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La vita umana, un danno?” “

Un bambino può essere un danno? È quanto ci si chiede in Germania dopo una sentenza della Corte suprema federale” “


Un bambino può essere un danno? È quanto ci si chiede in Germania dopo la sentenza della Corte suprema federale (Bundesgerichtshof – BGH) di Karlsruhe che il 18 giugno ha condannato una ginecologa al mantenimento di un bambino, nato con gravi malformazioni agli arti e al pagamento dei danni alla madre. Secondo la corte, la dottoressa era tenuta ad informare i genitori sull’esistenza di un danno riconoscibile nel feto. Nella sentenza si legge che “contrariamente al proprio dovere, la dottoressa non ha diagnosticato le malformazioni durante la gravidanza” e ha riconosciuto che la paziente, “se avesse saputo dell’esistenza di handicap gravi nel bambino”, avrebbe abortito. Per i giudici, in questo caso l’interruzione della gravidanza sarebbe stata legale: l’articolo 218 della legge sull’aborto sancisce la non punibilità dell’aborto solo se procurato entro la dodicesima settimana, ma il termine è sottoposto a deroga in caso di “indicazione medica”. La legge sull’aborto è stata modificata nel 1995 prevede l’interruzione di gravidanza qualora la nascita comprometta lo stato di salute psicofisica della donna e il pericolo non possa essere evitato in altro modo. Il tribunale ha accertato che alla nascita del bambino, la donna ha mostrato segni di grave depressione. La sentenza invoca la tutela della vita del nascituro, affermando contemporaneamente che “non si può pretendere” dalla madre “di sacrificare le proprie necessità esistenziali e la posizione giuridica a favore del bambino”.

“Un bilancio profondamente deludente della tutela della vita del nascituro”: è il giudizio della Chiesa cattolica tedesca sulla vicenda, espresso subito dopo la sentenza dal card. Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca e vescovo di Magonza. “La sentenza mostra che nella nostra società la selezione delle persone a causa di handicap è ormai realtà. Il giudizio della BGH definisce in modo incomprensibile come evento dannoso la nascita di un bambino con malformazioni fisiche”. Lehmann evidenzia la contrapposizione della sentenza “sia al concetto cristiano di persona, che al consenso di valori della costituzione”; le norme “rendono possibile l’eliminazione di persone con handicap e lasciano la decisione sulla vita e la morte del nascituro all’arbitrio dei genitori”. Approvando “espressamente la posizione dei medici”, osserva che “l’attuale normativa ha dilatato in modo apertamente irresponsabile la possibilità di abortire praticamente fino al momento della nascita. L’interruzione di gravidanza diventa la logica conseguenza dell’individuazione di un handicap, in contraddizione con qualsiasi principio di tutela della dignità umana”. Il card. Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, a sua volta, esprime così il suo dissenso: “Il BGH ha confermato che i nascituri con handicap non hanno diritto alla vita. Con il BGH, la nostra costituzione non è in buone mani, poiché non impiega più il diritto a tutela dei più deboli, ossia dei bambini non nati, malati”, commenta Meisner, chiedendosi se “una giurisprudenza che definisce evento dannoso una persona, per cui sia dovuto un risarcimento”, possa chiamarsi “cultura del diritto”. Critici verso la sentenza anche il Consiglio dei cattolici del vescovado di Speyer: “Nel considerare evento dannoso la nascita di un bambino con handicap, il BGH lo degrada a persona di serie B, la cui presenza non è socialmente desiderata”. Per la Chiesa evangelica, il paragrafo 218 “va verificato urgentemente, Determinate norme, come l’indicazione medica, che elimina la punibilità dell’aborto fino a poco prima della nascita, sono intollerabili”, ha dichiarato il portavoce Thomas Krüger. “Per quanto umanamente comprensibile, la tragedia umana che si cela dietro i singoli casi”, ha aggiunto, “la vita umana non può essere valutata come un danno”.
Severo il giudizio di Jörg-Dietrich Hoppe, presidente dell’Ordine dei medici tedeschi: “È particolarmente grave che proprio le norme sull’aborto, modificate recentemente per impedire la selezione, siano ora usate come strumento di eliminazione della vita umana”. Ciò “è in netto contrasto con l’etica professionale del medico e con i valori di una società umana. Scopo dell’attività medica – ribadisce – è curare, alleviare o prevenire la malattia e l’handicap, e non uccidere malati e persone con handicap”.
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