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In Francia, sta per tornare il “vietato ai minori di 18 anni” per le pellicole cinematografiche. A fare il punto sul progetto di legge è “La Croix” (23-24 maggio), che apre in prima pagina con un’inchiesta sulla pertinenza di tale misura, chiedendo in particolare alle famiglie se essa costituisca o meno una reale misura “a protezione” dei minori.
“In un mondo di immagini violente, di pubblicità fortemente ‘sessualizzate’, di rappresentazioni sempre più frequenti dell’atto sessuale secondo la forma dello stupro – chiede in particolare l’autrice dell’articolo, Marianne Gomez, ai rappresentanti delle famiglie – quale può essere l’impatto di un divieto che si applichi al solo canale cinematografico?”. “Limitato”, ritiene Georges Dupont-Lahitte, secondo il quale “ci saranno sempre dei mezzi illeciti per accedere alle immagini proibiti”; senza contare, poi, che il divieto non riguarderà che un piccolo numero di film. Nonostante questo, le associazioni vedono comunque un aspetto positivo nel “filtro” prima dei 18 anni: “quello di allertare le famiglie sul contenuto di un’opera”. “Offre un’indicazione“, commenta Catherine Fabre. “Perché no?”, pensa anche Eric De Labarre, “se ciò permette di salvaguardare l’equilibrio tra il rispetto della libertà d’espressione e la protezione di coloro che non hanno uno spirito critico sufficiente”. Non manca, infine, il parere dello psicologo, Pascal Vivet, che spiega come l’apposita Commissione di valutazione, prima di stabilire il divieto per una pellicola, “si pone due questioni: la violenza del film è giustificata? E’ adatta ai minori, e a partire da quale età?. Prima l’interesse superiore del bambino, poi il criterio artistico”.

“Chi vuole veramente un’industria del sesso legalizzato?”. A chiederselo è Valerie Richies, su “The Catholic Herald” (18/5), che si scaglia contro i fautori della “prostituzione legalizzata”, da esercitare in apposite “zone di tolleranza”.
L’articolista si sofferma sull’inefficacia di questo particolare esercizio del “commercio del sesso”, oltre che sull’inaccettabilità del mercato della prostituzione in generale: “La prostituzione legalizzata negli altri Paesi non ha comportato l’abolizione dei bordelli illegali sulla strada”. Al contrario, invece, “l’effetto è stato quello di legittimare un’industria che è un paradiso per i criminali, e che ha portato alla violenza e alla violazione di donne e di ragazze. In Giappone, la violenza inflitta alle prostitute è diventato un fenomeno così serio che sono state installate delle telecamere nei bordelli legalizzati per proteggere le prostitute dalla violenza e dall’assassinio. Si è costituita un’industria legalizzata che viola principalmente le donne, che riduce le prostitute a meri oggetti sessuali destinati ad essere usati da altri ed in molti casi costrette a prestazioni innaturali ed atti osceni”. La legalizzazione della prostituzione, infine, “non ha portato all’eliminazione della prostituzione infantile. In Australia, ad esempio, dove la prostituzione è legalizzata, ci sono una grande quantità di bambini che vengono impiegati nei bordelli legalizzati”. Il concetto di prostituzione legalizzata, conclude Richies, “sfida i valori tradizionali e familiari, che sono vitali per il mantenimento della salute di una società; è incompatibile con la dignità e il valore della persona umana. Legittimerebbe l’omosessualità. Darebbe credibilità ad una società sempre più promiscua”.

Lei crede, lui no (o viceversa, naturalmente). “Quando la fede non è condivisa nella coppia, il dialogo sulle questioni religiose non è automatico”, si legge su “La Croix” (26/27 maggio). Se, però, si legge subito dopo, questa situazione “non è vissuta come una minaccia alla libertà dell’altro, può essere una fonte di scambio e riservare delle sorprese”. Come per Remy e Virginie, racconta Laurence Monroe facendo una carrellata di esperienze di “coppie miste”: per loro, la religione non è “un argomento delicato”, ciascuno “ha una posizione chiara e rispetta quella dell’altro”. O come Marie e Mathieu, per i quali all’inizio questa differenza di fondo era una “ferita” ma che poi hanno intrapreso un cammino insieme.