L’accelerazione dell’offensiva militare, prima dell’inverno afgano, e l’allargamento dei confini del conflitto, grazie alla partecipazione di un numero sempre crescente di Paesi “alleati” degli Stati Uniti. Sono questi i “temi di guerra” su cui riflettono i principali quotidiani europei di questi giorni, con editoriali e commenti ancora una volta orientati a “decifrare” la guerra occidentale in risposta agli attacchi terroristici islamici. “La guerra s’intensifica, la politica si irrigidisce”, titola ad esempio in prima pagina Le Monde del 6/11, dove Patrick Jarreau fa notare che “il ritmo dei bombardamenti” nella zona intorno a Kabul si è intensificato: la parola, ora, è ai militari, che “confermano la loro intenzione di proseguire gli attacchi durante il Ramadan, che comincia intorno al 17 novembre”. “Gli americani prendono coraggio in Afghanistan”, è il titolo di apertura scelto da La Croix (5/11), secondo cui “un attacco terrestre sembra sempre più vicino”. Ed è una guerra che “si intensifica a marce forzate”, quella descritta da Pierre Cochez nell’articolo interno, in cui si fa notare che “l’approssimarsi dell’inverno rischia in effetti di complicare le operazioni militari, in particolare se alcune truppe sono costretta ad intervenire a terra (…). Riguardo al proseguimento dei combattimenti, i militari islamici e americani concordano su un punto: si combatteranno durante il mese del Ramadan, e non osserveranno dunque nessuna tregua”. La prima pagina dell’ Herald Tribune (7/11) è invece dedicata ad alcune recenti dichiarazioni del presidente Bush, che riferisce Brian Knowlton “ha espresso un duro giudizio sulla minaccia posta da terroristi come quelli fedeli ad Osama Bin Laden in Afghanistan, dicendo che userebbero armi biologiche, chimiche e perfino nucleari e potrebbero minacciare ‘la stessa civiltà’ con la loro ‘folle, globale ambizione'”.
Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 6/11 Guenther Nonnemacher, che firma l’editoriale in prima pagina “Cosa deve fare l’Europa”, si interroga su quello che dovrebbe essere il ruolo del continente e dell’Unione nell’attuale situazione di crisi internazionale: “Ora è iniziato il tempo del dubbio sulla strategia americana e con esso anche l’unità europea viene colta da tensioni, provocate non da ultimo da questioni di politica interna”. Seguono quindi alcune critiche alla politica estera europea: “Adesso l’UE potrebbe e dovrebbe per lo meno consolidare il suo confuso apparato di politica estera”, cosa che “vale anche al livello della cosiddetta politica operativa”. Per lo Spiegel del 05/11, che continua a trattare il caso Afghanistan come servizio centrale, Susanne Koelbl si occupa della difficile situazione dei cristiani in Pakistan “Guardie del corpo sotto la croce”. “Potremmo essere i prossimi. Abbiamo bisogno di protezione. Vedono in noi gli occidentali, per loro siamo gli Inglesi, gli americani” dice il reverendo Aftar Gohar, di Bannu. Situazione analoga a Peshawar, nell’insediamento cristiano di Lahori-Gate, dove “ cattolici e protestanti si vedono come potenziali obiettivi”, scrive l’autrice del reportage.
Anche i quotidiani spagnoli continuano a dedicare molto spazio all’attacco americano sferrato all’Afghanistan. Su La Vanguardia (5/11) , il giornalista Juan M. Hernandez Puertolas, ripropone il “dibattito etico e politico tra chi cerca una giustificazione dell’assassinio del tiranno-terrorista e gli ortodossi della legalità che difendono la convenienza di mettere il delinquente a disposizione dei tribunali di giustizia”. L’articolo “ Il fine e i mezzi ” sottolinea che “la storia ha fornito vari esempi di identificazione tra uomo-tiranno e regime”, ma “l’eliminazione fisica di leader come Hitler, Stalin, Mao, Ho Chi Min e dell’ayotallah Khomeini, avrebbe salvato centinaia di migliaia di vite umane e soprattutto avrebbe cambiato radicalmente il corso della storia?”. Altro tema di rilievo è il “dramma delle donne afghane”, che M.Dolors Renau, analizza su El Pais (4/11). In un lungo articolo dal titolo “ Meno guerra, più politica, più diritti” ricorda che “la migliore arma contro il terrorismo internazionale è lo sradicamento delle grandi ingiustizie e una vera politica democratica che ridia libertà, dignità e sviluppo a tutte le persone, uomini e donne. In questi giorni si sta negoziando il regime politico di un Afghanistan post-talebano, che garantisca la democrazia e i diritti umani di tutti. E’ quindi necessaria la partecipazione delle donne, riunite nelle associazioni femminili antitalebane, ai tavoli negoziali, nei governi futuri e vanno stabilite politiche attive destinate al riconoscimento e all’esercizio di tutti i diritti delle donne”.