Albania: ” “la Chiesa missionaria” “” “

La testimonianza dei cattolici” ” tra gli ortodossi e i musulmani ” “nelle parole ” “del vescovo ” “di Scutari” “” “” “

È francescano e italoalbanese, originario di San Marzano (Taranto), l’arcivescovo metropolita di Scutari, mons. Angelo Massafra , che in questi giorni partecipa all’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, in corso in Vaticano fino al 27 ottobre, quale presidente della Conferenza episcopale albanese. Intervenuto nel corso dei lavori dell’Assemblea, mons. Massafra – vescovo dal ’97 – ha ribadito che “le religioni hanno un ruolo insostituibile per la pace sociale”. Lo abbiamo intervistato.

Qual è stato nell’ultimo decennio il ruolo della Chiesa nei Balcani, in particolare in Albania?
“Appena riconquistata la libertà in Albania, ci fu un appello della Santa Sede alle Chiese per l’invio di missionari: era necessario un intervento per ricostruire spiritualmente e moralmente – ma anche nelle strutture – il Paese. Dopo la caduta del regime comunista ci fu una grande accoglienza della testimonianza da parte dei sacerdoti sopravvissuti alle sofferenze e al carcere. Dall’incontro fecondo tra i missionari e il clero locale sono scaturiti gradualmente dei frutti: il 25 aprile del ’93 Giovanni Paolo II, durante la sua visita apostolica in Albania, consacrò i primi 4 vescovi albanesi. Un evento che segnò la ricostruzione anche gerarchica della Chiesa locale; tra il 2000 e il 2001 sono stati ordinati i primi 10 sacerdoti del seminario diocesano di Scutari, tra i quali 5 frati minori”.
Ora quali sono le maggiori urgenze per la comunità ecclesiale albanese?
“La Chiesa albanese è innanzitutto missionaria, in minoranza rispetto ad ortodossi e musulmani. Siamo chiamati a un primo annuncio di Cristo morto e risorto, a una pre-evangelizzazione. Dopo 50 anni di comunismo ateo che ha cercato di cancellare l’idea di Dio dal cuore degli uomini, occorre rifondare la vita dando contenuti evangelici alla fede. Vogliamo raggiungere tutte le zone di montagna per portare questo annuncio”.
Quali sono le altre priorità per la Chiesa albanese in campo politico e sociale?
“Viviamo una forte urbanizzazione causata dall’esodo dalle montagne, un’emigrazione interna ed esterna, legale e clandestina, oltre a una profonda secolarizzazione: i modelli occidentali di consumismo arrivano soprattutto attraverso i media. Per affrontare questi problemi la Caritas svolge un ruolo di promozione umana e di formazione. Da 5 anni il binomio evangelizzazione-servizio all’uomo è il cardine della pastorale in Albania”.
Che posto ha il dialogo ecumenico e interreligioso nella vostra pastorale?
“E’ pane quotidiano. Abbiamo relazioni molto positive con i musulmani. Il 29 e 30 ottobre a Scutari si svolgerà un incontro ecumenico tra cattolici e ortodossi durante il quale verrà presentata ai partecipanti la Carta ecumenica europea. E’ una collaborazione nata da 5 anni: ci uniscono i grandi temi, dalla pace all’accoglienza dei rifugiati: dal 21 al 25 settembre a Scutari la Caritas diocesana ha promosso il ‘Villaggio della pace’, una conferenza internazionale a cui hanno partecipato rappresentanti delle tre religioni dell’Albania e di Sarajevo, docenti e rappresentanti di istituzioni europee e statunitensi e della Santa Sede”.
Giungono anche nel Paese delle Aquile gli echi del conflitto in corso…
“Stiamo pregando per la pace. Tenendo presente l’invito del Papa a pregare con il rosario, abbiamo fatto nostra la proposta insieme a tutti i fedeli. Inoltre nel mese di ottobre sono numerosi i pellegrinaggi alla chiesa della Madonna del Buon Consiglio, a Scutari. Preghiamo perché la pace ritorni e finiscano i bombardamenti; mi auguro che in Albania non succeda nulla ma ci possono essere dei rischi”.
Laura Badaracchi