EDITORIALE – Quale identità ” “per "Eurolandia"?” “” “

C’è una “comunità
di destino”
che va dall’Atlantico
agli Urali


Questi primi anni del secolo sono un momento complesso per l’Europa. Tra meno di un anno la concretizzazione dell’Euro nelle tasche di milioni di cittadini segnerà un punto periodizzante. Ma darà anche la misura dei diversi modelli di Europa che si intrecciano e si confrontano. Si confrontano tra loro, con il persistente peso delle identità, delle strategie e dei conflitti tra gli stati, e si confrontano con i grandi interlocutori geo-politici, economici e culturali: gli Stati Uniti innanzi tutto, e poi Giappone e Cina, le Afriche e l’America Latina, con cui i legami sono storicamente radicati eppure soggetti a continue ridefinizioni.
Ne risulta evidentemente una questione di fondo, sull’identità: l’identità di “eurolandia”, come, in assenza di meglio, è definita l’area a moneta comune, l’identità dell’Unione, quella dei paesi in lista d’attesa per il prossimo allargamento, infine tutta l’Europa “dall’Atlantico agli Urali”, come recitava una formula famosa e come ragiona Giovanni Paolo II.
Nei lunghi secoli l’identità delle diverse Europe che sempre si sono intrecciate ed a tratti giustapposte è stata costruita su tre pilastri: famiglia, cristianesimo e una certa idea di libertà. L’intreccio di queste due istituzioni, famiglia e cristianesimo, con l’idea di libertà ha portato a diversi regimi politici, a diversi regimi economici, ma a quella sostanziale comunità di destino che almeno nei lunghi secoli della modernità ha definito l’Europa al di là delle frontiere che la hanno divisa e insanguinata.
E’ ancora così? O l’Europa ha perso la sua carica propulsiva in una data imprecisata nel corso del ventesimo secolo? La risposta non è scontata. Comunque il miglior punto di vista per tentare una risposta è proprio guardare a quelle due fondamentali istituzioni al cuore della secolare identità dell’Europa: la famiglia e la Chiesa, nell’articolazione delle diverse confessioni in cui si è divisa e l’idea di libertà che si manifesta nella società.
Sul tema della famiglia come del cristianesimo, e (di conseguenza) sul tema della libertà ci sono segnali contraddittori. Come in tutti i momento di passaggio è in atto un confronto. Nulla certamente è scontato. Non è scontato che nell’arco di pochi decenni il modello di famiglia fondata sul matrimonio di un maschio e di una femmina, come prima comunità, tendenzialmente mononucleare, istituzione fondamentale e propulsiva anche in ambito sociale, economico, non ceda di fronte a nuovi modelli o sia dichiarato superato dalle possibilità delle bio-tecnologie. Non è scontato lo sviluppo dei processi di dialogo ecumenico, soprattutto in riferimento al “polmone orientale” della cristianità europea. Ma non è neppure scontato l’avanzamento inesorabile dei processi di scristianizzazione.
Lo stesso, e conclusivamente, si può dire a proposito del grande valore della libertà, che può essere per la persona, e per il suo armonico sviluppo nella società, o può essere la sua corruzione in raffinate e subdole forme di prevaricazione. Come in tutti i momenti significativi la storia dell’Europa è tempo di scelte: in forme non ultimative, ma spalmate nei comportamenti collettivi, negli indirizzi non espressi della vita sociale, nel grande sistema della comunicazione e del consumo. Che sia tempo di una presenza da cristiani, di una presenza dei cristiani, in forme nuove ed adeguate, è una conseguenza evidente. Tanto sul piano della testimonianza evangelica, quanto su quelli connessi della vita culturale e sociale. E’ quanto instancabilmente sollecita Giovanni Paolo II, che è stato uno dei protagonisti di questo straordinario ventennio della storia d’Europa. In forme da inventare, anche con la consapevolezza dei mezzi poveri a disposizione: pagine nuove da scrivere con creatività.
Francesco Bonini