propri sforzi per sollecitare una armonizzazione tra i vari sistema-paese in modo che le asimmetrie vengano superate.
Stefano Fontana