Cosa può fare
l’Unione europea
nell’attuale situazione
di crisi internazionale:
il parere di Paul Magnette dell’Università di Bruxelles
Paul Magnette è direttore associato dell’Istituto di studi europei dell’Università Libera di Bruxelles, nonché autore di numerose pubblicazioni sul sistema istituzionale dell’Unione Europea, sul pensiero politico dell’integrazione europea e sulla teoria dei negoziati. L’abbiamo intervistato per un’analisi della situazione internazionale dopo le stragi terroristiche a New York e Washington.
Professor Magnette, in relazione ai recenti attacchi terroristici negli Stati Uniti, Lei ha senz’altro avuto l’occasione di discutere con i suoi colleghi, sia in Belgio sia in altri Paesi. Qual è il suo stato d’animo e quello del mondo accademico?
“Il sentimento generale di costernazione e compassione è accompagnato dall’interrogativo circa le conseguenze politiche che tali atti potranno recare nel lungo periodo. A questo proposito, in seno agli ambienti accademici esiste una sostanziale dicotomia: da un lato, vi è la ‘linea atlantista’, di totale solidarietà con gli USA e di pieno sostegno alla reazione della Casa Bianca; dall’altro, si riscontra una posizione critica nei confronti dell’Amministrazione americana e della sua politica estera: si pensi, ad esempio, al supporto fornito a terroristi che colpiscono regimi ‘ostili’ a Washington, o ancora alla recente decisione di abbandonare la Conferenza dell’ONU sul razzismo. Secondo alcuni, gli Americani pagano ora le conseguenze di una situazione che essi stessi avrebbero in parte contribuito a creare”.
La discussa applicazione dell’articolo 5 della Carta Atlantica. A suo parere, in quali termini è possibile considerare legittimo un intervento degli Alleati contro un nemico non ben definito e contro una minaccia tutto sommato latente?
“La decisione della NATO dovrà rispettare il testo del Trattato. Il dovere degli Alleati di schierarsi al fianco degli Stati Uniti è stato subordinato alla certezza del sostegno ricevuto dai terroristi da un Governo di uno Stato sovrano. Circostanza rispetto alla quale l’America ha fornito delle prove. In caso contrario, l’estensione dell’applicazione dell’articolo 5 non sarebbe stata giustificata. Non è plausibile che la NATO in quanto tale persegua individualmente una rete terroristica, a prescindere dalla gravità delle sue azioni, il cui legame con un Governo non sia dimostrato”.
Grazie agli sforzi della Presidenza belga, la politica estera europea sta conoscendo un periodo di nuovo e forte slancio. Quale è la sua opinione anche alle luce delle conclusioni del Consiglio Europeo straordinario?
“In materia di politica estera, l’Unione Europea non si è ancora dotata di una linea unitaria e forte. Gli Europei sono tuttora divisi su molte questioni; esistono le tradizioni nazionali e le considerazioni personali dei Leader politici. Le esitazioni in seno al Consiglio sono facilmente percettibili. Come però accade sovente, sono gli ‘shock esogeni’ ad incoraggiare rapidamente dinamiche che in circostanze normali richiederebbero tempi lunghi. E’ forse un paradosso, ma gli attentati stanno avendo l’effetto di accelerare alcuni processi di integrazione nel settore della giustizia e degli affari interni piuttosto che in relazione all’azione esterna”.
La Troika composta da Louis Michel, Javier Solana e Chris Patten ha compiuto una missione diplomatica visitando alcune Capitali dei principali Paesi musulmani. Qual è il ruolo e quali sono le reali possibilità della politica estera dell’Unione europea?
“Fortunatamente l’Unione non è coinvolta fisicamente nelle stragi terroristiche. Il senso della missione della Troika non è stato il tentativo di ‘fare la differenza’, bensí la volontà di assicurare la primazia degli ideali di pace, cooperazione e sviluppo che sono alla base dei Trattati comunitari. A voler essere realisti, tuttavia, non si può certo affermare che le possibilità di un intervento decisivo da parte dell’Unione siano elevate”.
Gian Andrea Garancini