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L’evolversi della crisi internazionale, dopo la resa di Kandahar e in attesa della cattura di Bin Laden, continua a catalizzare l’attenzione dei principali quotidiani internazionali. “La vittoria di Bush, la caccia ad Omar”, titola ad esempio Le Monde del 9-10/12. “Dopo la sconfitta del regime talibano, annunciata giovedì 6 dicembre – scrive Le Monde – la situazione rimane confusa a Kandahar, loro antica roccaforte (…). Nella più grande confusione, due gruppi antitalibani rivendicano l’arresto ed il disarmo delle truppe avversarie, l’arresto dei combattenti ‘arabi’, se non addirittura la localizzazione del mullah Omar, capo politico e spirituale dei talebani”. “A Tora Bora, i soldati di Bin Laden combattono la loro ultima battaglia”, annuncia il quotidiano francese il giorno dopo, sottolineando che “i combattimenti contro i membri di Al-Qaeda si concentrano ormai a Tora Bora, intorno ad un insieme di grotte e di rifugi sotterranei presidiati da un migliaio di uomini fedeli a Osama Bin Laden. I bombardieri americani B-52 li hanno bombardati senza sosta per tre giorni, preparando l’avanzata delle forze afghane (…). A Kabul, l’Onu prepara l’insediamento del governo provvisorio frutto dell’accordo di Bonn”. “Gli uomini di Al-Qaeda, ritirandosi, fanno domanda di grazia”, informa l’ Herald Tribune del 12/12 . “Alcuni soldati stranieri sostenitori di Osama Bin Laden – scrive in proposito John Kifner – hanno fatto domanda di grazia tramite la loro radio, dopo una mattinata di pesanti sparatorie e feroci combattimenti”. “Chi giudicherà Bin Laden e i suoi complici?”. A chiederselo è Marie-Francoise Masson, su La Croix del 10/12, definendo “un vero rompicapo giuridico” il processo ai responsabili degli attentati dell’11 settembre. Tra le possibili ipotesi, la giornalista segnala quella della “giurisdizione internazionale” che “avrebbe un doppio vantaggio”: da una parte, infatti, permetterebbe di “far giudicare tutti i responsabili da una stessa corte, la cui composizione, indipendentemente dagli Stati, non sarebbe messa in discussione”; Dall’altra parte, spiega Masson, tale soluzione “eviterebbe di dover rifiutare agli americani l’estradizione dei membri di Al-Qaeda arrestati in Europa”.
“Ma gli studenti tedeschi sono scemi?” se lo chiede fin dalla copertina lo Spiegel, del 10/12, riportando i dati di uno studio internazionale commissionata dall’Ocse (Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico) che relegano la Germania in posizioni di classifica “decisamente di secondo piano per un Paese di poeti e pensatori”. Dall’indagine emerge infatti che “quasi il dieci per cento degli studenti tedeschi non riesce assolutamente a comprendere un testo scritto, mentre un ulteriore 13% sa estrarne solo contenuti elementari”. Nel complesso la Germania risulta il 21° Paese al mondo per capacità di lettura, proprio dietro l’Italia, mentre per le conoscenze matematiche e scientifiche non va oltre il ventesimo posto.
Sullo stesso numero dello Spiegel si torna a parlare di temi bioetici, con una lunga intervista all’esponente socialdemocratico e teologo evangelico Richard Schroeder. A suo giudizio “il concetto di embrione facilmente genera false rappresentazioni”. Mentre da un lato si dichiara “favorevole alla ricerca sugli embrioni sovrannumerari, che mai diverrebbero uomini”, Schroeder si dice allo stesso tempo contrario “alla loro creazione a scopo scientifico”. Il teologo è comunque convinto “ che in Germania non esistano laboratori per la realizzazione di nuovi Frankestein”.
Sulla possibilità di benedire le coppie omosessuali si interroga invece un ampio articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung dell’11/12. “La comunità evangelica tedesca appare piuttosto incerta sull’interpretazione del fenomeno” , secondo Eckhart Kauntz. Ad esempio “la Chiesa evangelica di Hessen e Nassau ha rimandato all’inizio del prossimo anno un pronunciamento in materia”, temendo “spaccature interne”. La questione muove dal riconoscimento “ottenuto dalle coppie omosessuali” con la legge dello scorso agosto. Ora le comunità religiose si chiedono “come interpretare una richiesta di benedizione dell’unione” alla luce dell’interpretazione del testo biblico. Secondo Kauntz, la difficoltà di far chiarezza sull’argomento “mette in crisi anche la tradizionale fiducia della tradizione evangelica nell’interpretazione della Parola”.