germania
Il dialogo
con l’Islam come arma contro
il terrorismo:
un documento dei vescovi tedeschi
La convivenza con gli immigrati di fede islamica, un problema da lungo tempo sentito in Germania, vive in questo momento, dopo la tragedia americana, un difficile passaggio. Se da una parte vengono auspicati, e subito presi, provvedimenti restrittivi in merito all’immigrazione, dall’altra viene contemporaneamente precisato che tali provvedimenti non sono diretti ai cittadini islamici nel loro complesso, ma mirati a scoprire quelle frange estremiste che potrebbero giovarsi di coperture religiose; è in questo spirito che va letta l’abolizione della legge che concedeva i privilegi religiosi (garantiti dalla legge del 1964 sulla libertà di associazione). Che nel rispetto della legge non si arresti il processo di integrazione e che il “vero nemico da combattere sia il terrorismo e non l’Islam” è tuttavia preoccupazione centrale del cancelliere Schroeder che, primo leader europeo nell’iniziativa, ha riunito il 21 settembre al cancellierato i rappresentanti delle chiese e della maggiori comunità religiose presenti in Germania per dare “un segnale concreto di disponibilità al dialogo dopo il peggioramento del clima sociale”.
Ferma nella condanna per gli attentati dell’11 settembre, ma ben attenta a separare la stigmatizzazione del terrorismo dall’atteggiamento verso la religione islamica in generale è la posizione della Chiesa cattolica ed esemplare a tale proposito è il documento pubblicato dai vescovi tedeschi, presentato il 28 settembre dal cardinal Karl Lehmann a chiusura dell’Assemblea generale tenutasi a Fulda.
Chiaro e preciso nella riprovazione della violenza di chi ha commesso gli attentati così come nel mettere in guardia da risposte altrettanto violente e non mirate, che potrebbero “portare a una spirale di odio senza fine”, il documento intitolato “Rafforzare il dialogo” riassume quanto emerso dalla giornata di studio del 26 settembre sul confronto con l’Islam, sul tema: “L’Islam in Germania. Sfide e possibilità per la Chiesa”. Da esso emerge l’invito deciso a “non banalizzare e identificare quindi l’Islam con il terrorismo” anche perché “rappresentanti dell’Islam hanno condannato gli attentati … spiegando in maniera inequivocabile che gli autori non possono appellarsi all’Islam in alcun modo”, in quanto “come credenti sperimentiamo l’accaduto come attentato al nome di Dio e della sua creatura: l’uomo”. I vescovi tedeschi sottolineano poi l’importanza “di portare avanti e di approfondire il dialogo con i musulmani e le musulmane” e concludono mettendo in evidenza la consapevolezza della diversità tra le due religioni, la cristiana e la musulmana, come anche il desiderio di mantenere vive tali diversità: “Non abbiamo paura del contatto, ma nemmeno della differenza … ci impegniamo affinché i musulmani possano vivere nel nostro paese conformemente alla loro religione. Le stesse condizioni devono valere anche per i cristiani nei paesi islamici. Difendiamo insieme la giustizia politica e sociale nel nostro mondo”.
Uniti nella condanna dell’identificazione Islam=terrorismo, anche i rappresentanti delle Chiese evangeliche in Germania ritengono forte dopo gli attentati americani il pericolo del fondamentalismo e giudicano deficitaria la propria condotta nei confronti dei musulmani in Germania, portata avanti fin dagli Anni Settanta. Il vescovo Rolf Koppe, responsabile delle Chiese evangeliche per i rapporti interreligiosi, afferma che “gli incaricati per l’Islam delle nostre chiese avranno bisogno, più di prima, della conoscenza e della protezione costituzionale”. Gli fa eco Peter Steinacker, Presidente della Chiesa evangelica dell’Assia e Nassau, secondo il quale “in futuro dobbiamo osservare con maggiore attenzione che in passato le organizzazioni islamiche in Germania” perché, se fondamentalmente l’Islam è pacifico, “i cristiani non devono smettere di chiedere ai musulmani qual è il loro rapporto con la legge fondamentale, e se sono disposti a porre la legge fondamentale al di sopra della Sharia.” E dal loro osservatorio privilegiato di scambi culturali cristiano-musulmani con l’università islamica del Cairo e delle “Consultazioni cristiano-musulmane”, le Chiese evangeliche avevano messo in guardia contro l’atteggiamento non sempre pacifico che può venir fuori da certe letture del Corano.
Patrizia Collesi