La presidenza della Commissione europea ha costituito un gruppo di lavoro per il dialogo con le religioni.
Ne parliamo
con il responsabile,
Michael Weninger
Il 16 Maggio scorso, la “Cellula di prospettiva” della Commissione Europea è stata ufficialmente sostituita dal “Gopa”, “Gruppo di Consiglieri Politici” facenti capo al Presidente della Commissione, Romano Prodi. Diretta da Ricardo Levi, la nuova struttura ha quattro settori di competenza: economia e finanza; politica estera; riforme istituzionali; dialogo con le Chiese, le religioni e gli umanesimi. Responsabile di quest’ultima unità è Michael Weninger , austriaco, di formazione teologica e filosofica, già Ambasciatore del suo Paese in Yugoslavia ed Ucraina. Lo abbiamo intervistato.
Dr Weninger, il suo mandato di Consigliere politico del Presidente Prodi copre gli aspetti del dialogo con le Chiese, le religioni e gli umanesimi. In cosa consiste esattamente la sua attività?
“Innanzitutto mi preme sottolineare come il dialogo con le Chiese, le religioni e gli umanesimi costituisca ormai a tutti gli effetti una priorità della Commissione al pari dell’economia, della politica estera e delle riforme istituzionali. Svariati sono infatti gli argomenti di cui si occupa la Commissione che hanno diretta rilevanza per le Chiese e le religioni. Il nostro ruolo consiste anche, da un lato, nel fornire informazioni alle Chiese relativamente all’attività dell’Esecutivo e, dall’altro, nel ricevere informazioni che ci provengono dalle Chiese stesse soprattutto attraverso le loro sedi di rappresentanza presso l’Ue. I contatti con le rappresentanze ecclesiali e religiose a Bruxelles sono di conseguenza stretti e costanti. Inoltre, c’è da dire che oggi si parla sempre più di Europa dei Cittadini, di Europa della società civile: Chiese, Religioni ed Umanesimi sono chiamate in causa in prima persona”.
Che posto occupa il dialogo tra le religioni e con le religioni nel programma dell’attuale Commissione europea?
“Il dialogo tra le religioni non è di nostra competenza. Ci interessa, certo, ma si tratta di una questione per così dire interna alle religioni, relativamente alla quale la Commissione non può avere voce in capitolo. Per quanto concerne invece il dialogo con le religioni, la Commissione ambisce senz’altro a svolgere un ruolo di primo piano: uno dei quattro settori di azione del Gopa è proprio questo. Un esempio per tutti del nostro impegno è l’associazione ‘A soul for Europe’ (Un’anima per l’Europa), proposta da Jacques Delors nel 1992 e fondata due anni dopo con l’obiettivo di dare una dimensione spirituale ed etica all’Unione. Ne fanno parte la Comece (Commissione degli episcopati della comunità europea), la Kek (Conferenza delle Chiese europee), il Patriarcato ecumenico ortodosso, la Conferenza dei Rabbini europei, la Federazione degli Umanisti europei ed il Consiglio islamico per la cooperazione in Europa. Noi vi partecipiamo attivamente, fornendo anche un sostegno finanziario. A novembre organizzeremo una conferenza proprio sul tema del dialogo con le religioni”.
Parliamo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e del fatto che dal preambolo sia stato eliminato ogni riferimento alle radici cristiane dell’Europa.
“Nessuno dubita delle radici cristiane dell’Europa, anche se la Carta non ne fa riferimento diretto. Posso dire che le diverse versioni linguistiche sono all’origine di una situazione spiacevole: le interpretazioni diverse che gli Stati membri danno su un tema così fondamentale”.
Il dialogo con l’Islam è difficile anche perché la moltitudine di Centri culturali islamici frammentano la Comunità islamica e rendono complicata l’individuazione di un interlocutore definito. Cosa conta di fare la Commissione per contribuire alla soluzione del problema?
“Nell’Unione vive un gran numero di musulmani (circa sedici milioni), molti dei quali sono Cittadini europei. Certo, il mondo islamico è frammentato e così le loro Comunità: da un lato, è un segno della ricchezza della loro cultura e della loro religione, dall’altro, è indubbiamente un fattore di ostacolo al dialogo in quanto non vi è una ‘centrale’ precisa con la quale interagire. Il dialogo con l’Islam, tuttavia, è dovuto e necessario, anche per evitare i rischi intravisti da alcuni politici di europeizzare l’Islam o di islamizzare l’Europa”.
a cura di Gian Andrea Garancini